A proposito di Olimpiadi
a Roma. La posizione assunta dall’Amministrazione Comunale di Roma sulla
candidatura alle Olimpiadi del 2024, e che bissa
clamorosamente quella assunta quattro anni fa dal governo Monti,
rischia di passare alla storia come un impulso decisivo al crack economico
italiano, così come il precedente di segno opposto del 1960 - è opinione
comune - fu determinante per il definitivo decollo di quello che è stato
chiamato boom economico, l’irresistibile ascesa del nostro paese nel
consesso delle nazioni moderne ed economicamente avanzate.
Virginia Raggi Sindaco di Roma |
La posizione assunta da Giovanni
Malagò, a prescindere da come si valuti la sua azione complessiva di
presidente del C.O.N.I. (abbiamo scritto più volte su questo
giornale lamentando le critiche condizioni in cui versa lo sport in questo
paese), è su questa questione a giudizio di chi scrive ineccepibile. Dice
Malagò, dopo il no della Raggi: abbiamo perso, sarebbe
possibile andare avanti lo stesso, per non disperdere tempo, soldi ed energie
spesi in questi anni sulla candidatura di Roma. Ma siamo consapevoli che
difficilmente il C.I.O. reputerebbe credibile una candidatura
avversata dalla stessa amministrazione che dovrebbe sostenerla. Il discorso è
chiuso, ma è l’Italia a rimetterci.
Dopo il Giochi del 2020, boicottati da
Mario Monti, Roma e l’Italia salutano infatti anche quelli del 2024, grazie al Movimento
Cinque Stelle. Sullo sfondo, il governo nazionale che stavolta
furbescamente lascia che siano altri a togliergli le castagne dal fuoco. La
scelta impopolare è tutta della Raggi e di Grillo. Matteo
Renzi se la cava con le caratteristiche dichiarazioni progressiste e
con l’altrettanto caratteristico comportamento - nei fatti - di segno
diametralmente opposto. Stavolta, un comportamento omissivo, un non facere
che magari, vien da dire, sarebbe stato più auspicabile che avesse applicato su
altre ed ancora più importanti questioni.
L’obbiezione principale dei Cinque Stelle
ripresa dal burocrate Monti è quella secondo cui le città che ospitano le
Olimpiadi pagano e fanno pagare i conti per decenni a tutta la collettività
nazionale. Vero. Si chiama economia keynesiana. Investimenti anche a
perdere per rimettere in moto l’economia. Poi si può disquisire chi ha pagato
di più tra Montreal, Barcellona, Londra, Atene, Torino e compagnia bella.
Ma un conto è discutere su questo, un
conto è sparare cifre come in campagna elettorale, come fa la signora Sindaco
di Roma che poi viene smentita cinque minuti dopo aver aperto bocca. I
conti di Roma 1960 sono stati pagati da un pezzo. Anche quelli
di Italia 90.
L’altra obbiezione, se allestiamo i
Giochi qualcuno ci mangia sopra, è forse ancora più disarmante, oltre che
inammissibile, da parte di una classe di governo, o presunta tale.
Giovanni Malagò Presidente del CONI |
Negli anni cinquanta, per allestire
l’olimpiade romana, qualcuno ci mangiò sopra di sicuro, ma i nostri vecchi ci
hanno sempre raccontato – e gli studiosi confermato - che essa ebbe un
ruolo non secondario nella determinazione di quello che conosciamo come boom
economico italiano. Nel 1990, e lì c’eravamo più o meno tutti e ce lo
ricordiamo, le opere di allestimento dell’ultimo mondiale italiano rimasero - e
sono rimaste a tutt’oggi - come l’ultima campagna di ammodernamento di
strutture sportive della nostra storia. Siamo fermi lì. Altrimenti, avessero
ragionato come oggi, saremmo fermi a Luigi Nervi, 1930, Stadio
Comunale di Firenze. Al Flaminio. Al Filadelfia.
Gioiellini quanto si vuole, ma adatti allo sport moderno come il Colosseo.
Qualcuno ci mangiò sopra. Qualcuno ci
mangia sempre sopra, in Italia. Ma tante ditte lavorarono, invece di tenere gli
operai a casa, a pascersi dei discorsi di Grillo e della Raggi. Tante persone
vennero impiegate nella gestione dell’evento. Le cifre di Rio non sono ancora
ufficiali ma si parla di 50.000 ragazzi impiegati a supporto delle
manifestazioni sportive. Chi altro è capace di dare 50.000 posti di lavoro
tutti insieme in Italia? Un indotto economico enorme viene messo in moto in
questi casi, e il gioco del PIL alla fine vale la candela
delle inevitabili ruberie.
Anche a Londra qualcuno avrà rubato.
Furono gli inglesi ad inventare la patente di corsa. La regina Elisabetta
I ebbe la brillante idea di nominare Francis Drake e Henry
Morgan, due ladri matricolati, due pirati, suoi corsari
ufficiali. E parte ingente delle ricchezze da loro accumulate andò ad
arricchire il tesoro della Corona, e fece la fortuna dell’Inghilterra.
Probabilmente Elisabetta II è stata ben felice di fare
altrettanto, quattro anni fa.
Governare è un arte. Credere di avere un
futuro è un obbligo. Questo è un paese che ha perso qualsiasi credo, qualsiasi
speranza. Sta accettando supinamente di morire, di sparire mangiato da una
immigrazione selvaggia, incontrollata (perché così è stato predicato da
autorità morali ecclesiastiche e civili che non si mettono in discussione, nel
paese che ha inventato la Controriforma). Sta rinunciando a
qualsiasi possibilità. Perché altrimenti c’è qualcuno che mangia. Poi
magari in questo momento qualcun altro sta mangiando comunque, ma quello va
bene, perché è della nostra parte, è dei nostri.
Roma non farà le Olimpiadi, nessuno
mangerà a Roma, né a torto né a ragione. In senso generale, tra poco non
mangerà più nessuno. nessuno ruberà più i nostri soldi. Perché saremo tutti
morti. Al massimo ruberanno i fiori sulle nostre tombe, se qualcuno sarà ancora
vivo per poterceli mettere.
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