Probabilmente non passeranno alla
storia con un epiteto carico di epica e di gloria come i colleghi azzurri che
divennero leggenda ad Highbury nel 1934 o quelli viola che lo divennero a Ibrox
Park nel 1961. Ma di sicuro i ragazzi di Vincenzo Montella hanno superato ieri
sera un esame d’inglese di quelli tosti. Insieme ad un esame di maturità
internazionale ancora più tosto. Uscire da White Hart Lane con questo 1-1 è
tanta roba, farlo addirittura con un sottile (ma neanche tanto) retrogusto di
rimpianto per quei minuti finali in cui poteva arrivare addirittura qualcosa in
più va al di là delle più rosee aspettative del più ottimista dei tifosi.
La curva fiorentina a Londra |
La Fiorentina arrivava a questa
gara di trentaduesimi di finale di Europa League in quel di Londra
probabilmente nel momento migliore della sua annata, avendo trovato fiducia,
condizione e perfino rincalzi giusti tutti insieme dopo un girone d’andata di puro
stringimento di denti. La ripresa dopo la pausa invernale avveniva però su uno
di quei palcoscenici che possono far tremare le gambe anche soltanto ad
affacciarvisi per una presa di contatto con l’erba del campo, o per un
riscaldamento.
Lo stadio degli Hotspurs è uno di quelli dove si è fatta
la storia del calcio britannico, esiste dal 1899 e ha visto alzare il primo
trofeo internazionale per club della federazione inglese, la Coppa delle Coppe,
due anni dopo la vittoria della Fiorentina. Il Tottenham è la Fiorentina d’Inghilterra
quanto a palmarés, e come la
Fiorentina ha un glorioso avvenire dietro le spalle. Come la Fiorentina, è in
ripresa dopo un periodo di appannamento, vorrebbe disfarsi del vecchio glorioso
stadio a vantaggio di un altro più “economico”. Come la Fiorentina, sente che
questa Europa League può essere la sua scorciatoia per il successo, il
trampolino verso la partecipazione a trofei di prestigio ancora maggiore, vista
la difficoltà oggettiva di vincere il rispettivo campionato.
Mauricio Pochettino allenatore del Tottenham |
Più della Fiorentina, il
Tottenham beneficia però del momento di rinascita complessiva del calcio
inglese, nazionali a parte. Negli ultimi anni, a livello di club loro sono
diventati la tavola imbandita dei ricchi e noi i poveri che guardano dalla
finestra del ristorante. Per una di quelle alchimie storiche che a volte
succedono, i talenti arrivati da tutto il mondo oppure saliti in prima squadra
da vivai dove si attinge ai serbatoi etnici nel modo giusto, senza preoccuparsi
delle sciocchezze dette e fatte dai vari Tavecchio, Sacchi, Raiola, Lotito e
chi più ne ha più ne metta, questi talenti dicevamo si sono innestati nel
corpus tutto sommato ancora sano ma bisognoso di trasfusione di sangue fresco
del vecchio calcio inglese. I novanta proverbiali minuti di arrembaggio che
devono subire quassù le squadre che vengono a far visita a quelle di casa si
sono impreziositi di una tecnica che non ha più nulla da invidiare a quella
delle più rinomate squadre continentali.
Come si vede insomma fin dal
primo minuto, il Tottenham gioca a calcio altrettanto bene della Fiorentina, ma
lo fa molto più velocemente. E per quasi tutto il primo tempo i viola sembrano
come impreparati, sorpresi. Se le gambe all’avvio sembrano molli, forse sono le
teste – come diceva Julio Velasco la parte degli atleti più difficile da
allenare – ad aver bisogno di crescere per poter stare a questi livelli senza
concedere tutto quello che concede la Fiorentina nel primo tempo. Gli Hotspurs hanno veramente tante occasioni,
e ci va bene che passano soltanto in quella tutto sommato più occasionale. A
metà gara la Fiorentina poteva essere già eliminata, e invece è perfettamente
in corsa e pronta a mettere a frutto nella ripresa le lezioni del corso accelerato
di calcio europeo apprese nei primi quarantacinque minuti.
