Secondo la mitologia pagana nordica
su cui il Cristianesimo si è innestato al pari di quelle mediterranee, non sono
Gesù Bambino né la Befana a portare doni nella notte magica, ma bensì San
Nicola, o Saint Nicklaus, Santa Claus, Babbo Natale che dir si voglia. Il Santo
cadeva appunto ieri, e la Fiorentina gli aveva chiesto in dono una cosa sola:
poter ripetere nel gioco e nel risultato la partita dell’ano scorso contro l’avversario
di giornata, la “madre di tutti gli avversari”, la Juventus, anche quest’anno
capolista e più che mai avversaria storica di tutto ciò che è viola da queste
parti.
Aveva chiesto di ripetere la
partita perfetta, la Fiorentina, ma forse – come sanno bene tutti i bambini del
mondo – c’è un limite anche alle possibilità (o alla volontà) di Babbo Natale. Intanto
bisogna vedere se sei stato bravo e ti sei meritato il dono richiesto. E qui
per la Fiorentina casca subito il primo asino. C’è chi dice che rispetto ad un
anno fa ci siamo rinforzati per il solo fatto di aver tenuto i migliori e preso
rincalzi efficaci, c’è chi dice invece che un anno è passato invano sul
progetto di squadra vincente, ma pesantemente sull’efficacia della squadra
attuale. Ormai la Fiorentina e le sue armi migliori le conoscono tutti, a
cominciare da questa Juventus che ancora ha negli occhi e nelle orecchie il
tripudio viola di un anno fa, 20 ottobre 2013, quella che Giuseppe Rossi nel
suo libro di memorie appena presentato ha definito l’apoteosi.
Lasciando ai posteri l’ardua
sentenza sul mercato viola, sta di fatto che sul prato del Franchi – contornato
come di consueto da una di quelle splendide coreografie che solo la Curva
Fiesole sa allestire – scendono alle 20, 30 di questo 5 dicembre 2014 una
Fiorentina ed una Juventus che oggettivamente sono delle copie pallide,
sbiadite di quelle viste all’opera un anno fa. I bianconeri, che il nuovo
mister Allegri sta cercando in tutti i modi di mantenere sullo standard
elevatissimo lasciatogli in eredità da Antonio Conte, hanno la preoccupazione
dello scontro di Champion’s da “dentro o fuori” con l’Atletico Madrid di
martedi prossimo, e lasciano in panchina Tevez e Morata.
Chi li ha seguiti
inoltre dice che non sono nel loro momento migliore di forma.
I viola di Montella il loro
momento migliore lo stanno cercando dall’inizio della stagione, finora lo standard
è stato più basso rispetto ad un anno fa e non solo per la mancanza di Pepito, costretto alla fisioterapia ed
alla stesura appunto delle memorie. Ma le ultime uscite hanno un po’ rincuorato
l’ambiente. Le due rivali storiche si trovano in un momento in cui alla borsa
del campionato le azioni viola sono in rialzo, mentre quelle bianconere sono –
diciamo così – momentaneamente stazionarie.
Ci sarebbe di che attendersi
veramente un nuovo spettacolo. Allegri sente il fiato sul collo della Roma e
non fa mistero di voler vincere, anche a ranghi ridotti. Montella, per l’occasione
e per la pioggia che si riversa sul Franchi in versione guardia costiera
nordamericana, schiera i suoi al meglio, badando a quel “sodo” riscoperto nelle
ultime gare di campionato e coppa. 3-5-2, Basanta, Savic e Gonzalo davanti a
Neto, Alonso, Borja Valero, Pizarro, Matias Fernandez e Joaquin in mezzo,
Cuadrado e Gomez davanti. Fa discutere l’ennesimo accomodamento di Aquilani in
panchina, anche se la fiducia accordata all’eroe di Cagliari Mati Fernandez ha una sua ragion d’essere.
Dall’altra parte, oltre al capocannoniere, l’apache Tevez, ed a Morata va in panchina Marchisio. Per il resto
Juventus as usual, la difesa è schierata al completo e Pirlo è come di consueto
in cabina di regia, il solo Llorente lasciato davanti con l’appoggio occasionale
della promessa francese Coman.
