Non
ci sono precedenti ufficiali per la Fiorentina contro il Frosinone, ma
ce ne sono diversi in questo genere di partite, dove è ammesso un
risultato solo: la vittoria. La Roma ha fatto flop a San Siro, facendosi
superare dall’Inter. La Fiorentina ha di fronte un turno di campionato
sulla carta giudicato facile, un assist per tornare subito in testa alla classifica, a pari merito con i nerazzurri.
Il Frosinone è una di quelle squadre che secondo l’immaginifico presidente Tavecchio in serie A non ci dovrebbero nemmeno stare. A conferma, si è presentata andando a pareggiare in quel di Torino contro i campioni d’Italia della Juventus, pur nella versione per ora assai dimessa di questi ultimi in questa stagione. Ha continuato poi rendendo dura la vita a Roma e Lazio.
Insomma, tavecchiate a parte, questa è una di quelle partite dove chi ha i favori del pronostico ha tutto da perdere, e soltanto da perdere. Se vinci hai fatto il tuo dovere, se perdi fai un botto più forte che a Capodanno. Una partita che ha in sé più veleno di un cobra, nascosto tra i suoi umori. Scendi in campo per regolare una Pistoiese, un Pescara. Per di più a mezzogiorno e mezzo, “sbrighiamoci che ci s’ha le paste su i’foho”, recitava uno splendido striscione qualche tempo fa. E invece la prendi sottogamba e quelle regolano te. E addio sogni di gloria, almeno in questo caso.
Il Frosinone è una di quelle squadre che secondo l’immaginifico presidente Tavecchio in serie A non ci dovrebbero nemmeno stare. A conferma, si è presentata andando a pareggiare in quel di Torino contro i campioni d’Italia della Juventus, pur nella versione per ora assai dimessa di questi ultimi in questa stagione. Ha continuato poi rendendo dura la vita a Roma e Lazio.
Insomma, tavecchiate a parte, questa è una di quelle partite dove chi ha i favori del pronostico ha tutto da perdere, e soltanto da perdere. Se vinci hai fatto il tuo dovere, se perdi fai un botto più forte che a Capodanno. Una partita che ha in sé più veleno di un cobra, nascosto tra i suoi umori. Scendi in campo per regolare una Pistoiese, un Pescara. Per di più a mezzogiorno e mezzo, “sbrighiamoci che ci s’ha le paste su i’foho”, recitava uno splendido striscione qualche tempo fa. E invece la prendi sottogamba e quelle regolano te. E addio sogni di gloria, almeno in questo caso.
Paulo
Sousa è un uomo di coraggio, l’abbiamo scritto più volte. Ed è un uomo
che ci crede. Innanzitutto alla possibilità di giocarsela su tutti i
fronti. L’Europa League non è ancora persa, giovedi a Poznan la
Fiorentina può recuperare molto di quello che ha sperperato finora in
casa propria. Il calcolo del mister è semplice, lapalissiano. Stavolta
le “riserve” le schiera subito, magari motivate come solo lui sembra
saper fare, ad affrontare questo cobra velenoso sotto le mentite spoglie
di una matricola votata alla sconfitta. Gli altri, i titolari, andranno
tenuti in serbo per il freddo autunno polacco. Per non far diventare
subito ancora più fredda una annata che è partita con il tepore delle
migliori promesse.
E quindi, Tatarusanu, Tomovic, Gonzalo,
Roncaglia, Pasqual, e fin qui – attesa per il rientro di Alonso a parte –
più o meno siamo nella norma. Poi, Mati Fernandez, Mario Suarez, Milan
Badelj, Khouma Babacar, Borja Valero, Ante Rebic. Se tutto va bene,
mister sugli scudi, dimenticati Prandelli e Montella, Sousa è il più
grande. Ma se le cose vanno male, immaginarsi le critiche. Che a Firenze
basta poco ad innescare, anche nelle migliori annate.
No, Paulo
Sousa ha gli occhi della tigre. Dovunque ha allenato si è fermato poco,
mai più di due anni (e questa è una preoccupazione che hanno, alla
Fiorentina). Poi, se n’è andato via, ma dopo aver vinto (e questa è una
speranza che hanno non soltanto alla Fiorentina ma anche in tutta la
tifoseria). Paulo Sousa è uno che guarda lontano, quel primo posto lo
rivuole e vuole tenerselo. La Fiorentina le ha affrontate quasi tutte,
quelle forti o presunte tali. E francamente nessuna è stata più forte di
lei, a parte i risultati. Paulo Sousa quindi oggi gioca per vincere e
tornare capolista.
Appena l’arbitro fischia, Paulo Sousa trova anche
il ruggito della tigre, e per tutta la partita non darà tregua ai suoi
ragazzi, incitandoli ad una intensità di gioco che rasenta a tratti il
parossismo. Anche quando il risultato ha assunto contorni tali da
ridurre questa partita ad un match infrasettimanale di allenamento ai
Campini.
