Chissà se ad una delle
prossime conferenze stampa della Fiorentina ci si preoccuperà di capire che
cosa è successo a questa squadra dalla fine del calciomercato di gennaio in
poi. Era già stato un gennaio inusuale per Montella, abituato nelle passate stagioni a veder le sue squadre
in flessione consistente. Da quando si sono chiusi i trasferimenti, chi ha
avuto e chi ha dato ha dato, il tecnico partenopeo sembra addirittura un altro.
Non ne sbaglia più una, e così i suoi ragazzi. Anzi, loro qualcuna ne sbagliano
sempre, come oggi, ma poi la rimediano alla grande.
Dopo aver ridotto a miti consigli
un Genoa con la bava alla bocca e aver ottenuto a Roma una qualificazione alle
semifinali di Coppa Italia facendola sembrare più facile di quello che è stata,
tocca ad un’Atalanta desiderosa di interrompere una striscia negativa che la
vede soccombere contro i viola da ben sette gare. Le ultime due in particolare
bruciano al mister Colantuono: all’andata Kurtic fece l’unica cosa buona finora
di questa sua annata fiorentina segnando l’eurogol della vittoria gigliata, in
Coppa Italia un mese fa ci fu la resurrezione di Mario Gomez, con gli orobici
regolati ed annichiliti nel giro di dieci minuti.
Stavolta Colantuono fa le cose
per bene, e per almeno un tempo sembra arrivato il giorno della vendetta
atalantina. I nerazzurri di Bergamo sembrano una squadra di assaltatori,
micidiali come i Navy Seals. Per quarantacinque minuti è il Gomez degli ospiti,
non quello dei padroni di casa a incantare la platea, coadiuvato da Moralez, Denis
e soprattutto quel fenomeno di stagione che si chiama Zappacosta e che è
destinato a infiammare la prossima sessione di calciomercato.
Dopo due minuti di gioco l’Atalanta
ha già preso possesso del prato del Franchi. Ce ne vogliono nove perché Zappacosta
segni il suo splendido gol di testa su cross di Alejandro Gomez detto El Papu,
rendendo ben chiaro a tutti che per la Fiorentina non sarà una domenica facile.
Tatarusanu probabilmente si gode ancora i complimenti ricevuti a Roma, e si fa
sorprendere a mezza strada tra i pali e una goffa uscita, la cosa peggiore per
un portiere. Neto se la ride in panchina, ma forse è una coincidenza, il Tata è
comunque destinato a riprendersi abbondantemente nel corso della gara. Così
come il capitano Pasqual, che al momento si fa sorprendere in elevazione dall’esterno
atalantino.
Il primo tempo è una sofferenza
indicibile. Forse i viola sono rimasti all’Olimpico a festeggiare il trionfo su
Totti & C. Forse semplicemente si scontrano (si fa per dire) la
determinazione assoluta di un’Atalanta rinfrancata dal gioco di Colantuono e
dai recenti risultati con la debolezza contingente di una Fiorentina tradita da
quello che una volta era il suo punto di forza, il centrocampo. Mati Fernandez
tocca palloni da par suo anche oggi, ma patisce inevitabilmente la fisicità dei
dirimpettai bergamaschi. Badelj fa il suo, come l’ha fatto a Roma, ma non è un
razzo e oggi servono i razzi,
contro avversari che corrono a perdifiato.
Quello che manca soprattutto
quest’oggi è Borja Valero. Dopo un paio di gare in cui aveva illuso di essere
tornato quello delle prime stagioni viola, lo spagnolo è rimpiombato uno
sfasamento totale rispetto al resto della squadra. In ritardo su tutti i
palloni, non ne combina una giusta in fase di impostazione o di interdizione. Ecco,
magari capire cosa gli sta succedendo sarebbe un compito degno di una stampa
che si definisce tale, piuttosto che accertare le opinioni del neo acquisto Salah
a proposito della questione mediorientale.
Meno male che a reggere la
baracca ci provano i due arzilli vecchietti Diamanti e Joaquin. Meno male che
nell’angosciante marasma del primo tempo qualcosa di buono i viola lo combinano
comunque raggiungendo un pareggio in quel momento insperato con José Maria
Basanta, uno dei tanti difensori prestati alla classifica dei cannonieri da
questa Fiorentina 2014-15. L’argentino, desideroso di emulare le gesta del
connazionale Gonzalo Rodriguez (oggi messo fuori gioco dal risentimento muscolare
che lo ha bloccato a Genova), andrebbe poi ad un passo dal raddoppio con una
spettacolare deviazione in semirovesciata su assist di Diamanti. Sarebbe stato
un premio eccessivo per questa Fiorentina. Il tempo finisce sull’1-1 e c’è di
che essere ampiamente soddisfatti.
Ma non lo è Montella. Qualcosa è
cambiato nella testa del mister di Pomigliano d’Arco, qualche pezzo di qualche
puzzle (psicologico prima ancora che tecnico) deve essere andato al posto
giusto. Il buon Vincenzo rispedisce in campo una squadra completamente
trasformata nella ripresa. E non è tanto il cambio di modulo tattico, dal 3-5-2
al 4-4-3 con Joaquin a sinistra e Diamanti a destra di un Mario Gomez che si
batte su tutti i palloni. E’ l’atteggiamento della squadra che è diverso, e non
perdona più niente ad un’Atalanta alla quale nel frattempo il dispendio enorme
di energie del primo tempo comincia a presentare il conto.
