C’è chi sostiene che statisticamente
le soste di campionato non fanno bene alla Fiorentina. C’è chi invece pensa che
siano le sessioni di calciomercato a far del male alla squadra viola. Per non
parlare delle battaglie in Lega Calcio ed in Confindustria, da quelle –
ritengono in molti – Firenze calcistica ne esce sempre con le ossa rotte.
Dove eravamo rimasti? Ah, si,
alle lacrime di Omar Gabriel Batistuta, il più grande centravanti del mondo negli
anni novanta, commosso e orgoglioso di aver visto finalmente certificato il suo
posto nella storia della Fiorentina dall’inserimento nella Hall of Fame.
Lacrime accompagnate da quelle del figlio Lucas, che in cuor suo sogna
giustamente di ripercorrere le orme del padre, cominciando proprio da qui, da
Firenze.
Sono gli ultimi ricordi felici ed
emozionanti, assieme ai lampi scagliati contro la malcapitata Inter. Poi la
sosta azzurra, che ci è servita per ammirare un Alberto Aquilani forse unico
giocatore italiano in grado di poter aspirare a raccogliere nell’immediato l’eredità
di Andrea Pirlo ed un Federico Bernardeschi forse unico giovane italiano in
grado di poter aspirare un giorno a raccogliere l’eredità di Alberto Aquilani.
Incassate le vittorie sofferte della Nazionale al cospetto ormai consueto del
consigliere federale Claudio Lotito, ecco di nuovo il medesimo in qualità di patron
della Lazio accompagnare la sua squadra al Franchi per una ripresa di
campionato che metteva di fronte due presunte parigrado, aspiranti al famoso
terzo posto in Champion’s League, dati per scontati i primi due.
Si può girare intorno a questo
0-2 casalingo subito dai viola contro i biancocelesti come si vuole, in fondo
la carne al fuoco è tanta. Ma è bene dire subito, per prima cosa, che della
quattro vittorie esterne ottenute a Firenze dalla Lazio negli ultimi cinque
anni questa di oggi è senz’altro la più netta. Nel primo tempo i romani
appaiono decisamente più forti dei fiorentini. Nella ripresa i padroni di casa
si ricordano chi sono, o forse chi erano, e aggrediscono gli ospiti con ben
altro piglio, sfiorando il pareggio – mancato anche per sfortuna ed alcune
pessime decisioni arbitrali – prima di capitolare nel finale per la seconda
volta, grazie ad un contropiede micidiale di Candreva e Lulic che sanciscono
tre punti meritati per la loro formazione.
Nell’arco dei novanta minuti si
potrebbe dire un tempo per parte, ma la Lazio ha ben altra consistenza sotto
porta, Djordjevic in occasione del primo gol scherza addirittura Gonzalo Rodriguez
(e fa capire perché un Miroslav Klose vada in panchina). Per i viola invece due
sole occasioni clamorose, ed un altro paio che potevano avere miglior fortuna,
anche se invocare la fortuna in queste partite può sembrare eccessivo.
Al 33’ minuto, poco prima che la
Lazio faccia saltare il banco, tocca alla Fiorentina sfiorare il colpaccio con
un colpo di testa da biliardo di Babacar (generosissima partita la sua, e non
fortunatissima) che esce di pochissimi centimetri. Gli Dei dicono Lazio un
minuto dopo, e c’è poco da recriminare. Nella ripresa, il forcing viola
meriterebbe un premio al 10’, allorché Aquilani da solo rimborsa interamente il
prezzo del biglietto con un gesto tecnico che – senza tema di smentita –
avevamo visto fare finora soltanto ad Edson Arantes do Nascimento, in arte
Pelé. E per giunta in un film, Fuga per
la vittoria, e non in un match vero. Il colpo in rovesciata dell’Aquila si stampa sul palo e vale per la
Fiorentina la consapevolezza che la salita oggi è insormontabile. Per il numero
dieci viola vale invece la consacrazione a fuoriclasse qual è fin dai suoi
esordi, secondo solo nel suo genere al concittadino Francesco Totti.
