Gli uomini passano, la
Fiorentina resta. Quante volte l'abbiamo sentito dire, in concomitanza di qualche
addio, o di qualche cambiamento più o meno epocale e magari in un primo momento
faticoso o doloroso? E' una frase sempre di attualità, a Firenze, e più passa
il tempo più si arricchisce di significati. In questi sgoccioli di 2013 ce ne
sono alcuni che saltano agli occhi in modo particolare.
Diego Della Valle compie
oggi 60 anni. Una bella cifra tonda, di quelle che invitano ai festeggiamenti
ma anche ai bilanci. Di questi anni, gli ultimi 13 l'imprenditore marchigiano
più famoso nel mondo li ha passati sul ponte di comando della ACF Fiorentina.
E' stato l'uomo della rinascita, dopo che tutto sembrava finito; del progetto,
per tornare a vincere e magari per farlo in modo diverso dagli altri; del male non fare paura non avere, quando il sistema gli si
rivoltò contro nella maniera più brutale; del "vivacchiare" quando
sembrava che non avesse più voglia di andare contro il "sistema",
almeno non per la Fiorentina; della nuova rinascita e del nuovo progetto,
quando la Fiorentina nel breve volger di una estate diventò la ventunesima
squadra della Liga spagnola.
E' stato tante cose Diego
Della Valle. Da quando sembra aver deciso che vale la pena tentare di essere il
numero uno anche nel calcio, è tornato ad essere l'imprenditore più amato dai
fiorentini. Le pagine dei giornali sono tornate a riempirsi delle sue parole,
dei suoi progetti, delle sue promesse. La maggior parte dei quali ancora da
realizzare, o da mantenere. Ma intanto è bello vedere la sua squadra che a
tratti gioca come a Firenze si è visto raramente e che si è piazzata
stabilmente al limitare della zona che conta, quella che permette di giocare la
sospirata Champion's League. L'erede della Coppa con le Orecchie, di cui la Fiorentina
si onorerà per sempre di essere stata la prima squadra italiana a disputare (e
perdere immeritatamente) una finale.
Sembra che tra le certezze
esistenziali acquisite con l'età, per la quale ci associamo agli auguri, il
patron viola abbia acquisito quella che giocare con fair play è bello, ma
vincere lo è ancora di più. E che voglia fare di conseguenza tutti gli sforzi
necessari al riguardo. Al pari del fratello, che possiamo – per così dire – monitorare
ogni domenica, mentre lui preferisce ormai un profilo più defilato.
Caratterialmente diversi, i fratelli Della Valle si sono allineati nella
determinazione a rimanere nella storia della Fiorentina per qualcosa che deporranno
nella sua bacheca, e poco importa chi dei due ha convinto l'altro. Hanno in mano
un giocattolo che si trova in quella fase in cui con la stessa probabilità si
può sviluppare o rompere. La volta scorsa lo ruppero, stavolta paiono
intenzionati a migliorarlo, forti anche dell'esperienza acquisita.
Montella insomma non farà
la fine di Prandelli, né Pradè e Macia quella di Corvino. I gossip sportivi
sono pieni del tourbillon consueto che si scatena ad ogni sessione di mercato,
e domani l'altro ne comincia appunto una. Nella quale la Fiorentina è chiamata
a fare, se possibile, un altro salto di qualità in vista dell'obbiettivo
stagionale, la qualificazione alla Champion's che allo stato attuale non è affatto
garantita. La Juventus sembra anche quest'anno il solito tritacarne
inarrivabile, malgrado abbia patito l'unica sconfitta proprio al Franchi. La
Roma ha sorpreso tutti con un progetto partito in tono minore rispetto a quello viola ma che finora ha
raccolto molto di più, e non è detto che come in passato cali alla distanza. Il
Napoli è partito con un attacco stellare e con il vento in poppa, e non è detto
che quel vento cali. L'Inter è stata resuscitata da Mazzarri quanto basta da
essere lì, con il fiato sul collo dei viola. Gli scontri diretti sono andati
malino, miracolo contro la Juve a parte. Se non si vuole rigiocare l'Europa
League l'anno prossimo, conviene che gli uomini di mercato viola stiano alla
finestra, forti di quel mandato ricevuto dai Della Valle Bros.: se capita
un'occasione come quella di Pepito, prendetela.