Soldado porta in vantaggio il Tottenham |
Il match si mette in salita fin
da subito per i viola, con il fallaccio ingenuo di Gonzalo su Vertonghen che
gli costa una ammonizione pesante per lui e per la squadra e che dà il via ad
una catena di eventi che causano il vantaggio dei padroni di casa. Per due
minuti e oltre la Fiorentina non riesce ad uscire dall’arrembaggio british. Sul secondo calcio d’angolo,
nessuno controlla il prode Soldado che tutto solo dal limite dell’area può
indovinare un tiro della domenica, per quanto splendido, che sorprende la
difesa gigliata piazzata più o meno come gli omini del Subbuteo e lo stesso incolpevole Tatarusanu.
Potrebbe sembrare il prologo di
una disfatta. Sulla fascia sinistra Townsend e Walker sono incontenibili,
almeno per il Pasqual odierno. Soldado continua a tentare prodezze e a fare
sfracelli un po’ dovunque, di ripartenze – malgrado il Tottenham di spazi ne
lasci assai – neanche a parlarne. Il povero Salah è costretto allo schema “prendo
palla e vado via da solo” perché di compagni che vanno a dargli mano non ce n’è
neanche l’ombra.
Il pareggio di Basanta |
Mario Gomez è isolato in avanti,
in assenza dei cross del capitano e degli assist del centrocampo, e sembra
ritornato quello dei momenti peggiori. Il centrocampo è praticamente
inesistente. Pizarro individualmente il suo lo fa, alla fine anzi firmerà una
grande prestazione, ma predica – anzi, imposta – nel deserto. Mati Fernandez
comincia sovrastato fisicamente dai marcantoni inglesi, ma siccome sta bene e
ha buon sangue e buon carattere alla lunga viene fuori. Il pareggio lo firma
lui per metà, con una punizione–rasoiata alla Rui Costa. Soldado stende Joaquin
al limite dell’area sinistra d’attacco viola, il giovane cileno batte da par
suo e il portiere Lloris può solo ribattere sui piedi di Basanta, che conferma
la sua recente vena di goleador viola aggiunto.
José Maria Basanta |
L’argentino sembra uno dei più a
suo agio in questa partita, e insieme ai centrali Savic e Gonzalo e ad un
Pasqual a cui Montella alla fine intima di non andare più avanti, restando
indietro bloccato nel modulo a quattro, alla fine riesce a imbastire una difesa
decente, che corre l’ultimo grosso pericolo al 44’ del primo tempo. La traversa
colpita da Chadi trema ancora, e il buon Tatarusanu, che sarebbe stato battuto,
si ritrova in mano il pallone dopo che questo ha rimbalzato sulla linea di
porta. Buon segno, gli Dei non disdegnano il viola.
Da lì in poi, la difesa non
concede più granché, anche se il filtro di centrocampo come si diceva è
pressoché inesistente. Anche nella ripresa a volte i giocatori del Tottenham
fanno paura quando arrivano sulla tre quarti fiorentina, ma a quel punto la nostra linea difensiva è una Maginot perfettamente orchestrata da Tatarusanu che non
sbaglia il tempo nemmeno di un respiro.
Parlare del centrocampo invece oggi
significa parlare soprattutto di Borja Valero Iglesias. Che cosa stia
succedendo a questo ragazzo è a questo punto un mistero che andrebbe
approfondito, per il bene non soltanto suo ma anche e soprattutto di questa
Fiorentina. Non è mai stato Iniesta, sia chiaro, ma se ha a lungo sognato di
poter giocare con Iniesta nelle Furie
Rosse c’era un motivo, e giustificato. Adesso è un ectoplasma che non ne
becca più una, né in interdizione né in impostazione. Quando riesce a ripartire
le sue discese si schiantano puntualmente sul limite dell’area, vittime non si
sa se di debito d’ossigeno o orgasmo dovuto a scarsa coscienza di sé.
Per fortuna nella ripresa un
mostruoso Pizarro si vede affiancare da un Mati in crescita, mentre sulle fasce
Joaquin e Salah confermano di essere giocatori di un altro pianeta finiti sulla
terra, e proprio a Firenze, per chissà quale combinazione astrale. L’egiziano è
sfortunato in un paio di controlli, altrimenti sarebbe a tu per tu con Lloris e
gli Hotspurs a quest’ora piangerebbero.
Ciprian Tatarusanu |
Cominciano i cambi. Pochettino
cala i suoi assi, Harry Kane (che dimostra subito di meritarsi la storpiatura
affettuosa dei suoi tifosi in Hurricane)
ed Eric Lamela. Ma ormai le gambe viola non tremano più, anzi hanno ancora
muscoli da sollecitare. E le teste hanno appreso in fretta la lezione. Compresa
quella di Montella che indovina i suoi primi due cambi. Alonso per Pasqual è
doveroso, il capitano stasera non ce la fa e il madridista dimostra di essere a
casa sull’erba inglese, dopo l’anno al Sunderland. I difensori bianchi lo
tengono con estrema difficoltà, adesso le parti si sono rovesciate e sono i
padron di casa a soffrire.