Si parte, e sembra tanto di dover riassistere ad un nuovo
Baba Day. Nel primo quarto d’ora il senegalese naturalizzato viola
potrebbe segnare almeno tre volte. Nella prima occasione viene
trattenuto in modo sospetto, nelle altre due il portiere Zappino fa un
miracolo e tre quarti: la prima volta para d’istinto sul suo palo, la
seconda smanaccia Dio solo sa come una deviazione da un metro diretta sotto
la traversa.
Non c’è tempo di disperarsi, né di paventare strani
timori di reincarnazione di un certo Pescara che aveva in porta Mattia
Perin. Alla metà del primo tempo, le preoccupazioni volano via spazzate
come le nuvole in cielo dal tramontano di questi giorni. C’è un altro
che vuole tanto vivere la sua giornata. Ante fa rima con Dante, e a
Firenze ciò non è poco. Il giovane Rebic si trova una palla in area con
cui si può fare di tutto, crossare o tirare. Per non saper né leggere né
scrivere il croato fa tutt’e due. Ne viene fuori una parabola che
sembra una pennellata di Giotto e che carambola alle spalle di Zappino.
Lassù qualcuno continua ad amarci (anche perché forse c’era prima un
rigore per il Frosinone), o perlomeno a non detestarci più come in
passato.
Da quel momento, vuoi per aver sbloccato il risultato vuoi
per gli urlacci della Tigre Sousa dal ponte di comando, la Fiorentina
comincia a giocare sul velluto. E quando questa squadra può giocare sul
velluto non perdona. Passano cinque minuti e Mati Fernandez va a battere
sulla sinistra del fronte d’attacco una punizione delle sue. Una di
quelle che prima di lui avevamo visto battere l’ultima volta nientemeno
che a Manuel Rui Costa. Il tiro è ad effetto, una rasoiata che
entrerebbe forse in porta da sola ma che Gonzalo Rodriguez vede bene di
correggere in rete con un colpo di tacco. Oggi si segnano soltanto gol
da cineteca.
Due minuti e Diakité (si, proprio lui, quello che
insieme a Richards faceva tanto disperare Montella quando doveva
assegnare le maglie ai difensori titolari) tira giù in area un Mati
Fernandez oggi in netta ripresa. Rigore netto. Sul dischetto va Babacar
che vuole a tutti i costi il suo spicchio di gloria. E che ti inventa?
L’avevamo visto fare solo un paio di volte, a gente che si chiama
Francesco Totti o Adrian Mutu. D’accordo, l’occasione non è certo una
finale mondiale, ma insomma fare un cucchiaio su un rigore davanti ad
uno stadio che ancora non ha deciso se sei un campione o no, è roba da
coraggiosi. La fortuna oggi aiuta i coraggiosi, 3-0.
E’ finita?
Macché. Siamo al 42’ ed è il momento per un altro figliol prodigo di
cominciare a tornare alla casa viola. Mario Suarez prende palla sulla
tre quarti avanzata d’attacco e dopo una finta di quelle che al suo
paese fa soltanto Iniesta lascia partire una fucilata che stende Zappino
per la quarta e definitiva volta. Si va al riposo con un risultato
rotondo che sembra facile soltanto adesso che è stato conseguito, e con
tanto bel gioco negli occhi. A questo punto ognuno può scegliere: andare
a togliere le paste da i’foho, o restare ad assistere ad un allenamento
della Capolista.
A chi resta, tocca vedere la sostituzione
nell’intervallo di Babacar con Verdu (pare soltanto lieve contrattura
per il centravanti), e quella di Roncaglia con Giuseppe Rossi. Resa
possibile quest’ultima – al pari dell’esordio del giovane Lezzerini al
posto di Tatarusanu – dal fatto di aver ampiamente chiuso la partita.
L’ultima mezz’ora trascorre con i tentativi viola di far segnare Pepito,
una prodezza di Verdu, ed un gol della bandiera del Frosinone segnato
da Frara, che tutto sommato appare anche meritato perché i laziali non
si demoralizzano e continuano la loro dignitosa partita fino alla fine.
La Fiorentina può andare a pranzo nuovamente prima in classifica. E
disporsi ad aspettare i prossimi decisivi ma non proibitivi impegni con
rinnovata consapevolezza. Giovedi una classifica rimasta non proprio
ostile malgrado le castronerie fatte in casa può essere rimontata con
una vittoria sul terreno degli ultimi in classifica del campionato
polacco. Domenica c’è la Sampdoria che con tutto il rispetto non pare
più quella di Mihajlovic. Due sconfitte in altre circostanze devastanti
come quelle subite immeritatamente contro Napoli e Roma sono state
assorbite con la facilità di chi sta acquistando coscienza della propria
forza giorno dopo giorno.
Gli occhi di Paulo Sousa, quando non
lampeggiano inquietanti come quelli della tigre, dicono una cosa sola:
giochiamocela. Fino in fondo.
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