A quest’ora la trasmissione di Bruno
Vespa con ospite il figlio del Capo dei Capi c’è già stata. Non l’ho vista, non
mi interessa, non è questo il punto. Il punto è che le critiche preconcette –
magari anche benintenzionate – scatenatesi prima della messa in onda proprio no, non
le condivido.
Il mestiere di giornalista
prevede di intervistare non soltanto i buoni, ma anche – e forse soprattutto –
i cattivi. Bruno Vespa fa il suo mestiere, Dopo, si può giudicare come l’ha
fatto. Prima, non può essere criticato ma solo lasciato lavorare. Se lavora
male, o la butta di fuori, ci sarà tempo dopo per far valere qualsiasi
sanzione o clausola contrattuale.
Il fatto è che si è perso ormai
il senso di parole come libertà, democrazia, giù giù fino a deontologia
professionale. Proprio quando tutti se ne riempiono la bocca. Si è persa – in materia di libertà di stampa,
di espressione, di giornalismo in senso lato – la nozione di quel principio
fondamentale secondo cui meglio un giornale (ed una voce) in più che una in meno.
Bruno Vespa a molti non piace. Come
tempo fa non piaceva Emilio Fede. La questione non è se piacciono a me (ne
parliamo un’altra volta, e magari avrò da fare a pezzi tanti presunti miti di
cosiddetta sinistra), ma il loro diritto a scrivere ed andare in onda perché a
qualcun altro piacciono. Qualcun altro è rappresentato da loro. Qualcun altro
ha diritto a leggere la loro opinione o i loro reportages.
Questa è libertà di stampa.
Voltaire diceva, non condivido il tuo punto di vista ma mi batterò sempre
perché tu possa esprimerlo. Ma chi legge più Voltaire al giorno d'oggi? La trasmissione Porta a Porta non è la mia preferita, ma la RAI che minaccia di chiuderla è vergognosa, non essa.
E’ mafiosa né più e né meno di quel Riina di cui ci si scandalizza tanto come
tema del giorno. Non voglio arrivare a definire mafiosa anche la sig.ra Rosy
Bindi, come fa stamattina Vittorio Sgarbi. Ma poco intelligente sì, senz’altro
(e senza rifarmi alla celebre battuta di Silvio Berlusconi).
La sera prima è andata in onda
come ospite di Vespa Maria Elena Boschi. La considero attualmente un
personaggio assai più scandaloso di Salvo Riina. E perfino – udite udite! – di suo
padre Totò. Almeno loro si sa chi sono, non ne fanno mistero. L’altra si
spaccia per un ministro della Repubblica anziché per una signorina che sta
seguendo interessi privati in atti d’ufficio. U curtu firmava le sue malefatte.
Maria Ele no. Lei ci prende addirittura in giro lamentando di essere vittima di
poteri forti. Lei figlia di un amministratore di banca che andava a chiedere
consiglio a Flavio Carboni, com’è noto un fuoruscito martire della libertà al pari
di Sandro Pertini e Leo Valiani.
Questa è la gente che passa dal
salotto di Bruno Vespa. Come ci passa, se ne può discutere. Ma guai se
smettesse di passarci. Con buona pace di professionisti e dilettanti dell’Antimafia.
Non passa giorno senza che il pensiero vada a quei due della foto più
commovente della nostra storia repubblicana, Giovanni Falcone e Paolo
Borsellino. E ogni giorno con la stessa stretta al cuore.
Lasciamo in pace i giornalisti.
Altrimenti dell’eredità di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non ci abbiamo
capito nulla.
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