Non si può vincere sempre.
Soprattutto quando sarebbe la quarta volta consecutiva sullo stesso campo,
quello che una volta veniva definito nientemeno che la “Scala del Calcio”. Tre
anni fa una Fiorentina che lottava per non retrocedere (e soprattutto per non
sprofondare nel ridicolo e negli schiaffi) eliminò a sorpresa dalla corsa
scudetto un Milan lanciatissimo. Nei due anni successivi Milan-Fiorentina era
stato soprattutto il Borja Valero Show (purtroppo regolarmente vanificato dal
match di ritorno).
Stavolta la Fiorentina porta via
da San Siro un punto. E’ il classico bicchiere mezzo pieno. Ognuno può guardare
la metà che preferisce, avendo comunque la sua parte di ragione. Per come si
erano messe le cose, è un punto ottimo, che muove una classifica che cominciava
a farsi preoccupante dopo un avvio di campionato che definire balbettante è un
eufemismo. Il Milan quest’anno è una squadra decisamente rimotivata e rimessa
in campo decentemente da Pippo Inzaghi, non più la banda di mestieranti allo
sbaraglio del crepuscolo di Allegri. I rossoneri scendono in campo con la bava
alla bocca, confidando – finché regge loro il fiato – sugli estri di un
rigenerato El Sharawy e dell’ottimo acquisto Menez, oltre che sulla
provvidenziale venuta meno di Mario Neuro-Balotelli. Quest’anno, soprattutto in
casa loro, crediamo che regaleranno molto poco.
Il vantaggio rossonero di De Jong |
La Fiorentina è quella che
sappiamo. Lentamente sta ritrovando forma, determinazione e motivazione, di
squadra e dei singoli. Il problema è che non ha attacco e a volte si dimentica
di avere anche una difesa. La disattenzione che porta de Jong a segnare di
testa circondato da tre difensori viola a cui rende diversi centimetri fa il
paio con quella che ha mandato la Lazio in vantaggio la domenica precedente, e
poteva costare altrettanto cara.
A quanto pare, i viola almeno un
regalo a partita si sentono obbligati a farlo, a qualsiasi avversario. Dopo di che la notte si
fa regolarmente più buia, perché il gioco della Fiorentina dall’inizio della
gestione Montella di spettacolo ne produce quanto se ne vuole, ma di gol
veramente pochi. A ben vedere, la classifica attuale dei gigliati dipende da
tre tiri da lontano: Kurtic con l’Atalanta, Babacar con l’Inter e Ilicic ieri
con il Diavolo rossonero.
Senza la prodezza dello sloveno,
che finalmente ha giocato due partite di fila a parziale altezza della propria
fama e soprattutto della cifra che è costato alla Fiorentina ingaggiarlo,
probabilmente saremmo qui adesso a commentare un’altra sconfitta, perché i
ragazzi in viola hanno dimostrato anche a San Siro la consueta idiosincrasia a
rendersi pericolosi dalla tre quarti avversaria in su.
Il Milan l’attacco ce l’avrebbe,
e nel primo tempo – gol a parte – mostra di potersi rendere più pericoloso
della Fiorentina. Poi nella ripresa il fiato gli viene a mancare, le sue ripartenze
naufragano sui muscoli inaciditi, la Fiorentina può uscire con i suoi
palleggiatori e riprendersi quel possesso palla su cui ha costruito in passato
le sue fortune.
Peccato che di entrare in area ed
impensierire Abbiati non se ne ragioni proprio, anzi, sono proprio i due uomini
migliori fin qui – Aquilani e Cuadrado – a fare più fatica in mezzo alla
fisicità del centrocampo milanista. Muntari andrebbe richiamato fin dai primi
minuti, ma anche gli altri, anche se più correttamente, non scherzano.
Ecco allora che le speranze viola
di raddrizzare partita e classifica dipendono tutte dalla soluzione da fuori
area. Considerato che calci d’angolo e punizioni sono diventate tabù e che per
farsi dare un rigore è necessario entrare in area e poi subire fallo (e
comunque è già tanto che l’arbitro Banti diriga la partita senza sviste,
negandolo al Milan il rigore per evidente simulazione in un paio di
circostanze), bisogna provarci da lontano. Va male ad Aquilani, Cuadrado non
sfonda, e dunque la mossa del cambio tra sloveni, Ilicic per Kurtic, finisce
per rivelarsi azzeccata.
Il pareggio viola di Ilicic |
Fin dal momento in cui batte il “cinque”
al connazionale, Josip Ilicic appare con una determinazione dipinta sul volto
che non gli conoscevamo nelle precedenti apparizioni. Come già giovedi a
Salonicco, gli spazi lasciatigli dagli avversari sono sufficienti a
permettergli qualche giocata di classe, pur ai suoi ritmi compassati. Quando la
palla gli giunge su sciagurato rinvio di De Sciglio, il “bradipo” non perdona.
La mezz’ora finale è come un
match tra due pugili esausti, che si scambiano gli ultimi colpi alla cieca.
Batti e ribatti continuo, risultato che appare in bilico e che potrebbe
cambiare da un momento all’altro. Sarebbe anche una partita divertente se non
fosse giocata alla “viva il parroco”, con le due squadre che si fanno un dovere
di non indovinare un passaggio che sia uno. Ci sarebbero intere praterie aperte
ai rispettivi contropiedi, ma nessuna delle due è in grado di arrivare
nell’area avversaria con un minimo di decenza.
In questa gara allo svarione,
brillano due gesti tecnici che riportano alla mente il bel calcio che fu, un
controllo volante di tacco del “niño” Fernando Torres e un palleggio volante
tra Aquilani e Borja Valero. Perle in un deserto costellato di troppi
strafalcioni.
Alla fine il pareggio è giusto.
Banti fischia a metà dell’ultima azione con la Fiorentina in attacco e Borja
Valero che stava caricando il destro da trenta metri. Forse l’arbitro livornese
non ne può più nemmeno lui della sagra delle pallonate. Né Inzaghi né Montella
hanno del resto idee e soluzioni per far propria l’intera posta.
Anzi, il tecnico viola ha
mostrato chiaramente le sue intenzioni a un quarto d’ora dalla fine, quando
risponde alle evidenti difficoltà del Milan di contrastare la sua squadra a
centrocampo togliendo l’unica punta Babacar per il centrocampista di puro contenimento
Badelj. E’ il calcio italiano, bellezze. Il punticino è sempre il punticino, e
il giovine Montella deve aver pensato che era già grassa ad aver segnato un
gol, con questi chiari di luna.
Peccato che i vecchi, consumati
manuali del calcio insegnavano e insegnano tutt’ora che una punta fisicamente
prestante come il “Baba” si tiene sempre in campo, anche esausta, per mantenere
la squadra alta. Che infatti, uscito lui, si è ritrovata costretta trenta metri
più indietro.
Undici punti, intanto, e undicesimo
posto. Torneranno tempi migliori? Speriamo. Mercoledi intanto c’è Di Natale.
Dubitiamo che Stramaccioni ci farà il regalo di non metterlo in campo.
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