Il secondo cambio sarebbe
altrettanto doveroso, e non si può dire che non sia azzeccato. Badelj rileva
degnamente un Borja Valero al quale ogni minuto che resta in campo in queste
condizioni può essere ascritto come un oltraggio. Il croato non butta via
niente e la sua regia fa un gran comodo a una Firoentina che comunque alla fine
dimostra di avere più fiato di un Tottenham che ha corso alla morte, come vuole
lo spirito del calcio di Albione. Ma
la domanda, crediamo non solo nostra, è: che fine ha fatto Alberto Aquilani?
Il giocatore romano a inizio
campionato era in condizioni di forma spettacolose, poi è sparito e adesso i
tempi di assenza dal terreno di gioco rischiano di rivaleggiare con quelli di
Mario Gomez nella scorsa stagione. E’ un problema di salute serio il suo?
Oppure, come già successo a tanti, si tratta semplicemente di una fastidiosa “cognignite”?
La domanda non è di poco conto, viste soprattutto le attuali precarissime
condizioni del collega Valero.
L’ultimo cambio è il più
problematico, e dimostra che anche il buon Vincenzo Montella, che sta
attraversando una fase bioritmica molto più positiva di quella del passato recente
e che per altri versi anche oggi ha dimostrato di essere all’altezza della
situazione, ha anche lui qualcosa da imparare e qualche progresso da conseguire
al pari dei suoi ragazzi, per stare degnamente a questi livelli. Succede che Mario
Gomez arranca stremato, e finalmente a sette minuti il mister gli dà sollievo.
Con Ilicic.
I bicchieri pieni a metà nel
calco sono i più difficili da bere. Qualcuno dice che un punto strappato ad un
match come questo è già sufficiente. Qualcun altro si lamenta della proverbiale
mancanza di coraggio “italiana”: queste son partite che devi saper leggere, e
se del caso, provare a vincere. Qualcuno rinfaccia i minuti finali di
Juventus-Fiorentina 1-1 dell’anno scorso, non sfruttati e costati poi cari, come
sappiamo. Qualcuno, con spirito fiorentino, si limita a commentare, “loro
mettono Lamela, noi il Broccolo”.
Sospendiamo il giudizio,
soprattutto a fini di scaramanzia. Certo che se levi il centravanti magari ne
metti un altro che hai in panchina, a nome Babacar. E non questo nueve che più falso ormai non si può, oltretutto inadatto ad una gara di corsa infernale
come questo Tottenham-Fiorentina.
Finisce dunque in parità,
Pochettino e Montella si abbracciano e con loro i giocatori in campo. Anche se
il tecnico inglese resta convinto di aver meritato di più giocando meglio, e
verrà a Firenze tra una settimana a vendere carissima la pelle. I bianchi del Tottenham
hanno nelle gambe e nella testa classe sufficiente, servirà una Fiorentina
ancora migliore di questa.
Per finire, una notazione di
costume e di attualità. Britannia felix.
Mentre a Roma si contano i danni lasciati a Piazza di Spagna dai pirati
olandesi (e qualcuno cade finalmente dal pero chiedendosi come mai la nostra
polizia non ce la faccia più ad arginare i delinquenti, tanti o pochi, italiani
o stranieri), qui a Londra si rivolge un pensiero riverente a quella signora
primo ministro che non c’è più. E che tanti anni or sono riportò questo paese
alle sue tradizioni di civiltà e sportività con le buone e anche con le
cattive.
A White Hart Lane si tifa e si festeggia e basta, prima, durante e
dopo il match. Ai giocatori che si abbracciano sportivamente al fischio finale fa
da sfondo un pubblico, londinesi e fiorentini, che civilmente applaude le
proprie squadre per poi riversarsi via tranquillamente verso casa nella notte
inglese. Non vola una mosca dove non deve volare, non c’è una cartaccia in
terra, nessuno si presenta in ospedale nemmeno per un’unghia incarnita o un
raffreddore. Tra una settimana si replica a Firenze, e allora che Dio ce la
mandi buona.
Grazie signora Thatcher.
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