Compie settant’anni il
suffragio universale in Italia. Il voto alle donne fu definitivamente
introdotto nel nostro ordinamento giuridico con decreto luogotenenziale n. 23
del 31 gennaio 1945, che ratificava la proposta del presidente del consiglio il
socialdemocratico Ivanoe Bonomi, capo del governo provvisorio istituito dal
Comitato di Liberazione Nazionale dopo la caduta del Fascismo.
Proprio al Fascismo spetterebbe
in realtà tecnicamente il diritto di paternità per il suffragio femminile nel
nostro paese. Dopo l’esperimento dannunziano a Fiume con la Reggenza del
Carnaro, paradossalmente le cosiddette Leggi Fascistissime del 1925 se da un
lato introdussero una serie di norme gravemente liberticide alle quali si fa
risalire il vero e proprio inizio della dittatura di Benito Mussolini dall’altro
introdussero quale elemento clamorosamente rivoluzionario proprio l’estensione
del voto alle donne, ancorché limitato alle sole elezioni amministrative.
Peccato che quella innovazione che
avrebbe consegnato alla storia il regime con un connotato incredibilmente
progressista e che raccoglieva comunque un’istanza che il liberalismo
post-unitario aveva fortemente disatteso fosse destinata a rimanere lettera
tragicamente morta, poiché ad essa fece seguito a breve scadenza, nel 1928, l’altra norma che aboliva
definitivamente le consultazioni elettorali in Italia, eliminando il diritto
all’elettorato attivo e passivo tanto per gli uomini che per le donne.
Il "programma di San Sepolcro" del 23 marzo 1919 Il Fascismo delle origini prevedeva il voto alle donne |
Toccò quindi attendere la
Liberazione, affinché le forze politiche della rinata democrazia rendessero
effettivo tale diritto, in linea con la Costituzione che ci si stava accingendo
a scrivere e con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo che di lì a
poco le neonate Nazioni Unite avrebbero promulgato. Perfino il Luogotenente del
Regno Umberto di Savoia, di fatto dal 1944 il capo dello stato italiano per l’abdicazione
prima sostanziale e poi formale del padre Vittorio Emanuele III di Savoia, vide
con favore il provvedimento, in quanto riteneva che la componente femminile dell’elettorato
sarebbe stata benevola verso la Monarchia nel referendum istituzionale che di lì
a poco avrebbe avuto luogo.
Dopo il test delle elezioni
amministrative del maggio 1946, le prime in Italia dopo 18 anni, le donne
tornarono a votare insieme agli uomini proprio in occasione della scelta tra
Monarchia e Repubblica il 2 giugno sempre di quell’anno. Il calcolo di Umberto,
nel frattempo diventato Re di maggio, si rivelò sbagliato, le donne
parteciparono al trionfo repubblicano. Il suffragio universale allineò
definitivamente l’Italia al novero delle nazioni politicamente e civilmente progredite
partecipanti alle Nazioni Unite.
Tra queste, era ormai senza
discussione il primato dei paesi anglosassoni, Commonwealth britannico e Stati
Uniti d’America, che avevano acconsentito alla concessione del suffragio
femminile già al termine della prima guerra mondiale. Il movimento delle Suffragette,
nato in Gran Bretagna nella seconda metà dell’Ottocento, era stato fortemente
osteggiato nella patria del liberalismo moderno. Ma alla fine della Grande
Guerra, durante la quale per forza di cose le donne avevano avuto un ruolo
paritario a quello degli uomini nella società civile riorganizzata dal
conflitto, le Suffragette avevano vinto. Anche se il primato storico spetta tuttavia
alla Nuova Zelanda, formalmente sotto la corona britannica ma autoamministrata,
che nel 1893 fu la prima delle colonie di Sua Maestà la Regina Vittoria a
concedere il voto alle donne, seguita poco dopo dalla vicina Australia.
Vignetta satirica dei primi del 900 sulle Suffragette inglesi |
Tra queste date, il 1918, anno in
cui la Madrepatria inglese si allineò a sua volta a colmare la lacuna, ed il
1920, anno in cui le ex colonie americane, gli U.S.A., fecero altrettanto, il
primato di civiltà fu soffiato agli anglosassoni dagli scandinavi. Finlandia,
Svezia, Norvegia e Danimarca ebbero il suffragio universale tra il 1903 ed il
1913. La Turchia di Kemal Ataturk segnò da parte sua un bel punto di
modernizzazione e laicizzazione risultando il primo paese di area musulmana a
concedere il diritto di voto alle donne nel 1926. La Russia bolscevica, tra i
primi atti stabiliti dal nuovo governo dei Soviet in quell’annus mirabilis et
terribilis 1918, adottò proprio quello che estendeva il voto alle donne, in
linea con la dottrina socialista.
La rivoluzione russa fu un
fattore di accelerazione ulteriore per la realizzazione di un sogno, quello
della parità di diritti con l’uomo, che le donne europee ed americane avevano
iniziato a coltivare all’epoca della rivoluzione francese. Fu Robespierre a
porre fine durante il Terrore a qualsiasi dibattito in merito. La Francia
dovette attendere anch’essa la Liberazione dal nazifascismo, nel 1944, allorché
De Gaulle e la quarta repubblica colmarono quella che era stata una vistosa e
grave lacuna delle prime tre.
Le Suffragette inglesi immortalate magistralmente da Walt Disney nel film Mary Poppins |
I francesi a suo tempo avevano
soffocato anche un altro esperimento progressista sul proprio territorio. Nel
1755 Pasquale Paoli aveva dichiarato l’indipendenza della Corsica dalla
Repubblica di Genova e adottato una costituzione democratica che prevedeva un’Assemblea
Nazionale eletta a suffragio sia maschile che femminile, la prima della moderna
storia europea.
Quando conquistarono l’isola 14
anni dopo annettendosela, i francesi revocarono quella costituzione riportando
l’isola stessa a quell’Ancien Regime che vent’anni dopo sarebbe stato spazzato
via dalla Grande Rivoluzione, ma non ancora per le donne. E così, nella civile
Francia che tante volte abbiamo ammirato per i suoi istituti e le sue idee all’avanguardia,
le donne finirono ad avere il diritto di decidere del proprio destino soltanto
pochi mesi prima delle loro cugine italiane.
Anche la rivoluzione americana si
dimenticò delle donne. Nel 1776, mentre a Philadelphia il Congresso dichiarava
l’indipendenza e la libertà di tutti gli uomini (di razza bianca) nati sul
suolo americano, solo lo Stato del New Jersey volutamente omise di specificare
che quel diritto era riservato alla componente maschile. Per vent’anni le donne
del New Jersey poterono votare, anche se con consistenti limitazioni. Finché
nel 1807 quel diritto fu emendato, ma in negativo.
Dopodiché, se gli americani di
origine africana dovettero aspettare Lincoln e la Guerra Civile per essere
riconosciuti uomini, liberi, americani e soggetti di diritto, le donne di
qualsiasi colore dovettero attendere Woodrow Wilson e la Grande Guerra. L’Inutile
Strage almeno a questo si rivelò utile: dopo il 1918 il mondo non fu più lo
stesso per nessuno. Ma soprattutto diventò un posto più vivibile per le donne,
che con il diritto di voto poterono quasi dappertutto iniziare la loro scalata
effettiva alle pari opportunità.
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