Sarà una lunga estate calda. L’avevamo scritto in
chiusura della stagione 2014-15, prendendo a prestito il titolo di un
celebre film di Martin Ritt con protagonista Paul Newman. Per inciso, la
storia del film di Ritt gira attorno alle vicende di un piromane nel
mid-west americano. Qui invece siamo alle prese con una serie di
secchiate d’acqua gelida piovute a ripetizione sulle schiene
paurosamente accaldate dei tifosi della Fiorentina. La temperatura non
si abbassa, anzi oggi è atteso il nuovo record stagionale ed epocale.
L’ansia dei suddetti tifosi invece cresce.
La Fiorentina è volata a New York per una serie di amichevoli di lusso,
di quelle che dovrebbero servire a fare passerella, incassare qualche
soldarello e mettere a punto qualche schema (se uno ha la squadra pronta
per discutere di schemi). Diciamo la verità, non sarà certo il
risultato a contare. Chelsea, Barcellona e compagnia bella sono
squadroni che se dicono di sbranarti ti sbranano, a prescindere da chi
gioca titolare di qua e di là. L’anno scorso la vittoria sul Real Madrid
fece un enorme piacere agli aficionados viola, ma lasciò poi il tempo
che aveva trovato, e si rivelò anzi ingannevole. Pochi giorni dopo,
l’inizio del campionato fu da provinciale in lotta per la salvezza, e si
capì che non sarebbe stata una stagione affatto facile.
E’ finita bene, la squadra tutto sommato c’era, e sarebbe potuto
arrivare anche qualcosa di più. Poi siamo arrivati invece alla
periodicamente ormai consueta resa dei conti. Via il tecnico dei tre
quarti posti consecutivi, squadra affidata a Paulo Sousa (che per ora
somiglia al povero John Cazale nei panni del fratello problematico del
Padrino Michael Corleone e basta, e non può onestamente vantare
referenze più sostanziose), via diversi dei protagonisti della scorsa
stagione per ora non rimpiazzati, acquisti rimandati al termine della
tournée americana. Ipse, Andrea Della Valle, dixit. Diego tace, ma non è
più una novità.
Sempre in tema di cinematografia, un altro titolo adatto potrebbe essere
Ore 10 calma piatta. Siamo a giocare con le parole, in attesa del
pallone, le lunghe ed afose giornate di questa estate scorrono lente, e
le notizie scarseggiano. E’ una classica situazione da bicchiere, anzi
giornale, mezzo pieno o mezzo vuoto. Gli ottimisti si aggrappano ai
rinnovi di Babacar e Bernardeschi, oltre che alla ricomparsa in campo di
Pepito Rossi, assist-man contro il Carpi. I pessimisti salutano in
Stevan Savic un altro pezzo pregiato che se ne va, senza essere a
tutt’oggi adeguatamente sostituito.
Gli ottimisti pensano che per ripetere i fasti (moderati) del recente
passato basti un 4-2-3-1 composto da Tatarusanu, Tomovic, Gonzalo,
Basanta, Alonso, Milinkovic, Mario Suarez, Joaquin, Borja, Bernardeschi,
Babacar. I pessimisti temono che con questa squadra sarà dura salvarsi.
E’ un gioco vecchio come Firenze, e spesso ha riservato anche sorprese.
Nell’estate del 1968, che in quanto a caldo se non ricordiamo male non
scherzò neppure essa, la torcida viola era quasi convinta che con le
cessioni di Hamrin, Brugnera e Albertosi la squadra del cuore sarebbe
finita dritta in B. Finì a cucirsi il secondo scudetto sulla maglia, e
tutto quello che ne seguì e che tutti sanno. Per contraltare, ci sarebbe
invece il precedente del 1993…… Lasciamo fare.
Nel calcio non si può mai dire. Ed è il suo bello, altrimenti sai che
noia. Certo però che a 40 giorni dalla fine del calciomercato qualche
punto interrogativo c’é. A parte quello – esistenziale - relativo a
capire che bisogno c’era di chiudere completamente il ciclo di Montella
(che forse abbisognava soltanto di essere rafforzato con pochi ritocchi,
come disse a suo tempo l’interessato), restano gli altri legati al
nuovo ciclo aperto da Paulo Sousa. La difesa dello scorso anno senza
Savic perde molto, e anche un fuoriclasse come Gonzalo Riodriguez da
solo lì nel mezzo potrebbe non farcela a colmare tutte le lacune. A
tappare tutti i buchi, come si dice a Firenze.
Con i soldi di Savic si sta trattando oltre al già acquistato
centrocampista dell’Atletico Mario Suarez anche il giovane
centrocampista serbo del Genk Sergej Milinkovic Savic. La cifra
richiesta dalla società belga pare francamente eccessiva, è uno di
quegli affari che sono destinati a destare perplessità (precedenti a
sfare nelle ultime stagioni) almeno finché il ragazzo non facesse vedere
qualcosa di veramente buono in campo.
Quello che c’è da augurarsi è che
alla fine da tutto ciò esca un centrocampo magari meno estroso di
quello dell’anno scorso ma più solido, perché dietro di esso c’è una
difesa sicuramente inferiore, almeno allo stato attuale. E Joaquin ha un
anno di più, mentre Borja e Mati difficilmente diventeranno due mastini
là in mezzo al campo.
L’attacco segna due punti in positivo con le riconferme di Baba e Berna.
Almeno non si perderanno due promesse del vivaio senza colpo ferire,
come è successo in passato. Qualcuno vede in positivo anche la quasi
definita partenza di un Mario Gomez ormai deludente perfino nelle
amichevoli estive con la Selezione Trentino. Marione se ne dovrebbe
andare a breve in Turchia, liberando anche in questo caso tanti soldi.
Di Rossi non ne parliamo, sarebbe come scommettere alla SNAI e prima
ancora di sapere l’esito della scommessa prendere accordi per
ristrutturare la casa con i soldi della vincita.
L’orizzonte alternativo
dei viola spazia attraverso un range che va da Gilardino a Destro. Il
primo riscattato da GuanghZou (anche se a peso d’oro), il secondo preso a
prestito da una Roma alla quale a quanto pare è stata promessa una non
interferenza nella trattativa con il Chelsea per Salah. Alzi la mano chi
si entusiasma in uno qualunque dei casi sopra indicati.
Nel calcio non si può mai dire. La fine del calciomercato è ancora
lontana. E allora perché ci torna in mente prepotentemente l’estate del
1979, quando una Fiorentina che veniva da una salvezza drammatica
all’ultimo secondo e da un campionato successivo men che mediocre
abbisognava disperatamente di essere rinforzata, e in tutta l’estate
finì per arrivare il solo Alessandro Zagano?
Alla fine, se non ricordiamo male, fu sesto posto. Il compianto Paolo
Carosi ed i suoi ragazzi furono salutati all’ultima giornata dai
lacrimogeni della polizia che sgombrarono uno stadio travolto dalla
contestazione. Adesso ci sono tanti che su un sesto posto ci
metterebbero la firma. Anche se il babbo, come dice qualcuno, adesso
sarebbe molto più ricco di allora.
Non esistono più le mezze stagioni. Nemmeno le mezze misure. O forse,
non sono mai esistite.
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