Era la prima
festa comandata del calendario scolastico, fino al 1977. Il 1° ottobre, San
Remigio, si tornava a scuola. Il 4 si restava subito a casa, era la
festa del Patrono d’Italia, San Francesco. Non si
poteva fare altrimenti, in un paese che cercava ancora faticosamente di
completare il suo percorso di laicizzazione delle proprie istituzioni e della
propria vita sociale.
Il poverello
d’Assisi era stato proclamato patrono nazionale nel 1939 da papa Pio
XII, insieme a Santa Caterina da Siena. Erano nomine politiche,
da parte di un Papa politico come pochi altri. La santa di Fontebranda
aveva riportato il Papato a Roma, lasciando
in eredità al paese di cui la Città Eterna era poi diventata
capitale un legame indissolubile (nel bene e nel male) con la Chiesa
cattolica. Il santo di Assisi aveva probabilmente
salvato la Chiesa cattolica stessa dal crollo, nel suo periodo storicamente più
difficile, quello delle Eresie.
Francesco di
Bernardone (nato Giovanni, Francesco fu il nome che assunse
spogliandosi di tutto, dell’eredità paterna in senso materiale ed anche
genetico) è probabilmente il santo più amato dal popolo cattolico per le
implicazioni spirituali del suo messaggio, consistente in sintesi nel ritorno
al Cristianesimo delle origini. Dopo Gesu Cristo
stesso, infatti, si può considerare la figura più significativa e carismatica
dell’iconografia e del catechismo cristiano.
Francesco
d’Assisi fu colui che riportò lo stile di vita cristiano alla
predicazione di Cristo, senza se e senza ma. All’inizio del tredicesimo secolo,
era proprio ciò che il mondo cristiano desiderava di più, disgustato da una
Chiesa che attraverso il Medioevo si era sempre più
distanziata dalla dottrina che era alla base della sua stessa esistenza e dal gregge
che intendeva amministrare in nome di Dio.
Graham Faulkner, il San Francesco di Franco Zeffirelli |
Francesco
d’Assisi avrebbe potuto essere il fondatore della più potente di quelle che la
Chiesa Cattolica bollava sprezzantemente (e perseguiva ferocemente) come Eresie.
Avrebbe probabilmente seguito la sorte di altri movimenti come quello – molto
affine nella predicazione – dei Catari, che predicavano il
ritorno anch’essi allo stile di vita di Gesu e degli Apostoli.
Quella comunione dei beni e di tutto ciò che si possedeva dentro e fuori di se
stessi che era stata codificata dai primi cristiani e poi abbandonata dalla
Chiesa che aveva ereditato il potere temporale dell’Impero
Romano.
La Chiesa
avrebbe potuto perseguirlo, dopodiché avrebbe potuto perdere se stessa, finendo
travolta ben prima e ben più di quanto sarebbe in effetti poi successo con la Riforma
Protestante. La grandezza di Innocenzo III, il Papa
che invece di condannarlo lo autorizzò a fondare e dirigere l’Ordine
dei Frati Minori – o come si chiamarono da subito, i francescani
– fu proprio questa. Salvare le energie spirituali e materiali migliori
prodotte dal Cattolicesimo, ed in ultima analisi salvare la
Chiesa stessa.
Come Cristo,
Francesco era una figura che definire carismatica è fortemente
limitativo. Incantava tutti coloro a cui rivolgeva la parola, dal Lupo
di Gubbio, al Sultano da cui si recò per convincerlo a terminare la
persecuzione dei cristiani, al Papa di Roma da cui si recò non tanto per
rispondere alle accuse di eresia, quanto per convincerlo a riportare la sua
organizzazione, la Chiesa, negli argini in cui l’aveva incanalata Cristo stesso
consegnandola al primo dei suoi predecessori, Pietro.
Judi Bowker, Santa Chiara di Franco Zeffirelli |
Francesco
d’Assisi era una figura che andava al di là dei suoi tempi. Fu in pratica il
primo a stabilire – e non era cosa da poco, se i Padri della Chiesa
ancora ci dibattevano sopra – che la donna aveva un’anima, ritenendola capace
di spiritualità pari a quella dell’uomo. Fu lui a regalare alla Chiesa Santa
Chiara e l’Ordine delle Clarisse, rompendo di fatto
un monopolio maschile che durava dai tempi di San Benedetto.
Come ha
raccontato Franco Zeffirelli nel suo magistrale
Fratello Sole Sorella Luna, nella chiesetta restaurata di San
Damiano dove poi le Clarisse presero la loro prima dimora
nacque probabilmente la Chiesa cattolica moderna, capace di resistere – pur tra
tante derive rispetto alla dottrina originaria – alle formidabili
sollecitazioni dei secoli successivi.
Francesco fu
anche, forse inconsapevolmente, un grande artista. Sua è l’invenzione della più
suggestiva, toccante e popolare rappresentazione della dottrina cristiana che
ancora oggi replichiamo nelle nostre case e che va sotto il nome di Presepe.
Sua è la prima composizione che ormai tutti gli studiosi unanimemente
considerano come il testo poetico più antico in lingua volgare italiana che si
conosca, il Cantico delle Creature.
Anzi, la storia
della letteratura italiana parte da esso, in anticipo di almeno mezzo secolo
sulla scuola siciliana e lo stil novo toscano
che ne avrebbero costituito più tardi l’avvio ufficiale. Quel Laudato sie,
mi' Signore, cum tucte le tue creature, inoltre, da un punto di vista
spirituale segna la data di fine del Medioevo, con quel suo contemptus
mundi, disprezzo e distacco dal mondo visto come regno del peccato che
aveva reso così complicata e mortificante la vita dei suoi contemporanei.
San Francesco parla con gli uccelli |
Fu anche animalista
Francesco d’Assisi. In un’epoca in cui la vita umana valeva meno di niente,
figurarsi quella delle creature definite come animali. Francesco che
parla agli uccelli è forse l’immagine più bella tra tutte quelle evocate dalla
religione cristiana fin dai suoi albori. Francesco che parla al Lupo di Gubbio
è il più potente messaggio di pace della storia umana. Non esiste belva che non
possa essere condotta a placarsi dalla parola ispirata da Dio, non esiste belva
che non abbia in sé - come ogni altra creatura - il seme dello spirito civile,
il cosiddetto divino.
L’uomo che più
di ogni altro si era avvicinato a Cristo due anni dopo la sua morte avvenuta
nel 1226 era già stato canonizzato santo, tanto era stato l’impatto della sua
predicazione e del suo esempio sui contemporanei. Un impatto che ha mantenuto
il suo vigore anche per le generazioni successive, fino alla nostra.
Quando la Chiesa
cattolica si è trovata ad affrontare un altra aetas horribilis,
un’altra epoca oscura, è stato a lui che l’ultimo successore di Pietro ha
pensato inevitabilmente nella scelta del nome. Che sia riuscito nel suo intento
o meno, Jorge Mario Bergoglio ha scelto di chiamarsi Francesco
per ripetere il miracolo di una Chiesa che torna verso il gregge disperso da
troppe concessioni alle tentazioni di Satana.
In quel
miracolo, il poverello d’Assisi è già riuscito una volta. Dante
Alighieri nell’XI Canto del Paradiso descrive efficacemente le nozze
mistiche di Francesco con la sposa di Cristo, Madonna Povertà che
« ...privata del primo marito millecent'anni e più dispetta e scura
fino a costui si stette senza invito ».
Non è necessario
avere a cuore le sorti della Chiesa, quello di oggi non è un santo del
calendario qualunque.
Nessun commento:
Posta un commento