Sembra la trama di un romanzo di Jan Fleming o di John Le Carré. Alcuni funzionari di governi europei non meglio identificati avvicinano un Segretario del Tesoro americano per un colloquio estremamente riservato. Argomento, un complotto per destabilizzare la situazione economica di un altro paese europeo, fino a farne cadere il governo e a sostituirlo con un altro a loro gradito.
Non sono le avventure di James
Bond agente 007, né quelle di George Smiley il cacciatore di spie. E’ tutto
vero, sta scritto nelle memorie di Tim Geithner, ex Segretario del Tesoro nella
prima amministrazione Obama.
Si chiama Stress Test, riflessioni sulla crisi
finanziaria. E’ destinato a
diventare uno dei memoriali più famosi di questo scorcio di ventunesimo secolo.
L’ex funzionario di governo americano racconta tra le altre le vicende di
quell’autunno 2011 in cui esplose la grave crisi finanziaria dell’Unione
Europea, ed essa “chiese” ad alcuni stati membri di sostituire i rispettivi
governi – ritenuti responsabili della situazione – con altri a cui le potenze
continentali egemoni, la Germania di Frau
Angela Merkel e la Francia di M.sieur
Nicholàs Sarkozy, avevano conferito la patente di virtuosità.
Abbiamo sospettato in molti che
qualcosa fosse andato in controtendenza a quanto previsto dagli ordinamenti
giuridici, e che per quanto riguarda l’Italia la Costituzione fu tirata
quantomeno per i capelli proprio da chi avrebbe dovuto vigilare sul rispetto di
essa, sia formale che sostanziale. Le memorie di Geithner aggiungono retroscena
che configurano un intrigo internazionale degno di Hitchcock, alimentando le
accuse di colpo di stato da parte di chi, come l’ex premier italiano Silvio
Berlusconi, si trovò - dans l’espace d’un
matin, per dirla alla Sarkozy – dalle stelle di Palazzo Chigi alle stalle
di responsabile unico di una crisi che aveva avuto origine altrove, in ambienti finanziari più simili alla Spectre acerrima avversaria di 007 che a
quei circoli finanziari a cui si continua a guardare come attori principali del
circolo virtuoso o vizioso dell’economia europea e mondiale. O da parte di chi,
come tanta gente comune, si ritrovò al ritorno dalle vacanze del 2011 senza
lavoro, senza più risparmi, senza futuro, perché “l’Europa ce lo chiede”
(Giorgio Napolitano, cit.).
Tm Geithner racconta come in
quella tarda estate 2011 gli emissari di Merkel & soci contattassero il
presidente Obama affinché appoggiasse una eventuale decisione del Fondo
Monetario Internazionale di chiudere i rubinetti del credito ad alcuni paesi, tra
cui l’Italia. Obama rifiutò, preferendo – a detta del suo ex Segretario al Tesoro
– la via di una exit strategy dalla
crisi fianco a fianco con la B.C.E. guidata dall’italiano Mario Draghi. Le
parole di Geithner, avallate da Obama, furono: “non possiamo avere il suo
sangue (di Berlusconi, n.d.r.) sulle nostre mani”.
La citazione riecheggia molto una
analoga di Ponzio Pilato allorché lasciò Gesu Cristo al destino per lui deciso
dai sacerdoti del Tempio. In questo caso, dai sacerdoti di una economia internazionale
drogata dai titoli tossici sui mercati azionari. Come Pilato, Obama si limitò a
“lavarsi le mani”, ma almeno di fronte alla storia – o a una probabile cambio
di strategia politica nei confronti dell’Europa, che sembra piuttosto il motivo
reale dell’uscita di queste memorie di Geithner e dell’avallo che hanno avuto
dalla nuova amministrazione americana - può
dire adesso di essere rimasto estraneo a quanto successe. Merkel e Sarkozy
andarono a dritto, con l’appoggio di alcune istituzioni italiane, che chiesero
la testa di un governo democraticamente eletto e misero al suo posto un altro, una
specie di Quisling adattato ai tempi, con la pretesa di una “salute pubblica”
tutta da discutere.
