16 agosto 2014, la Fiorentina
batte il Real Madrid in una amichevole di lusso a Varsavia mettendo in mostra
gioco e personalità. Ha appena saputo di dover rinunciare nuovamente al
fuoriclasse Giuseppe Rossi per un periodo di tempo non meglio definito, ma
l’euforia (legittima) per la prestazione appena offerta contro le “merengues” è
tale da autorizzare tifoseria e addetti ai lavori a liquidare questa avversità
come un contrattempo quasi da niente, con la classica alzata di spalle e poco
più. Tra l’altro, i ragazzi terribili Berna e Baba sembrano arrivati con le
loro belle prestazioni al momento giusto, Rossi faccia con calma, tanto
quest’anno siamo coperti.
19 ottobre 2014, sono passati
appena due mesi e della Fiorentina che aveva autorizzato sogni di gloria e
proclami di superamento del limite storico del quarto posto nell’Era Della
Valle sembra non essere rimasto più niente, tutto spazzato via dal nuovo
infortunio dell’altra punta di diamante Mario Gomez e da prestazioni in
campionato tali da far pensare che il mondo sia andato esattamente in direzione
contraria a quella sperata: noi siamo rimasti quelli dell’anno scorso, infortuni
e mancanza di soluzioni alternative compresi, gli altri invece si sono
rafforzati, e non solo in vetta.
Nel primo anniversario di quello
che fu forse il successo più prestigioso dell’attuale gestione viola, il 4-2 in rimonta alla Juventus di
Antonio Conte che dette il via al bel campionato della passata stagione (e
autorizzò qualcuno a parlare di anno zero, con l’introduzione di un nuovo
calendario in cui gli anni si contano da quel giorno, siamo adesso nell’Anno Uno Era Post 4-2), il clima che
filtra dalle stanze della società di Viale Manfredo Fanti è tutt’altro che di
festa. Neanche tra i tifosi si respira aria di idillio, mettiamola così. Siamo
a fine ottobre, la classifica comincia a far preoccupare e la pazienza a
finire.
La Lazio domenica ha compiuto
l’ennesima scorreria al Franchi senza tutto sommato dannarsi l’anima più di
tanto, appena un po’ di più che nella scorsa stagione. La squadra allenata da
Vincenzo Montella, e da lui messa in campo con le consuete cervellotiche
decisioni che sembrano caratterizzare questo anno di grazia 2014-15, è parsa
quella che aveva stentato a sfondare sulla tre quarti offensiva con Genoa e
Sassuolo (con l’Inter aveva semplificato la vita l’eurogol di Khouma El Babacar),
con in più l’aggravante della supponenza difensiva a fronte di attaccanti di
livello superiore. Mauri, Djordjevic, Lulic stavano a Rodriguez, Savic e
compagnia bella come il coltello al burro. I cambi poi, Ilicic per Babacar e
Bernardeschi per Aquilani, hanno fatto pensare ad un mister desideroso di
rivitalizzare il vecchio slogan anarchico del ventesimo secolo, “tanto peggio
tanto meglio”. Risultato, una débacle contro i biancocelesti che va ben al di
là sia del risultato che dei veri o presunti torti arbitrali.
In serata poi un Andrea Della Valle
aziendalista (e ci mancherebbe altro, visto che fino a prova contraria è lui a
pagare tutti gli stipendi in viola) spiega il momento no della sua impresa
calcistica scaricando quasi interamente la responsabilità su quei giocatori che
sono “distratti” da questioni contrattuali. E qui trovare una filosofia
politica o economica che nobiliti o almeno giustifichi questa presa di
posizione è più arduo.
Se per Montella voci ben
informate parlano di un tecnico amareggiato da una campagna acquisti non in
sintonia con le proprie legittime aspettative, per il patron è più difficile trovare una motivazione, prima di tutto
psicologica. Certi panni – si sa – è giusto che un datore di lavoro pretenda
prima o poi che siano ben lavati, ma è sempre sbagliato – lo sa qualunque
studente al primo anno di università – farlo in pubblico, meno che mai davanti
alla stampa.
Andrea Della Valle segue da anni
con passione, partita dopo partita, quella che pare ormai diventata la sua squadra
del cuore, oltre che quella dove mette un sacco di soldi. A differenza del
fratello Diego, che pare tutt’ora infervorarsi soltanto quando si parla di FIAT
(o, pardon, FCA come si chiama
adesso) e ultimamente di Matteo Renzi, il minore dei Della Valle quando vede
viola ultimamente vede rosso come i tori, in senso positivo.
E’ il presidente-tifoso che
mancava nei primi anni di gestione da parte di questi imprenditori venuti dalle
Marche a salvare il calcio fiorentino ed a crearsi un marchio di fama mondiale.
