A quanto pare quella di ieri sera
non sarà l’ultima volta che la Fiorentina sale a Basilea in questa stagione.
Almeno in linea teorica, i ragazzi viola imponendo alla capolista del girone di
qualificazione questo pareggio che va addirittura stretto e che tuttavia è
stato anche sofferto si sono guadagnati il diritto di proseguire lungo la
strada che a maggio porterà due squadre a giocarsi l’Europa League ancora qui,
a Sankt Jakob Park.
Come dice Confucio, lungo la
strada due sono gli errori che si possono commettere: non cominciare e non
andare fino in fondo. Negli ultimi anni la Fiorentina si è guadagnata in pianta
stabile il diritto di partecipare alla competizione europea, cominciandola
almeno quattro volte e fermandosi però nelle migliori occasioni appena prima
dell’atto conclusivo. Quest’anno per come si era messa sembrava addirittura che
arrivare in fondo fosse una chimera, che addirittura rispetto ai tempi
controversi di Montella (“noi siamo questi”, ricordate?) avessimo fatto un
considerevole passo indietro.
Già, Vincenzo Montella. Chissà se
il tecnico di Pomigliano d’Arco alla fine non andrà riabilitato, con i suoi
turnover preventivi e le sue scelte tecniche tanto repentine e drastiche da
apparire a volte assolutamente azzardate. Vien fatto di pensare che quando mise
fuori squadra Facundo Roncaglia dall’oggi al domani sapesse comunque il fatto
suo. Stamattina è inevitabile unirsi al tormentone di giornata, quel “a
Roncaglia è partito l’Embolo” che sdrammatizza opportunamente un episodio che
poteva costare alla Fiorentina ben più dei due punti lasciati in Svizzera.
Verrebbero in mente altre battute, tipo quella del “cervello A.B.NORME in un
armadio di due metri e mezzo” che fece la fortuna del Frankenstein Junior di
Mel Brooks, uno che dalla sua panchina, o meglio dalla sua sedia di regista,
non ha mai sbagliato una partita.
Tira un bel sospiro di sollievo
Paulo Sousa. Non solo perché esce da Sankt Jakob con un risultato che alla luce
anche del pareggio tra Poznan e Belenenses gli richiede soltanto una facile
vittoria nell’ultimo turno casalingo contro i portoghesi per ottenere la
qualificazione (con il rischio “biscotto” scongiurato dalle possibili
combinazioni di risultati rimaste). Ma anche perché questo suo ritorno sulle
rive del Reno – un ritorno che a quanto è stato dato di vedere lo angustiava
parecchio – si conclude con un’uscita dal campo a testa alta. Sia per lui che
per la società Fussballclub Basel 1893, con la quale si era lasciato in modo
non proprio idilliaco a giugno scorso, proprio per venire a Firenze.
Il mister portoghese stavolta
mette in campo quelli che sa essere i migliori. Come detto più volte, gli
uomini su cui può fare affidamento per “dipingere le magnifiche sorti e
progressive” della Fiorentina sono 14 o 15. Tra questi, fino a ieri sera
comprendeva sicuramente il prode Facundo. Dopo la gomitata galeotta ad Embolo e
la squadra ridotta in dieci per più di un’ora, sarà curioso – e al limite anche
preoccupante – vedere se riva all’Arno ci sarà ancora spazio per le
“roncagliate”.
La Fiorentina gioca per mezz’ora
una partita di spessore tecnico considerevole, dimostrando due cose: che i
valori tecnici in campo parlano chiaro, la leadership del girone di Europa
League – come quella del resto del campionato italiano – sarebbero sue senza discussione
se solo fossero eliminati alcuni passaggi a vuoto, soprattutto casalinghi; e
che attualmente non può assolutamente prescindere da tre uomini: il Borja
Valero attuale, detto “mattonella” perché non gli levi il pallone dai piedi
nemmeno mettendogli addosso uno come Roncaglia, il Nikola Kalinic su cui
purtroppo mezza Europa sta mettendo gli occhi addosso (soprattutto quel Chelsea
con cui ultimamente ci sono stati fin troppi intrecci di mercato pericolosi),
il Federico Bernardeschi da Carrara, il ragazzo che gioca guardando quelle
stelle che anni fa qui a Firenze furono cucite sulla maglia numero dieci e che
ogni giorno che passa vede da sempre meno lontano.