Più che i commenti di un
Berlusconi che adesso finalmente può reclamare giustizia storica – quella prima
o poi non si nega a nessuno – sono interessanti quelli di alcuni analisti
internazionali, che hanno cominciato a parlare senza mezzi termini di qualcosa
molto simile ad un “colpo di stato”. Lo fa Edward Luttwak, il più celebre
politologo americano che intervistato dalla RAI ha dichiarato che “il complotto
fu ordito da Sarkozy e Merkel con l’appoggio di molte persone in Italia”. Un
nome su tutti, tra quelli fatti dall’analista statunitense: Giorgio Napolitano.
Secondo Luttwak, «ciò che accadde non fu un vero e proprio colpo di Stato ma un
complotto dietro le quinte non so quanto in linea con la Costituzione». In
altre parole, il Presidente della Repubblica (che doveva essere il garante
della nostra sovranità) partecipò attivamente a un'operazione organizzata da
governi stranieri, tesa a eliminare il premier italiano legittimo e sostituirlo
con un altro gradito dai mandanti internazionali.
Ancora più clamoroso ciò che ha
scritto l’inglese Ambrose Evans-Pritchard, uno dei massimi analisti di economia
internazionale, in un articolo pubblicato ieri sul prestigioso The Telegraph. Partendo dalle memorie di
Tim Geithner, egli scrive che «ciò che ha rivelato l'ex ministro americano
concorda con quanto noi sapevamo all'epoca circa le manovre dietro le quinte e
l'azione sui mercati obbligazionari. Io ho sempre trovato bizzarro ciò che
accadde. Fino a poco tempo prima l'Italia era ritenuta un esempio virtuoso, uno
dei pochissimi Stati dell'Ue che si avvicinava a un surplus del bilancio
primario (….) e non era in grave
violazione del deficit». Poi, aggiunge, invece: «La crisi italiana dell'autunno
2011 fu scatenata dalla Bce che alzò per due volte i tassi provocando una
profonda recessione double-dip (il
tipo di recessione che segue le fasi di limitata crescita artificiale). Eppure,
la colpa di questo disastroso errore politico fu fatta ricadere sul governo
italiano». In altre parole il famoso imbroglio dello spread, con il quale si manipolò l'opinione pubblica facendo
credere che il nostro Paese fosse a rischio default,
fu costruito per generare una pressione politica violentissima contro
Berlusconi e il suo governo.
Evans-Pritchard è netto: quello
che è avvenuto contro Berlusconi «è uno scandalo costituzionale di prim'ordine
(….) ciò che fu fatto in Italia così come in Grecia con la destituzione del
premier Papandreou furono colpi di Stato sicuramente nello spirito se non anche
nel diritto costituzionale».
Tutte queste analisi ed accuse
più o meno esplicite individuano, per restare nel nostro paese, una serie di
responsabili di una azione politica che , alla luce di normali nozioni di
educazione civica quali la stessa scuola dell’obbligo una volta forniva senza
bisogno di approfondimenti di diritto costituzionale, può configurarsi in un range di fattispecie che vanno – a
seconda della sensibilità democratica e giuridica di ognuno – dalla “Costituzione
tirata per i capelli” del prudente Luttwak all’attentato alla Costituzione (con
relativa opportunità di messa in stato di accusa degli autori) della parte in
causa Silvio Berlusconi.
Due considerazioni oggettive.
Parte in causa lo siamo tutti, in quanto cittadini di un paese in cui
nell’autunno 2011 la normale prassi costituzionale e le regole di vita
democratica sono state sconvolte, assieme al nostro modo di vivere
nell’economia domestica e nella macroeconomia. L’altra, piaccia o no, è che c’è
un responsabile principale di qualsiasi cosa sia andato storto nel rispetto
della nostra Costituzione, ed è colui che aveva giurato di proteggerla e di
farla osservare a chiunque. La replica del Colle arrivata oggi, “nessuna pressione, Berlusconi lasciò in
piena libertà”, è tardiva e assolutamente non convincente. Non ci crede,
azzardiamo, nemmeno il cane di Berlusconi.
Dal dibattito interno ed internazionale
rinfocolato dalle memorie di Tim Geithner si attendono peraltro ulteriori
sviluppi, che del resto non attengono a questioni accademiche circa la tenuta
di un archivio di storia, né al semplice destino di un singolo un uomo politico.
La questione in ballo è la fine della democrazia e della sovranità popolare. Né
più o né meno.
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