Hendrik Johannes
Cruijff, detto Johann, era la risposta della razza caucasica alle perle
sudamericane nera e bianca, Pelé e Maradona. Leader della più grande Olanda di
tutti i tempi e poi di un Barcellona che cominciò negli anni settanta a fare
incetta di stelle del calcio mondiale, fu soprannominato il Profeta del Gol perché il suo impatto
sul calcio dei suoi tempi fu se possibile ancora più devastante di quello di
Pelé e Maradona.
Cruyff, come si
scrive nel resto del mondo che mai verrà a patti con la lingua olandese, ha
insegnato al mondo stesso un modo nuovo di giocare. Dopo il calcio totale
predicato dai Lancieri dell’Ajax e
dagli Orange ai Mondiali del 1974
(che non vinsero per un soffio), il gioco non è più stato lo stesso. Non poteva
esserlo.
Da tempo, il
Profeta dal cuore per sempre diviso tra i paesi Bassi e la Catalogna, il Pelé
bianco come l’avevamo orgogliosamente soprannominato noi europei, doveva
lottare con un avversario ben più insidioso di quella Germania che
all’Olympiastadion di Monaco di Baviera gli sfilò dalle mani quel titolo
mondiale che sembrava suo di diritto. Johann aveva un tumore ai polmoni la cui
gravità alla fine non gli ha lasciato scampo.
Come altri giganti
del passato, alla fine ha perso la battaglia contro il tempo inclemente. La perdiamo
tutti, prima o poi, noi ragazzi diventati grandi con negli occhi le immagini
del gioco più bello del mondo. Un gioco che quella maglia numero 14 aveva reso
leggendario. Indimenticabile. Irripetibile.
E’ tardi, Johann……
risento ancora la voce di Sandro Ciotti nel film che ti dedicò, e che ho
rivisto un miliardo di volte. Ti sia lieve la terra su cui ha rimbalzato il tuo
pallone. Come mai più rivedremo.
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