E’ tuttavia anche il giovine signore i cui scatti d’umore spesso hanno creato
imbarazzi alla sua stessa creatura, basti per fare un esempio ricordare quel
settembre del 2009 in
cui andarono in pezzi sia il giocattolo di Prandelli che il rapporto con istituzioni
e città di Firenze. E siamo ancora qui a cercare di capire bene perché.
Non vorremmo che all’interno
delle stanze dei bottoni viola si stesse creando una situazione analoga, con un
clima che si deteriora senza che ne siano state valutate bene le conseguenze,
probabilmente non positive. Anche se la carne da levare dal fuoco è tanta, e
ogni giorno raggiunge livelli di cottura più preoccupanti.
La situazione dell’infermeria è critica,
quasi quanto quella degli investimenti effettuati, o da effettuare. Sul fronte
sanitario, se per Pepito Rossi ad oggi si conferma la previsione di un rientro
in gruppo a gennaio (fatte salve le complicazioni sempre in agguato), per Mario
Gomez è notizia recentissima l’allontanamento ulteriore dei tempi di recupero.
Bene che vada, si spera di rivederlo contro la Sampdoria, 2 novembre. Per Gomez
ormai è lecito parlare di “male oscuro”, qualcuno azzarda già un paragone con
quello che a tutt’oggi è ancora il flop
più clamoroso della storia della Fiorentina, l’acquisto della buonanima del
Dottor Socrates.
Ecco, se un datore di lavoro
vuole inquietarsi per quello che ritiene uno stipendio mal corrisposto potrebbe
– anzi, forse dovrebbe – chiamare da una parte questo dipendente che finora ha
giocato cinque o sei partite, costo stimato un milione di euro l’una circa, e
chiedergli conto di cosa lo angustia. In vigenza o meno dell’articolo 18. Per
il momento il tedesco che aveva fatto sognare Firenze è titolare di un
comodissimo abbonamento in Tribuna Autorità accanto alla sua gentile signora, e
a quanto si vede è intenzionatissimo a sfruttarlo ogniqualvolta la sua squadra
gioca in casa. Altro di lui non si sa, almeno di Pepito qualcosa arriva da
Miami. Di Supermario “nein”. Kein gar nichts, niente di niente.
Ripetiamo, le sparate davanti a
giornalisti e tifosi fanno bene solo ai giornalisti e mettono in confusione i
tifosi (che spesso per andarci non si fanno nemmeno pregare più di tanto).
Individuare come capri espiatori oltretutto gente come Neto (parate decisive
anche domenica, altrimenti era tracollo) e Aquilani (prestazione notevole anche
con la Lazio, anche al netto della rovesciata alla Pelé) significa andare a
“cercare buio”, come si dice a Firenze e con rispetto parlando.
A meno che, sempre a sentire la vox
populi, non ci si trovi di nuovo alla fine dell’ennesimo ciclo (questo sarebbe
durato veramente poco, però) e Andrea della Valle voglia solo affrettarne gli
esiti. Tra i probabili in partenza a fine stagione ci sarebbero non solo
Vincenzo Montella ma anche Eduardo Macia e Daniele Prade’. Una nuova
rivoluzione epocale. Si tratta di voci? Chi vivrà vedrà. Basta resistere poche
settimane però per avere già i primi responsi, tra PAOK, Milan, Udinese e
Sampdoria il futuro prossimo della Fiorentina dovrebbe delinearsi abbastanza
chiaramente. E potrebbe non essere affatto roseo, se prestazioni e risultati
continuano sulla falsariga di quelli successivi alla notte da Champion’s di
Varsavia.
Le notizie dall’infermeria
parlano intanto di un Bernardeschi vittima di risentimenti muscolari, malgrado
abbia giocato finora solo scampoli di partita. In compenso Babacar non regge
oltre i sessanta minuti (e se non li regge lui con quel fisico…..), Marin non è
ancora in condizioni di essere impiegato e ci sono un sacco di giocatori fuori
condizione. Qualcosa non è andato nella preparazione estiva, fossimo un datore
di lavoro come Andrea Della Valle ci preoccuperemmo di questi aspetti e non del
rinnovo del contratto di Neto, Cuadrado e Aquilani, cioè coloro che stanno
tirando avanti questa pesantissima carretta viola quasi da soli.
Sempre in tema di voci, c’è chi
sostiene che il vero Deus ex machina
della Fiorentina è il ragionier Mario Cognigni, messo lì a suo tempo da Diego
Della valle a controllare che tutti i conti tornino. Ancora con rispetto
parlando, di tutte le voci che circolano ci sembra quella più convincente. Da
quando si è fatto male Rossi a gennaio, la Fiorentina ci è sembrata più spesso
gestita da un ragioniere piuttosto che da un esperto di calcio. Le smentite
sono come sempre gradite.
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