Kobane è la Guernica del nostro
tempo. Se tutto andrà bene, potrà diventarne la Stalingrado. Altrimenti,
diventerà una nuova Srebrenica, con una coalizione internazionale impotente o
infingarda che assiste al massacro di civili inermi o di coraggiosi soldati. E soldatesse.
L’esercito peshmerga sta offrendo al mondo infatti non soltanto il forte
impatto emotivo del suo coraggio e del suo valore, essendo a tutt’oggi l’unico
che sta affrontando a livello del suolo quello del famigerato Isis, il
Califfato del Principe Nero Al Baghdadi. Ma anche l’immagine inedita e ancor
più emozionante delle donne guerriere, le ragazze curde che imbracciano le armi
a fianco dei maschi del loro popolo con il sorriso sulle labbra, un sorriso
probabilmente dettato dalla disperazione indotta dalla consapevolezza che a
loro è riservato un destino ancora peggiore di quello dei loro uomini, qualora
cadessero vive nelle mani dei guerrieri del Califfo, e gettato in faccia con
sprezzo a questa vera e propria Morte Nera del ventunesimo secolo.
La Jihad non prevede gloria né tantomeno paradiso per chi combatte (e
cade) contro le donne. Per i guerrieri dell’Islam deve essere assai disdicevole
affrontare queste ragazze guerriere sapendo che l’alternativa è tra il disonore
di una sconfitta ignominiosa e la miseria di una vittoria a cui la loro stessa
religione non riconosce alcun valore. La loro vergogna tuttavia è quasi
pareggiata da quella che farebbe bene a provare l’Occidente, che malgrado tutte
le intenzioni bellicose sbandierate dai suoi improbabili condottieri e malgrado
l’ennesima coalizione internazionale messa in piedi assiste immobile al
sacrificio di queste ragazze e di questi ragazzi.
I Curdi sono abituati da sempre
alla lotta per la sopravvivenza. Come i vietnamiti di 40 anni fa, come gli
Afghani, non hanno conosciuto altro che guerra, stretti tra governi ostili
accomunati da una cosa sola: il desiderio del loro sterminio. Eppure non si
sono mai arresi, anche perché per loro non c’era alcuna resa onorevole in
ballo. A Kobane si combatte perché non c’è alternativa ad una morte atroce, gli
uomini decapitati, le donne anche ma solo dopo essere state violentate. I Curdi
sono costretti a fare la loro parte, come sempre. Avevano chiesto all’Occidente
soltanto di essere armati in modo adeguato. L’Occidente, che per tornaconto
politico o interesse economico le armi non le ha negate mai a nessuno, in
questo caso sta lesinando, tra l’altro a proprio rischio e pericolo.
Non c’è un Lawrence d’Arabia
stavolta a guidare la rivolta di popoli oppressi in Medio Oriente e a fare gli
interessi di questo Occidente che meriterebbe di finire come gli aveva predetto
Nostradamus: travolto da una nuova guerra mondiale, l’ultima, scatenata appunto
da un principe arabo. Il peggior presidente della storia americana non sa
gestire la guerra come non ha saputo gestire la pace. L’Europa non sta meglio,
governata ormai da una fattrice tedesca e da uomini di banca che capiscono solo
il linguaggio dei numeri e il colore dei soldi.
C’è una coalizione di nome e non
di fatto, aerei che si sollevano in volo per bombardare non si sa cosa, visto
che l’Isis avanza imperterrito. Alla favola delle bombe intelligenti non crede
più nessuno, basterebbero comunque quelle “stupide” di sempre a fare qualche
danno al Califfo Nero. Anche se poi la tattica militare non è molto cambiata
dai tempi di Napoleone. Il quale, pur essendo nato come ufficiale di
artiglieria, aveva enunciato una massima aurea, valida per tutte le guerre: “è
l’artiglieria che conquista, ma è la fanteria che occupa”.
La divisione del Medio Oriente tra inglesi e francesi. Lawrence aveva chiesto uno stato arabo unitario dal confine della Turchia fino alla penisola araba |
La fanteria non c’è, i “nostri”
non arrivano. Nessuno sta andando in soccorso degli eroi e delle eroine di
Kobane per via di terra. L’unica che potrebbe agire nell’immediato e con
efficacia è quella turca. Ma Erdogan segue la politica dei suoi predecessori,
una costante fin dai tempi di Ataturk: nessuna pietà per i Curdi. Aiutarli a
sopravvivere potrebbe voler dire per Ankara vedere un popolo che essa
desidererebbe forse soltanto cancellare dalla faccia della Terra acquisire dei
meriti e dei diritti ad un tavolo di pace tali da consentirgli di invocare il
tanto agognato stato autonomo. Una ripetizione del processo che portò alla
nascita dello Stato di Israele, dalla dichiarazione Balfour del 1917 alla
risoluzione dell’O.N.U. a titolo di risarcimento per l’Olocausto dopo la
seconda guerra mondiale.
La Turchia è un paese
affascinante ma complesso. Non si muoverà comunque finché ciò può andare a
vantaggio dei Curdi. I quali chissà se sopravviveranno al loro di Olocausti.
L’Occidente perderà tempo a fare la lista della spesa rispetto agli interessi
particolari dei singoli stati leader, e a tener dietro alle diatribe e alle
distinzioni interne al mondo arabo, anche a quello che – almeno a parole – dice
di aver disgusto per il fanatismo dei Jihadisti.
Una cosa dovrebbe essere chiara, la Jihad
è un tratto caratteristico dell’Islam, culturale prima ancora che politico. La
religione islamica, nella versione codificata attraverso i secoli dai teologi
che si sono affannati ad interpretare (al peggio) le parole del Profeta, prevede
la guerra santa agli Infedeli come un dogma irrinunciabile, così come la
prevedeva del resto il Cristianesimo prima di essere depurato di tutte le
incrostazioni successive alla predicazione di Cristo, attraverso un processo
storico-filosofico dolorosissimo durato secoli e costato molto sangue. Un
processo che nel mondo islamico – almeno quello mediorientale - è, forse,
all’appena all’inizio.
La Morte Nera |
Tra le tante scorciatoie
intellettuali escogitate da un mondo occidentale neghittoso, per non doversi
impegnare né in cielo né in terra, c’è quella che pretende che tutti i mali del
Medio Oriente – come del resto del mondo intero – siano conseguenza del
Colonialismo dei bianchi europei e americani. Certo, se inglesi e francesi nel
1918 avessero dato retta al colonnello Lawrence e alle istanze dei suoi seguaci,
forse il mondo arabo oggi avrebbe acquietato alcuni dei suoi risentimenti
storici contro i cristiani. O forse no. Il problema della Jihad è un problema interno al mondo arabo, fermo culturalmente al
622 d.C.
All’Occidente spetta solo
decidere, finché ha la possibilità di farlo, se non vuole che resti anche un
problema suo. Anzi, la madre di tutti i problemi. Comunque la si veda a
proposito di quanto è successo dal 11 settembre 2001, l’ interpretazione
dell’Islam del Califfo è il nazismo del nostro tempo. Al Baghdadi è il Darth
Vader annunciato da Nostradamus e la sua spada mira alle teste di tutti noi.
Si può stare a guardare Kobane
diventare Guernica, poi Stalingrado, oppure Srebrenica. Dopo, che ci piaccia o
no, toccherà a noi.
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