Ecco, in tutta questa lunga
premessa c’è Forentina-Juventus. Mai tante e tali attese furono poi così
disattese. O forse sì, altre volte, vien da pensare a quello 0-0 casalingo che
forse costò ai viola lo scudetto nel 1982 o a quell’altro che quattro anni fa
fu il punto più noioso e anche più basso della sfortunata gestione Mihajlovic.
Quello di ieri sera è stato probabilmente ancor più deludente, perché la
Fiorentina almeno all’apparenza ha messo in campo tutto il suo attuale “furore
agonistico” e la sua capacità di far gioco. Per la Juventus, difficile dire se
si è accontentata o se anch’essa non poteva e non sapeva fare di più.
Ne risulta una partita bloccata a
centrocampo con rarissimi sprazzi di gioco offensivo, e con molte sportellate.
Tipo quelle fatte senza complimenti per tutto il primo tempo da Gomez e
Chiellini, sotto gli occhi vigili dell’arbitro bolognese Rizzoli, lo stesso di
un anno fa. Il direttore di gara è restio a tirare fuori i cartellini per
sanzionare i tanti interventi assai rudi che occorrono nel mezzo del campo, poi
dopo aver rotto il ghiaccio con Pizarro (tra le proteste di uno stadio ovviamente
poco benevolo verso i colori bianconeri) non ha più remore e alla fine gli
ammoniti saranno cinque, tre bianconeri (Chellini, diffidato, Ogbonna e Pogba) e
due viola (il Pek e Cuadrado).
Tiri in porta? No, grazie,
sembrano dire le due squadre che si annullano in mezzo al campo. Anzi due ce ne
sono, come mosche bianche o particelle di sodio in acqua Lete. Uno (il primo in
assoluto) di Evra neutralizzato da Neto al 3’ della ripresa e uno di Cuadrado
da fuori area più tardi al 20’ respinto in tuffo da Buffon. Poi basta, tanto
agonismo fine a se stesso, poco gioco, molti falli. Alcuni cambi tutto sommato
ininfluenti: Allegri non resiste a mettere dentro Tevez, nella speranza che gli
inventi qualcosa, ma nulla da fare, i tre difensori viola oggi non concedono
nulla, ne sa qualcosa Llorente che non ha visto palla.
Dall’altra parte, stessa sorte
tocca a Mario Gomez e Cuadrado, ai quali Chiellini e Bonucci concedono
veramente poco. Dapprima Montella toglie il tedesco per Babacar, al quale però
non tocca miglior sorte. Poi è Cuadrado a farsi male all’anca, il colombiano
esce in barella ed al suo posto entra Kurtic (pochi minuti da dimenticare i
suoi), infine Aquilani rileva l’esausto Joaquin, anche oggi forse il migliore
in campo insieme ai difensori e ad un Neto che si dimostra sempre attento,
ormai padrone della sua area di rigore su punizioni e spioventi occasionali.
Marchisio per Pirlo e Padoin per Pereyra completano le sostituzioni in casa
juventina. Cambiando i fattori non cambia il risultato, noia e stanchezza la
fanno da padrone.
Alla fine il fischio finale di
Rizzoli arriva come una liberazione. Tanto più che pochi istanti prima Pizarro
ha gelato il sangue allo stadio facendosi colpire la mano aperta e distante dal
corpo da una pallonata ravvicinata in area di Pogba. L’involontarietà dell’azione
è talmente evidente che anche gli stessi juventini hanno il buon senso di non protestare
più di tanto. Ma quanti arbitri avrebbero resistito alla tentazione di
applicare pedissequamente il regolamento e concedere un rigore che i
commentatori spesso definiscono di quelli “che si possono dare”?
Per fortuna della Fiorentina,
Nicola Rizzoli di Mirandola, Bologna, dimostra che non si arriva ad arbitrare
una finale mondiale per caso, e va a dritto per la sua strada consentendo a
questa partita di terminare con il risultato più giusto e più meritato – o immeritato,
se si vuole – da ambo le parti. E’ uno 0-0 che muove la classifica, dicevano i
vecchi commentatori di una volta. Muove anche tanta nostalgia, anche questa da
ambo le parti, sia chiaro. Forse dopo il trittico di partite pirotecniche degli
ultimi tre anni Fiorentina-Juventus ci aveva abituato male, a ben altri
spettacoli. Ma forse, non è più tempo d’eroi, nemmeno qui al Franchi. Nemmeno
tra viola e bianconeri, una volta la madre di tutte le partite.
Nessun commento:
Posta un commento