Federico in questo momento è
l’uomo ovunque. I suoi vent’anni non richiedono turnover di sorta, lui gioca
come giocavano gli olandesi quarant’anni fa, in difesa, a centrocampo ed in
attacco. E’ il calcio totale in una sola persona, e di livello tecnico
notevole. Il primo gol della Fiorentina ieri sera se l’avesse segnato Messi su
passaggio di Iniesta ci verrebbe riproposto in TV per secula seculorum. Invece
lo segna lui su assist altrettanto splendido di Borja Valero e per un attimo ai
tifosi viola venuti fino quassù ed a quelli rimasti a casa sembra di essere al
Nou Camp, senza esagerazioni.
Peccato che la gioia duri poco. A
Facundo parte l’Embolo. L’arbitro slovacco Ivan Kruzilak non ha motivo per
graziarlo. La Fiorentina, che comunque lamenta un rigore non concesso al terzo
minuto per fallo di mano, si ritrova con l’uomo in meno. Entra Nenad Tomovic
per Ilicic, non è il mitico cambio Baggio-Marcheggiani di Arrigo Sacchi ai
Mondiali USA 94, è un atto pressoché dovuto. E la Fiorentina sul momento non
risente della perdita dello sloveno in avanti. Kalinic crea, Bernardeschi
trasforma, è il 36’,
2-0 e palla al centro.
Marcia trionfale per Sousa?
Serata in discesa? Macché, nemmeno per sogno. Due minuti dopo quando parte il
traversone di Zuffi, Embolo e altri due suoi compagni sono in netto fuorigioco,
ma arbitro e guardalinee non se ne accorgono. Sepe fa un miracolo sul
fantasista camerunense naturalizzato elvetico, ma sulla ribattuta di Suchy non
può niente. Finisce il primo tempo sul 2-1, ma fosse stato un 3-0 per i viola
nessuno avrebbe potuto gridare allo scandalo.
La ripresa trascorre con la Legione
Viola che cerca di stringere i denti resistendo alle folate del Fussballclub
Basel ed alle decisioni arbitrali sempre virate al casalingo. Il fallaccio di Janko
su Gonzalo in particolare dovrebbe riequilibrare le sorti numeriche del match,
ma Kruzilak ha una serata come quella di Roncaglia e ignora. Alonso sfiora il
3-1 con una delle sue punizioni di quest’anno. Suchy compie fallo da ultimo
uomo su Kalinic, ma resta anche lui in campo.
Un minuto dopo, il pareggio
svizzero. La fortuna stasera non aiuta gli audaci, ma nemmeno i pirla recidivi.
Qualcuno spieghi a Sousa (e a buona parte degli allenatori moderni) che sui
calci d’angolo si tiene sempre un uomo al limite dell’area a spazzare via,
evitando tiri in perfetta solitudine e comodità come quello di El Neny. Che
costa alla Fiorentina, la squadra che non pareggiava mai, il secondo pareggio
consecutivo, dopo quello maturato domenica scorsa grazie ad analoga prodezza
dell’empolese Buchel.
Cosa fai, ti metti a
sottilizzare? Portiamo a casa questo pareggio, la Fiorentina per quanto ha
potuto ha giocato davvero bene, facendo fare bella figura al suo Mister e a
tutta Firenze. Basta soltanto non farsi venire tentazioni di turnover tra una
settimana con il Belenenses, e a febbraio saremo ancora qui, pronti a riprendere
la strada che (ri)porta a Basilea. Con il Mister che non dovrà più preoccuparsi
dell’accoglienza del Sankt Jakob almeno per altri sei mesi, e potrà riprendere
il suo discorso tecnico - finora pregevole - con la testa sgombra. Nel
frattempo qualcuno dia il sedativo, “sedadabo” o quello che è a Facundo
Roncaglia.
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