Per la Fiorentina, in
questo girone di andata, vale la Legge di Murphy a rovescio: se qualcosa può
andar bene, lo farà. E’ andata bene anche oggi, e soprattutto va bene la sosta
che arriva a chiudere questo 2015 con i viola al secondo posto, in gran parte
per merito e un po’ anche per fortuna.
Avversario di giornata è il
Chievo, provinciale terribile di default e assai di più adesso che viene da una
striscia di risultati positivi e da una condizione invidiabile. Il contrario
della Fiorentina, che viene dalla peggior settimana della stagione e che mostra
una grande stanchezza di testa, alla quale si stanno gradualmente allineando
anche le gambe. C’è il rischio di lasciare sul terreno di gioco altri punti,
come già accaduto con Empoli, Sassuolo e Juventus. Punti che a questo punto –
ci si perdoni il bisticcio di parole oltre che l’accostamento dei Campioni d’Italia
alle provinciali – potrebbero risultare fatali, con l’Inter in fuga e le altre
che non mollano un colpo.
Paulo Sousa in settimana è stato
chiaro su tante cose, dalla situazione della squadra a quella di alcuni
singoli, in primis il ragazzo prodigio in difficoltà Giuseppe Rossi. Il rischio
è che sia stato fin troppo chiaro, in un ambiente tradizionalmente delicato
come quello viola. Anche Marcos Alonso è stato abbastanza chiaro, rifiutando
(per ora) un rinnovo al raddoppio del contratto che è probabilmente il massimo
che la Fiorentina attualmente può offrirgli. Si prepara un nuovo tormentone
primaverile, in una società ed in una tifoseria che non se li è mai fatti
mancare, per la verità.
Comunque sia, in campo contro l’unico
quartiere di Verona con cui la Fiorentina non è gemellata vanno i soliti
undici, i fedelissimi. Gli altri si accomodano in panchina. Tutti hanno nello
sguardo la luce giusta, o così sembra. La patria viola è in difficoltà e deve
essere salvata da una prestazione senza discussioni, nel gioco e nel risultato.
A prescindere dal Chievo, dai mugugni interni ed esterni e dall’attenzione di
tutti fatalmente attirata – se non spostata – dalle imminenti vacanze di Natale
e dal successivo mercato di riparazione di gennaio, durante il quale proprio la
Fiorentina pare che avrà da riparare malgrado tutto diverse cosette.
Difesa a 3 con Roncaglia al posto
di Tomovic e Astori ormai inamovibile a fianco di Gonzalo. Centrocampo a
quattro con Alonso schierato a sinistra, Bernardeschi a destra, Badelj e Vecino
nel mezzo. Due trequartisti, Borja Valero e Ilicic, e un’unica punta Kalinic.
Alla fine i numeri della partita diranno tante cose. Pochi attacchi sulle fasce,
l’80% delle penetrazioni viola avverrà al centro dove la difesa clivense fa
mucchio e randella senza remissione.
Alonso a sinistra va via una
volta sola, all’inizio, e se il suo cross al centro fosse un po’ meno violento
arriverebbe giusto sui piedi del centravanti croato. La partita offensiva dell’aspirante
blaugrana finisce praticamente lì, quella di Bernardeschi dall’altra parte dura
molto di più ma con Dainelli, Gamberini e Gobbi – la Sagra dell’Ex - si passa male e si prendono anche tante botte.
Nel mezzo, si nota subito come la condizione calante di Borja e Ilicic li porti
a giocare un capellino meno di prima intenzione. Ed è sempre un capellino
fatale, il passaggio smarcante parte sempre con un attimo di ritardo, quanto
serve al Chievo per schierarsi.
Il Chievo ha appreso la facile
lezione impartita da Empoli, Sassuolo e perfino Juventus (absit iniuria
verbis). La Fiorentina va aspettata dietro e colpita in ripartenza. La prima
parte è facile, la seconda un po’ meno per gli uomini di Maran. Che
concluderanno il secondo tempo con una fila di zero nelle caselle dei tiri in
porta, dei tiri comunque siano, degli assist e dei calci d’angolo nonché con una
percentuale di possesso palla irrisoria.
Anche la Fiorentina però ha vita
dura sulla tre quarti d’attacco. Ci
vuole la prodezza individuale, o la sciocchezza avversaria. Arrivano tutte e
due. Dapprima Bernardeschi taglia dentro per Kalinic che arriva sulla palla con
timing perfetto e tira senza pensarci su. Non sarebbe un tiro irresistibile, ma
Bizzarri appartiene a quella generazione di portieri a cui certi fondamentali
nessuno li insegna più. Si piega a parare il pallone a gambe aperte, lasciando
un varco fatale. Fiorentina in vantaggio. Presto per dirlo, ma il più oggi è
fatto. Grazie, dottor Murphy.
