Chissà se Osvaldo
Soriano, il celebre giornalista e scrittore argentino che più di ogni
altro ha saputo avvicinare il calcio alla letteratura, avrebbe inserito la
favola tragica della Chapecoense nei suoi Cuentos de
Futebol. Avrebbe avuto anche un titolo già pronto, rielaborando quello di
una delle sue opere più celebri: Triste y final.
Ci sarebbe voluta la sua penna, o quella
di qualche altro letterato prestato al calcio come i nostri compianti Gianni
Brera e Giorgio Tosatti, per rendere appieno il senso
– se un senso c’è – di questo dramma umano e sportivo. Che rinnova tra l’altro,
soprattutto a noi italiani, vecchie ferite mai del tutto rimarginate.
Ti chiami Associação Chapecoense
de Futebol, e sei il tipico piccolo club della provincia brasiliana -
vicino al confine sud con Argentina e Uruguay, un crocevia mistico del calcio –
che pare fatto apposta per essere protagonista di un racconto di Soriano, o di
una favola della Disney.
Fondato nel 1973, all’epoca in cui il
sogno calcistico carioca non aveva limiti, dopo quarant’anni il tuo
sogno personale si avvera, e ti qualifichi a partecipare in pianta stabile al
mitico Campeonato Brasileiro di serie A. I tuoi avversari
d’ora in poi si chiamano Palmeiras, Botafogo,
Corinthians, Flamenco, Santos.
Nomi che mettono i brividi soltanto a pronunciarli, figurarsi a trovarseli di
fronte sul campo di gioco.
Non basta. Due anni dopo, pareggiando a San
Lorenzo de Almagro, ti qualifichi per la finale della Copa
Sudamericana 2016. Sei ad un passo dalla gloria, che ti aspetta il 28
novembre. E’ con questo pensiero che sali sul quadrimotore AVRO
RJ 85 volo LaMia Airlines 2933 diretto all’aeroporto Rionegro
– José Maria Cordoba in Colombia. Da lì poi a Medellin,
dove ti aspetta l’Atletico Nacional per disputare la finale di
andata della Coppa.
Non ci arriverai mai. Lo stesso destino
che sembrava averti finalmente sorriso a 32 denti, portandoti sul tetto del
Sudamerica e del mondo, ti aspetta al varco, beffardo. Sotto il sorriso
splendente si nasconde un ghigno maledetto, osceno. Quello del Tristo
Mietitore.
Le scatole nere del quadrimotore
sono in fase di recupero. La disgrazia è avvenuta in una notte di forti piogge,
che hanno ostacolato i già problematici soccorsi. Forse sapremo perché sei andato
a schiantarti a Cerro Gordo, sulla montagna a 10 km. a sud di Medellin, o
forse no. Quando si tratta di compagnie aeree, le versioni difficilmente
convincono. Guasto elettrico, mancanza di benzina. Siamo nel 2016, si può
morire ancora, nel fiore degli anni e ad un passo dal trionfo della propria
giovinezza e dall’apoteosi sportiva, per una ragione come questa?
Pochi attimi prima, i ragazzi della Chape
girano per l’aereo in preda al buon umore provocato in loro dalla
consapevolezza di essere lassù in alto per un volo che sembra diretto verso
l’infinito ed oltre. Pochi attimi dopo, non ci sono più. Dissolti, al pari del
loro sogno. Restano soltanto dei video e delle foto a testimonianza imperitura.
Sì, perché oggi la tecnologia e tale che non sei morto mai del tutto, nemmeno
dopo morto.
Vengono in mente un'altra montagna ed un
altro aereo. Allora era un trimotore, il FIAT G.212 delle Aviolinee
Italiane. La collina era quella di Superga, il giorno
– che nessuno in Italia dimenticherà mai, che fosse vivo allora o meno – è
quello che spezzò il sogno, la leggenda più grandi del calcio italiano di tutti
i tempi. 4 maggio 1949, il giorno che scomparve il Grande Torino.
Non è un caso che la società granata sia stata la più tempestiva nel
rappresentare il proprio cordoglio per la disgrazia a quella catarinense.
«È un destino che da oggi ci lega
indissolubilmente, vi siamo fraternamente vicini», ha fatto scrivere il
presidente Urbano Cairo a quello del club brasiliano, Plinio
David de Nes Filho. Il quale, in lacrime davanti ai microfoni di Bom
Dia Brasil, stava dicendo: «Il sogno della Chapecoense è finito
stanotte».
Non esiste più una finale della Copa
Sudamericana nell’agenda sportiva della CONMEBOL, la Federcalcio
sudamericana. Come a Superga, come a Monaco di Baviera nel 1958 - allorché una
delle semifinaliste della Coppa dei Campioni, il Manchester
United di ritorno da Belgrado dove aveva eliminato la Stella
Rossa, si schiantò sugli edifici circostanti l’aeroporto subito dopo
il decollo - una delle due contendenti è venuta meno. E’ stata chiamata a
giocare altrove.
Ma a quanto pare, il sogno della Chapecoense
non finirà. Verrà tramutato direttamente in leggenda. E’ stato lo stesso Atletico
Nacional di Medellin che avrebbe dovuto contendergliela, a proporre l’assegnazione
della Coppa agli sfortunati avversari. La CONMEBOL ha già fatto sapere
che è proprio quanto succederà. I nomi dei ragazzi della Chape saranno
scritti nell’Albo d’Oro sportivo. Su quello della speciale classifica degli
eroi grati agli Dei e per questo da loro chiamati ancor giovani, troppo
giovani, ci sono di già.
La formazione si allunga. Ai nomi dei
ragazzi di Torino e di Manchester si sono aggiunti quelli di Chapecò. La vita a
volte fa scherzi davvero strani, immortala per sempre il tuo sorriso un attimo
prima di strappartelo dal volto. E lascia dietro di te chi sopravvive a
straziarsi per la stessa eternità con davanti agli occhi quel sorriso, quella
gioia di vivere ancora inconsapevole, che nessuno può più togliersi dalla mente.
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