Un anno fa si facevano più
o meno gli stessi discorsi, ed arrivò un fuoriclasse come ce ne sono pochi, il secondo
di nome Rossi nella storia del calcio italiano. Quest'anno il discorso si fa più
complesso. E qui torna in gioco la frase storica. Questa Fiorentina è una
squadra che fa stropicciare gli occhi agli osservatori italiani e stranieri,
eppure perde continuamente pezzi a causa di giocatori che vogliono andarsene.
Qualcosa non torna.
L'anno scorso allorché il
progetto di gioco di Montella decollò scoppiò la crisi di Jovetic, che fece di
tutto per costringere la società a cederlo. A fine stagione scoppiò la crisi di
Pizarro, parzialmente rientrata in estate e poi riesplosa nell'ultimo mese.
Sempre nell'estate scorsa sono maturati i dolori del giovane Llajic, andato poi
a rinforzare una diretta concorrente, la Roma che ci sta davanti di diversi
punti. Nel frattempo abbiamo salutato Alonso, promettente e utile difensore
spagnolo che non aveva sfigurato in Coppa, mentre stiamo per dire ciao a
Roncaglia, Wolski e Bakic, per non parlare di Yakovenko e Olivera. In pratica,
buona parte della campagna acquisti 2013, da utili rincalzi e giovani promesse
a pulmino di corviniana memoria da sfoltire quanto prima. Cosa resterà, oltre
alle plusvalenze?
Conta solo la maglia. I
nomi che si fanno sarebbero più che degni di vestirla. Da Criscito a
D'Ambrosio, da Leandro Paredes a Musacchio. Nomi altisonanti, c'è mezza Europa
dietro, e tutte le concorrenti italiane. Può darsi che sia il solito gioco di
società che si verifica ad ogni mercato, sparala più grossa e vendi più copie.
Ma in fondo anche un anno fa si dicevano le stesse cose, e poche ore prima di
prendere Giuseppe Rossi Daniele Prade' assicurò alla stampa che non rientrava
tra gli obbiettivi della società. Per un imprenditore al top, come direbbero
Crozza e anche Briatore, è venuto il momento di vincere qualcosa e questi sono
i nomi giusti per vincere. Di Lodi, con tutto il rispetto, è pieno il calcio
italiano.
Nel frattempo, c'è comunque
da lavorare anche sotto altri profili. Gli uomini passano, la Fiorentina resta,
ma quando qualcuno si fa male è sempre la solita storia. Nelle passate stagioni
ci fu il tormentone Jovetic, vittima di un grave infortunio, poi forse
rientrato in anticipo e fino alla fine dei suoi giorni viola altalenante nelle apparizioni
e prestazioni, tanto da meritarsi il soprannome del Bua. Un anno dopo, assistiamo più o meno allo stesso film
con protagonista uno che non avresti mai detto: Mario Gomez, un tedesco, un
duro, uno che la bua non la sente, la gamba non la
tira indietro.
Non si tratta di tirare in
ballo vecchie e nuove gestioni del settore medico, ma piuttosto quella
complessiva della società. Gomez doveva rientrare due mesi fa, ancora non è
sicuro che torni in Coppa Italia l'8 gennaio prossimo. Qualcuno ha sbagliato –
di nuovo – e pazienza, succede. Ma così si vanificano gli investimenti importanti.
Pensate a una Juventus senza Tevez o a un Napoli senza Higuain (il buon Gonzalo
per la verità ci aveva anche provato, spaccandosi la testa su uno scoglio a
Mergellina...). Tra la medicina fiorentina e quella tedesca ci dev'essere un
punto d'incontro e sarà bene trovarlo presto. Come sarà bene trovare presto un addetto
stampa che dica le cose come stanno agli addetti ai lavori. Si evita se non
altro di creare illusioni tra i tifosi che poi se le cose non vanno bene si
ritorcono contro come un boomerang. Dalla gestione Berti a quella Teotino c'era
già stato un decadimento, con l'arrivo di Elena Turra non pare che le cose
siano migliorate granché.
Insomma, ce n'è di carne al
fuoco per realizzare le ambizioni dei proprietari della Fiorentina e dei suoi
stessi tifosi. Auguri a Diego Della Valle e a tutte le sue imprese. Soprattutto
a quella che ci sta più a cuore. Gli uomini passano, la Fiorentina resta.
Buon
2014 a
tutti.
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