Anche Tatarusanu difetta in
alcuni fondamentali, tra cui la gestione del pallone su retropassaggio dei
compagni. Anche oggi i suoi rilanci abbassano considerevolmente la temperatura
di un Franchi altrimenti soleggiato, gelando il sangue agli spettatori. Chi
invece ha il piede caldo al punto giusto è Josip Ilicic, che vuole contendere a
tutti i costi il titolo di cannoniere all’altro IC venuto dalla Croazia. Gran
tiro in corsa parato da Bizzarri e gran tiro su punizione che manca il sette di
un millimetro. Ma la Legge di Murphy a rovescio oggi si applica anche a lui. Al
32’ ha il tempo di aggiustarsi la palla sul piede benedetto, il sinistro, e
stavolta Bizzarri la vede in fondo alla rete.
Il tempo finisce con alcune
pregevoli azioni viola che non producono effetti soltanto perché la corsa e la
lucidità non sono più quelle di qualche domenica fa. Si rientra in campo con un
Chievo determinato a far vedere di esserci anch’esso. I primi minuti sono moderatamente
preoccupanti perché la Fiorentina può solo difendersi, e con qualche
difficoltà. Per fortuna che viene fuori l’altro aspetto di questo Chievo, vera
e propria squadra a spartiacque: durissima da superare fino al primo gol,
incapace di riprenderti dopo aver subito quel primo gol stesso.
Malgrado il sole sia tramontato
dietro la Curva Ferrovia, i ragazzi di Maran riusciranno a produrre in tutta la
ripresa un paio di tiracci ribattuti in mischia da compagni e/o avversari. Mai
una conclusione veramente pericolosa che consenta al nostro Ciprian Tatarusanu
di riscattare le magre recenti. Meglio così, il tempo passa senza troppi
patemi, ma soltanto con la sofferenza indotta dalla fatica con cui i ragazzi di
Sousa cercano di imbastire azioni di contropiede chiamando a raccolta energie
che evidentemente non ci sono quasi più. Alonso ha l’indicatore della benzina
in rosso, Borja Valero anche (pur nascondendolo con mestiere), Bernardeschi
regge un po’ di più giusto perché ha vent’anni. Meno male che gli altri tengono
tutti botta, in mezzo e dietro. Qualcuno la botta la prende anche. Ilicic dopo
una testata sulla cervicale deve lasciare il posto a Mati Fernandez. Il cileno
si rivelerà propizio per addormentare una partita che di brillante aveva già
poco.
A dieci minuti dalla fine, Borja
Valero si rende conto che si può anche tirare dalla distanza senza tentare di
entrare in porta con il pallone. Gran tiro e grande Bizzarri in risposta, così
come su Vecino pochi minuti dopo. Certo che se lo spagnolo avesse osato qualche
conclusione in più nella sua carriera sarebbe stato un giocatore veramente completo
ad altissimi livelli e Del Bosque avrebbe avuto vita davvero difficile come
selezionatore iberico.
La standing ovation del Franchi
quando esce se la merita comunque appieno. Mario Suarez entra al suo posto a svolgere
il compitino di tenere insieme i reparti, cosa a cui assolve degnamente. Se c’è
malumore tra quelli del “secondo livello” oggi non si nota, tutti fanno il
proprio dovere remando verso il secondo posto in classifica. Perfino le
telecamere di Sky smettono di cercare Pepito Rossi che ad un certo punto aveva
cominciato il riscaldamento per poi tornare a sedersi in panchina.
Finisce il 2015 con la Fiorentina
al secondo posto a pari merito con il Napoli, due punti avanti alla Juve e tre
alla Roma. Stasera l’Inter dirà al campionato se continua la fuga o meno. Per restare
alle cose di casa nostra, pare di poter dire che nel bene e nel male questa
Fiorentina ha fatto se non un miracolo almeno gli straordinari a concludere l’annata
dov’è adesso. Adesso i giocatori sono attesi da un riposo sicuramente meritato
ed altrettanto sicuramente necessario, mentre la palla passa alla società che
tra pochi giorni torna al mercato. Da cosa sono attesi Prade’ e compagni non c’è
bisogno di ripeterlo.
Ci si creda o no, scudetto
significa non dover mai dire mi dispiace.
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