Le occasioni per andare in
vantaggio da parte viola cominciano ad accumularsi. E’ soprattutto il gioiello
pratese a tentare di rompere l’equilibrio con iniziative personali. Diamanti
sente di poter lasciare finalmente il segno sul tabellino dello score e non si
fa pregare a tirare appena ne ha l’opportunità. Dall’altra parte, Joaquin fa il
Joaquin, Pasqual comincia a spingere di più in quantità e qualità. Al decimo
Montella decide che è l’ora di cambiare, c’è bisogno di un uomo d’ordine in
mezzo al campo. C’è bisogno del Pek, e a lasciargli il posto è Borja Valero.
Diamanti resta in campo, il fiato gli regge, la vena creativa lo sorregge.
Ancora non basta, c’è bisogno di
movimentare il fronte d’attacco. A Montella quest’anno sono mancate tante cose,
ma non il coraggio. Ecco dunque a bordo campo apprestarsi ad entrare Mohamed
Salah, l’uomo venuto da Londra a sostituire Cuadrado. L’uomo di cui ormai
sappiamo tutto a proposito delle sue idee politiche e religiose, ma niente a
proposito del suo valore tecnico e della sua utilità per questa squadra. Montella
evidentemente ne sa abbastanza, avendo accuratamente ignorato le sciocchezze
dette e scritte da tanti in settimana ed essendosi concentrato soltanto su
quanto fatto vedere negli ultimi allenamenti dall’egiziano.
Il Messi delle Piramidi, così lo
chiamavano al Chelsea e nella sua Nazionale, rileva Joaquin e si presenta
scompigliando la tre-quarti di un’Atalanta che chiude con sempre maggiore
difficoltà e che non riparte più come prima. Se si deve fare un appunto a
questo che dalle prime battute sembra un ottimo acquisto per la Fiorentina, è semmai
la sua tendenza ad accentrarsi troppo dandosi inevitabilmente noia con Mario
Gomez. Niente comunque su cui non si possa lavorare, la stoffa c’è, o almeno
così pare.
Ma non basta ancora nemmeno
questo. L’Atalanta è tutta indietro adesso, per passare ed avvicinare le
posizioni alte della classifica ormai ci vuole una prodezza. La regia di questa
partita dev’essere affidata ad un maestro del genere, perché la prodezza arriva
alla fine, e ad opera del protagonista più atteso, oltre che più deputato a
compierla. Alessandro Diamanti detto Alino forse sogna da un mese a questa
parte questo suo primo gol in maglia viola, ha fatto di tutto per segnarlo e se
lo è meritato. Se lo è meritato anche il pubblico del Franchi che non ha mai
smesso di sostenere questa sua squadra viola così stralunata in partenza ma
così capace di ritrovare se stessa di fronte ad uno degli avversari ed in una
delle giornate più difficili.
Su una delle tante ribattute in
area orobica, la palla al trentesimo circa giunge al limite della stessa ad
Alino, che finta il tiro e sterza secco lasciando a sedere due marcatori e si
presenta a tu per tu con il portiere Sportiello. L’estremo difensore atalantino
ha dimostrato anche oggi di essere tutt’altro che uno sprovveduto, ma il
pratese mette a sedere anche lui superandolo con un tocco di interno sinistro a
girare, per ritrovare un precedente di fattura egualmente pregevole del quale
bisogna forse risalire a Roberto Baggio.
E’ fatta? Macché. Montella pensa
a trascorrere i dieci minuti finali dando fiato al match winner Diamanti e una
chance all’altro neo acquisto Aleandro Rosi. Alino si prende la standing
ovation del Franchi, Rosi si prende la fascia e mette in mostra alcune cose
interessanti, forse anche il suo acquisto è stato indovinato dai vituperati
Prade’ e Macia. Ma il regista del match ha in serbo un finale ad effetto, che
più effetto non si può. Colantuono non ci sta a perdere un’altra volta, e mette
dentro Boakye. Il ghanese sfrutta tutta la sua freschezza a sette minuti dalla
fine facendosi trovare solo e libero sul traversone dell’ineffabile Zappacosta,
che taglia a sorpresa una difesa viola immobile come le statue del Bargello.
Sembra finita, e in altri momenti
lo sarebbe stato. Ma questa Fiorentina non ci sta a pagare così salato il
prezzo della propria sbadataggine. Avanti hanno ancora benzina da bruciare,
sulle fasce c’è ancora qualcosa da dire. Su quella destra Mati Fernandez salta
l’uomo per l’ennesima volta e mette in mezzo. Da quella sinistra arriva di gran
carriera l’eterno ragazzo, il capitano Manuel Pasqual, che fa dimenticare
qualsiasi sbavatura odierna e mette dentro il gol dell’apoteosi. Sotto la Curva
Fiesole a festeggiare non ci va solo lui, ma ci va tutta Firenze.
I festeggiamenti del
centocinquantesimo anniversario di Firenze capitale cominciano dunque con una
squadra gigliata che ritrova finalmente il quarto posto, anche se in
coabitazione. Ma soprattutto ritrova se stessa in una versione più equilibrata
e redditizia. Questo Salah promette di essere un altro Savic, arrivato per
combinazione e dimostratosi utile quanto il predecessore. Questo Diamanti
promette di lasciare un segno non solo sul campo e sulla classifica ma anche
nel cuore dei tifosi. Questo Montella sembra trasformato rispetto al
condottiero solitario e inascoltato del girone d’andata. C’è solo da recuperare
il miglior Borja Valero, e di tutte le imprese non pare francamente quella meno
possibile.
In tribuna ride il sindaco
Nardella tra i due fratelli della Valle. Già, oggi c’era anche Diego. La
leggenda vuole che quando lui si siede in Tribuna la squadra vince. Venga più
spesso, patron. Così la Fiorentina allunga la serie, accorcia la classifica e,
last but not least, dà cose più serie da scrivere ai giornalisti e da
commentare ai tifosi.
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