Poi è Babacar a togliere di porta
involontariamente un gran tiro di Marcos Alonso. E infine è il sig. Peruzzo a
rovesciare cinque-sei decisioni, una delle quali almeno in area di rigore,
assegnando il fallo alla Fiorentina e la punizione alla Lazio. Ma come per la
fortuna, in partite del genere recriminare contro l’arbitraggio può sembrare
eccessivo. In un caso però la decisione del direttore di gara appare
francamente sbagliata, oltre che determinante. L’entrata di Radu su Cuadrado è
da codice penale, vale il rosso diretto e le conseguenti quattro giornate di
squalifica, oltre che i minuti finali in dieci per la squadra di Stefano Pioli.
Che invece può tirare un sospirone di sollievo ed esultare alla fine allorché
una Lazio esausta e non più capace di far gioco trova però ancora le energie
per scattare in contropiede ed andare a beffare avversari che avevano ritrovato
il pallino del gioco e nello stesso tempo la consueta inconcludenza dalla tre quarti
in su.
Cuadrado contro Lulic |
Si può girare quanto si vuole
attorno a questo risultato. Difficile però non sottolineare che per ora la
scommessa della società di Viale Manfredo Fanti di riproporre la stessa squadra
dell’anno scorso con alcuni innesti di valore in panchina non stia pagando.
Gomez e Rossi sono già fuori, in largo anticipo sul 2013-14, Babacar e
Bernardeschi sono peraltro tra le poche note positive di questa stagione. Ma
sono troppi i titolari degli ultimi due anni che non sono all’altezza di se
stessi, prima ancora che della Fiorentina. Gonzalo sta giustificando a
posteriori le scelte mondiali del selezionatore argentino, Borja Valero continua
a mettere in campo più buona volontà che estro, Mati Fernandez non sfonda,
Kurtic si sta rapidamente incartando su se stesso, Pizarro sente i suoi anni
arrivargli addosso tutti insieme.
Poi c’è Ilicic, titolare quasi
fisso di questa Fiorentina post-Corvino. Qualcuno rimpiange l’ex diesse viola
pugliese, qualcuno invece si chiede se un acquisto così sbagliato e pagato a
caro prezzo ha precedenti nella gestione precedente a quella di Prade’ e Macia.
E’ un dibatitto che francamente serve a fare accademia, per ora l’unico
soddisfatto dell’affare Ilicic è e non può essere altri che Zamparini. Lo sloveno
non ha né il passo né la lucidità di un giocatore di serie A italiana, il
confronto con i velocissimi ed estrosi centrocampisti della Lazio è quanto mai
impietoso.
Infine, Montella. Facendo la tara
alle illazioni che vogliono il mister di Pomigliano d’Arco in procinto di
riavvicinarsi a casa, è giusto dire che non lo abbiamo mai visto così fuori
sintonia da squadra e società come adesso. Se anche la campagna acquisti o
altre scelte societarie non lo hanno soddisfatto, se in qualche modo la spinta
propulsiva del progetto dei Della Valle gli è venuta meno – come venne meno a
Cesare Prandelli – resta da capire che soluzione rappresenti la sostituzione di
Babacar con Ilicic, in una partita già in salita come una tappa del Giro con
arrivo sul Mortirolo. O quella di Aquilani con Bernardeschi. Come se far
giocare insieme il “vecchio” ed il “giovane”, gli unici che danno del tu al
pallone a velocità sufficiente sulla tre quarti viola, fosse stata un’eresia
tecnico-tattica.
A pensar male, diceva il compianto
senatore Andreotti, si fa peccato ma spesso ci si indovina. Certe scelte di
Montella e più ancora certe sue sostituzioni sembrano fatte apposta per mettere
in mora la sua società. Vorremmo tanto sbagliarci, a cominciare dalla prossima
partita. Anche perché di fronte c’è il Milan, e non è più il caso di scherzare.
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