Ieri settantunesimo anniversario
della Liberazione. Da cosa, non ci dovrebbe essere nemmeno bisogno di dirlo. Almeno
fino ad una certa data, ad una certa generazione, lo sapevano tutti ed articoli
come il mio erano superflui, se non inutili. La scuola, la famiglia, la società
avevano già fatto il loro dovere prima dei giornali.
Non è più così, purtroppo. I
vecchi combattenti della libertà, i partigiani (come venivano chiamati, perché
avevano scelto una parte, quella della libertà) seguono la legge di natura
ricongiungendosi in cielo ai loro compagni meno fortunati, morti settantuno
anni fa nei giorni della Guerra Civile. Scuola, famiglia e società hanno smesso
da tempo di fare il loro dovere. I nostri vecchi non ci sono più per raccontare
di quei giorni. Noi, che stiamo diventando vecchi a nostra volta, non siamo
capaci di interessare più a nessuno dei più giovani per tramandare quello che
abbiamo sentito raccontare. Articoli come i miei restano superflui, se non
inutili. Ma per motivi del tutto diversi.
Quello che ho da dire ormai
interessa pochi amici della mia generazione. Ed è a loro che mi rivolgo, Dio li
conservi – ci conservi – in salute il più a lungo possibile.
Sono convinto da sempre che
avesse ragione Winston Churchill, quando disse che “la democrazia è la peggior
forma di governo possibile, ma è quanto di meglio il genere umano abbia saputo
inventare finora in materia”. Una democrazia liberal, specifico io, anche se al
giorno d’oggi sembra ormai diventato un oggetto di modernariato. Vintage, come
i dischi di vinile e le radio a transistor. Vecchi, irrimediabilmente vecchi quelli
come me che tentano ancora di descriverne pregi e difetti.
Churchill aveva ragione. Aveva
visto i sistemi a confronto nel momento più drammatico di quel confronto. L’ora
più grande – come disse - per il suo popolo rimasto da solo a resistere al Terzo
Reich. L’ora più buia per il mondo che rischiò di precipitare in un nuovo
Medioevo, con l’unica incertezza su chi sarebbe stato il Fuhrer di quel mondo,
Hitler o Stalin.
Settantun anni dopo, mi permetto
di dire ai miei amici e a chi altro vuole stare a sentire, non abbiamo ancora
trovato un sistema migliore di quella che resta una pessima forma di governo.
Almeno per come è attuata dalle nostre parti. E’ difficile, mi rendo conto,
spiegare ad un giovane che cosa c’è di democratico in un sistema che impone da
cinque anni a questa parte governi non eletti da nessuno, con la scusa che lo
prevede la Costituzione. Governi che fanno scelte importanti, epocali, sulla
nostra testa e al di là delle nostre possibilità di controllo.
E’ difficile spiegare a giovani e
meno giovani perché tra un Renzi e un Mussolini per ora c’è ancora una qualche
differenza. Così come è ingiusto - storicamente, politicamente e in senso lato
civilmente – affermare che tutto ciò che fece Mussolini era a prescindere di
minor valore rispetto a quanto fatto prima o dopo di lui. Di minor valore e
ingiusto.
Su questo punto, a prescindere
dalla stima e dal rispetto che porto ad alcuni amici che non la pensano come me
sul 25 aprile e sui suoi annessi e connessi, devo comunque riconoscere loro un
fondo di verità. Il Fascismo delle origini, quello che cercò in parte di dare
attuazione al programma rivoluzionario di San Sepolcro, era un sistema che
soppresse le libertà politiche e civili
nel proprio paese, ma che tuttavia gli dette una spinta verso la modernità
decisamente poderosa. Istruzione, Sanità, Previdenza Sociale, furono conquiste
sociali favorite dal Regime. Volute fortemente dallo stesso Mussolini, che non
dimenticava di essere figlio di contadini morti di fame e di miseria.
