10 dicembre 2013
Francoforte, 19 maggio 2012. Nel pieno della manifestazione Occupy
Frankfurt che infiamma la città tedesca al pari di molte altre città
europee sull'onda di quanto successo a Wall Street, N.Y., per protesta contro
una crisi economica provocata dalle banche e pagata più che mai a caro prezzo
dalla gente comune, accade un fatto incredibile, senza precedenti. I poliziotti
che prestano servizio d'ordine al corteo che sfila per il centro della città,
peraltro pacificamente, ad un certo punto si sfilano i caschi dell'uniforme
antisommossa e sembrano quasi mescolarsi ai manifestanti, ponendosi alla testa
di quel corteo.
L'opinione pubblica si divide subito. Chi sostiene che si è trattato di
un semplice espediente tattico adottato dalla Polizei per stemperare il
clima e mantenere la manifestazione sui binari pacifici fino a quel momento
percorsi. Chi sostiene invece che gli uomini in uniforme abbiano voluto in quel
modo esprimere la loro solidarietà ed il loro rispetto per una protesta e per
dei manifestanti che anche loro, in fondo cittadini comuni che pagano la crisi
come tutti gli altri, sentono essere profondamente nel giusto.
Il dilemma rimane, destinato a non essere risolto. Perché un poliziotto in servizio non potrà mai
dichiarare sentimenti di comunanza con coloro che dovrebbe controllare,
eventualmente contenere, alla peggio reprimere. Nel frattempo, la crisi si fa
sempre più pesante, in Europa si susseguono le manifestazioni, che spesso
degenerano in scontri con le forze dell'ordine. Non si assiste più a episodi
come quello di Francoforte. Più facile assistere a una scarica di legnate, tra
agenti in assetto di guerra e manifestanti più o meno organizzati e più o meno
inferociti.
In Italia si manifesta poco, anche se la tensione sale quotidianamente,
e il disprezzo per una classe politica ed un sistema ritenuti pressoché unici
responsabili delle condizioni economiche del paese sempre più drammatiche
aumentano in modo direttamente proporzionale alla disillusione verso possibili
soluzioni democratiche, legalitarie. In Sicilia nasce il movimento dei Forconi,
un'area di protesta che mette insieme il popolo delle partite IVA (una volta,
al tempo di vacche meno magre, rappresentato dentro il sistema dal centrodestra
e ora invece in crisi di rappresentanza, oltre che economica) a tutti quei
cittadini in vario e diverso modo sospinti ai margini di un'economia sempre più
di mera sussistenza. Si assiste a qualcosa di cui si era persa la memoria in Italia:
blocchi stradali, serrate, centri cittadini occupati. La Polizia sorveglia.
A Roma si rivedono i Black Bloc, ed è guerra civile. Nessun dubbio per
nessuno su da che parte stia la ragione, ammirazione semmai per chi continua a
fare il proprio dovere pur sotto i colpi di una spending review che
taglia ulteriormente stipendi già magri e dotazioni già insufficienti, se non
ridicole. Perplessità anche per la puntuale comparsa dei teppisti neri ogni
volta che il popolo scende in piazza per motivi seri, ma questo è un altro
discorso.
Sempre a Roma, lo scorso aprile, esplode la rabbia per l'indegno
spettacolo offerto dalla Casta in occasione della riconferma di Giorgio
Napolitano a presidente della Repubblica. Quella sera, è chiaro che solo il
massiccio schieramento di forze dell'ordine in Piazza Montecitorio evita guai e
permette ai parlamentari di uscire e far ritorno alle proprie abitazioni senza
problemi. Un leader politico, Beppe Grillo, viene addirittura sconsigliato dal
presentarsi in piazza per non infiammare ulteriormente gli animi. La rabbia è
tanta, la gente è numerosa, molto più numerosa dei ragazzi in divisa, che
tuttavia sono ancora un deterrente sufficiente, in un modo o nell'altro.
9 dicembre 2013. I Forconi scendono in piazza di nuovo, e stavolta lo
fanno in tutta Italia. Da Torino a Milano a Genova a Firenze a Roma, i Forconi
intercettano tutto il malessere accumulato in sei anni di crisi e almeno due di
provvedimenti governativi più o meno iniqui e vessatori. Il clima di tensione è
al calor bianco, ci sono scontri, inevitabili. Poi si ripete il miracolo di
Francoforte. A Bolzano c'é un tentativo di assalto all'Agenzia delle Entrate
locale. La Polizia contiene, poi ristabilito l'ordine si sfila il casco e si
confronta pacificamente con i manifestanti, che la applaudono. Stessa cosa
avviene poco dopo a Torino, a Genova, a Rho. Gli agenti sembrano proprio
solidarizzare con i dimostranti. La Questura di Torino interviene con un
comunicato in cui, in perfetto burocratese, viene informata l'opinione pubblica
che si è trattato di un semplice “cambio d'abito”, alla fine di una situazione
operativa che non richiedeva più l'impiego dell'assetto antisommossa. Sarà così
certamente, tuttavia compaiono nelle piazze alcuni comunicati sindacali delle
Sigle che rappresentano i poliziotti, che parlano di una realtà diversa. "Condividiamo e plaudiamo al gesto di quei poliziotti
che si sono tolti i caschi in segno di solidarietà con quella parte dei
manifestanti che ha pacificamente mostrato il proprio disagio per la grave
crisi che attraversa l'Italia", commenta il segretario nazionale dell'Ugl
Polizia di Stato, Valter Mazzetti. "Togliersi il casco - aggiunge il
segretario del Siulp, Felice Romano - in segno di manifesta solidarietà e
totale condivisione delle ragioni a base della protesta odierna è un atto che
per quanto simbolico dimostra però che la misura è colma". Più
chiaro di così.....
Proprio all'Italia, finora fanalino di coda tra gli Indignados
europei e mondiali, tocca dar luogo all'episodio più eclatante e simbolico a
due anni di distanza quasi dall'apripista tedesco. Neanche per un attimo un
solo agente manca di fare il suo dovere, fino in fondo e come sempre. Ma
neanche per un attimo c'é il dubbio su dove batte oggi il cuore di quegli
agenti. Del resto, chi è in piazza avverte stati d'animo e interpreta
situazioni critiche meglio di qualsiasi Questura, per semplici motivi
adrenalinici. In tutte le città in cui i poliziotti si sono tolti l'elmetto,
chi era di fronte a loro li ha applauditi, gridando loro “Siete come noi”.
Le reazioni del mondo politico sono scontate. Chi è più o meno abituato
a cercare di intercettare (e cavalcare) gli umori delle piazze ha battuto le
mani agli uomini in divisa senza casco e ai Forconi che li hanno applauditi,
senza perdere slancio nella protesta continuata anche oggi. Chi è abituato
ormai a chiudersi nel Palazzo e teme la folla, ha stigmatizzato. Grillo invita
carabinieri, poliziotti e finanzieri a unirsi alla protesta esplicitamente.
Berlusconi esorta il governo a ricevere i leader della protesta. Gli altri, chi
più chi meno, disquisiscono, come tante Marie Antoniette che si sorprendono che
il popolo non mangi croissant al posto del pane e magari cominciano a
temere che i custodi dell'ordine (e della loro incolumità) si accorgano che in
fondo di quel popolo fanno parte anche loro.
Un poliziotto che si toglie il casco in piazza è un segnale molto
forte, forse più forte di ogni altro segnale di cambiamento pervenuto in questi
giorni. Se agli occupanti del Palazzo rimane un po' di buon senso, forse è il
caso di non sottovalutarlo.
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