Allo stesso modo, è opinione
comune degli storici più obbiettivi che il periodo di governo di Mussolini fu
quello che coincise con il miglior tentativo – se non l’unico – di affrancare l’Italia
dalla sua storica e congenita dipendenza dalle Grandi Potenze del tempo. Durante
il Ventennio, il nostro paese – per circostanze storiche particolari ma anche
per l’azione del Duce del Fascismo – godette di una effettiva sovranità e
indipendenza (unita a libertà d’azione internazionale) come non aveva avuto mai
prima e men che meno avrebbe avuto più in seguito.
Il Regime fece cose egregie
almeno fino al 1936, guadagnandosi stima e rispetto interni ed internazionali. I
nodi vennero al pettine negli anni successivi, con l’alleanza con Hitler, le
Leggi Razziali e la china rovinosa che portò l’Italia all’intervento nella Seconda
Guerra mondiale (e per di più dalla parte sbagliata), alla sconfitta
disastrosa, alla perdita di status internazionali. Alla sottoscrizione di un
trattato di pace che sanciva il suo ruolo di “periferia di un nuovo impero”: Il
Patto Atlantico diretto dagli U.S.A.
Questo destino era forse scritto
nell’ordine delle cose. Stati Uniti ed Unione Sovietica erano destinati
comunque a diventare le Grandi Potenze che si sarebbero spartite la guida del
mondo per i decenni successivi. L’improvvida decisione del governo italiano di
affiancare quello nazista nella Guerra Mondiale accelerò e rese inevitabile
quel destino. Se Mussolini avesse ragionato come Francisco Franco, il Caudillo
che era emerso vittorioso dalla guerra civile spagnola, sarebbe forse morto nel
suo letto, e l’Italia avrebbe salvato qualcosa in più del suo ruolo e delle sue
prerogative internazionali d’anteguerra.
E qui ritorna in gioco l’aforisma
di Churchill. Per la natura del suo sistema di governo, nessuno poté sindacare
la scelta di Mussolini almeno fino al 1943, nessuno poté imporgli una decisione
diversa da quella che portò all’Asse Roma-Berlino. Deporre il Duce fu un atto
di guerra civile, non di normale dialettica politica. Il Fascismo, come ogni
dittatura, aveva in sé i germi che ne minavano salute ed esistenza futura. Così
come quella del paese che governava.
Per questo si celebra il 25
aprile. Non solo per la fine dell’ultima e più sanguinosa delle guerre civili
italiane (almeno fino agli Anni di Piombo), ma per la presa di coscienza che un
sistema di poteri in equilibrio – per quanto screditato come il nostro – è sempre
meglio, o meno peggio, di uno in cui tutto il potere è nelle mani di uno solo. Perché
poi, a prescindere da ogni altra considerazione, quell’uno invecchia,
ammattisce, diventa megalomane o mal consigliato. E la società che sta sotto di
lui non ha più anticorpi o comunque risorse per contrastarlo, prima della
rovina generale.
Per questo, cari amici, resto un
liberal (magari d’altri tempi) anche se ogni giorno ho voglia di infamare
questi democratici che hanno ridotto e stanno riducendo il nostro paese a una
via di mezzo tra una discarica a cielo aperto ed un suk esotico di meticciato
cialtrone. Per questo, penso che per quanto come spessore umano e capacità
personali Renzi non leghi le scarpe ad un Mussolini, il suo governo è ancora
meglio di quello del Duce. Perché alla fine di questo articolo nessun figuro
dal cappello floscio verrà a prendermi con la macchina nera per portarmi chissà
dove. Magari a far la fine di quelli di Radio Cora.
Dice: ma anche Ilaria Alpi,
Giulio Regeni e chissà quanti altri hanno fatto la fine di Radio Cora, dopo
quel 25 aprile. Vero. Ma lo possiamo ancora dire ad alta voce, oltre che
pensare. Con Mussolini no. Rese possibili tante cose, ai contadini italiani
morti di fame. Ma quella no. E alla fine tutti la sentirono come la più
importante.
Un abbraccio a tutti i miei
amici, comunque la pensino. Un abbraccio a tutti i ragazzi, perché il mondo in
cui vivranno sia migliore del nostro, che a sua volta è stato migliore di
quello dei nostri babbi e nonni.