Eppure bisognerà inventarsi
qualcosa per ringraziare questo ragazzo senegalese di 22 anni che ha deciso anche
questa partita brutta ai limiti dell’inguardabile ma fondamentale per la
classifica della sua squadra. Poteva essere al terzultimo posto la Fiorentina
per come ha giocato finora. E’ al terzo posto assoluto, dietro Inter e Torino e
davanti a quella Roma che doveva fare sfracelli proprio grazie ad un ex viola,
quel Salah che per ora almeno da un punto di vista dei gol segnati Khouma El
Babacar non sta facendo affatto rimpiangere.
E’ presto per fare un monumento a
questo ragazzo, i monumenti semmai si fanno a fine carriera. E’ il momento
semmai piuttosto di dargli fiducia, da parte dell’allenatore e della società. Era
stato appena acquistato dal Rail di Thies, la squadra del suo paese e della sua
città natale, quando l’allora allenatore viola non usò mezzi termini per
definire le sue potenzialità. “Da un punto di vista calcistico ha prospettive
illimitate”. Cesare Prandelli non era e non è uno che si prodighi in
complimenti del genere. Se lo fece allora per Khouma, c’era un motivo.
Il motivo sta arrivando adesso in
tutta la sua chiarezza. Sei dei nove punti che issano la Fiorentina a vertici
che il suo gioco e la sua caratura tecnica attuale sembravano rendere
impossibili sono praticamente merito di questo ragazzo, che magari sembra
caracollare isolato e inutile in cima all’attacco viola per intere partite e
che però quando le avare trame del centrocampo alle sue spalle gli offrono una
qualche mezza occasione la butta sempre dentro, cavando dal fuoco castagne
difficilissime al suo allenatore.
Il turno di campionato metteva la
Fiorentina di fronte ad una prova non trascendentale, a pochi giorni dalla
debacle casalinga in Coppa contro il Basilea. Serviva vincere, e possibilmente
convincere. Quale migliore occasione di questa neopromossa prodotta dal
distretto tessile dell’Emilia, a due passi dalla Lombardia e da quella Maranello
che ieri era finalmente di nuovo in festa per il trionfo a Singapore della Nazionale
Rossa?
La Fiorentina aveva già regolato
il Carpi in una delle tante amichevoli estive che avevano dato lustro a questa
banda Sousa chiamata a non far rimpiangere (con meno risorse) la banda
Montella. Era l’unico precedente tra le due squadre. L’altro risaliva alla
preistoria. Era il 24 ottobre 1926, la squadra denominata A.C. Fiorentina era
appena nata dalla fusione di Libertas e Club Sportivo Firenze. Nella quarta
giornata del campionato di Prima Divisione dopo tre buone prestazioni iniziali
fu proprio il Carpi ad infliggere ai biancorossi di Firenze (il viola sarebbe
arrivato tre anni dopo) la prima sconfitta ufficiale della loro storia.
Queste suggestioni che avrebbero
fatto la gioia di Giovan Battista Vico e dei suoi “corsi e ricorsi della storia”
erano però lontane dalle menti di addetti ai lavori e tifosi viola, sia di
quelli spintisi fino a Modena (il Carpi non avendo impianto adeguato alla serie
A gioca all’Alberto Braglia stadio del capoluogo provinciale, come il Sassuolo
gioca a Reggio Emilia: nella provincia emiliana l’economia corre più veloce
delle sue istituzioni) sia di quelli rimasti a casa a metabolizzare sul proprio
divano con l’aiuto di Sky il momento interlocutorio di questa squadra.
Se c’è una costante tra la
Fiorentina di campionato e quella di coppa, è che questa squadra regge i ritmi
richiesti soltanto per un tempo, il primo, durante il quale cerca di dimenticare
Montella ed il suo tiki taka e di mettere in pratica gli insegnamenti del
pragmatico Sousa, che vorrebbe una squadra tutta pressing e ripartenze. Appariva
assai frustrato, quasi sconfortato ieri il mister portoghese nel vedere i suoi
ragazzi trotterellare sia nel primo che nel secondo tempo, mantenendo difetti e
ripetendo ancor più a fatica pregi delle precedenti apparizioni.
Nel primo tempo, la Fiorentina ha
pur fatto vedere di essere di una categoria superiore rispetto agli avversari,
pur guardandosi bene dal fare cose trascendentali. I viola sono sembrati in
controllo del match, ma più incapaci del solito di imbastire trame offensive
efficaci. Al loro posto, laboriose azioni che producevano sporadici tiracci di Bernardeschi
(ieri apparso più volenteroso di esprimersi ai suoi livelli abituali ma ancora
alle prese forse con una condizione non ottimale e/o una posizione in campo non
congeniale), Giuseppe Rossi (alle prese con il lungo viaggio di ritorno verso
la sua classe immensa) e Babacar (servito più o meno come veniva servito Gomez
l’anno scorso, poco e male).
Finché ecco arrivare al ragazzo
del Senegal la mezza palla giocabile ed eccolo tirarne fuori, pur stretto tra
portiere e marcatore, una serie di batti e ribatti acrobatici, con l’ultimo
tiro quasi in caduta che risulta quello buono. Quello che buca la porta di Benussi
e metterebbe la Fiorentina in condizione di gestire la partita come meglio
crede.
Nella ripresa invece, ecco la
solita Fiorentina di questo inizio stagione. Un pallone sgonfiato, vuoi per
mancanza di fiato vuoi per carenza di attitudine mentale. Sousa sempre più
avvilito assiste impotente ai minuti iniziali che vedono i suoi ragazzi messi
sotto dal Carpi, con Letizia che sembra Cristiano Ronaldo, Borriello che sembra
diventato Karl Heinz Rummenigge ed il “nostro” Ryder Matos anche lui quasi inmarcabile
da Tomovic o Roncaglia, che ad ogni intervento in area o subito fuori fanno
venire i sudori freddi ai supporters ed ai compagni.
Tatarusanu deve guadagnarsi lo
stipendio in almeno un paio di occasioni, la seconda delle quali coadiuvato da
un Gonzalo prontamente riabilitatosi dall’infortunio di giovedi scorso. Poi,
quando è lecito cominciare a “vedere le streghe” di un’altra beffa, ecco venire
fuori un Borja Valero che si riavvicina al modello originale del primo anno, un
Bernardeschi che se non compie giocate stratosferiche almeno tiene impegnata
intelligentemente la retroguardia carpigiana, un Kalinic (entrato al posto dell’esausto
Rossi) che se non vede sempre la porta almeno vede di far girare le scatole a
chi lo deve marcare.
Nella fase centrale del secondo
tempo, pur rimanendo al di sotto dei limiti di decenza nel gioco, la Fiorentina
torna ad impegnare il Carpi nella sua metà campo. Non dura molto, ma quanto
basta per spegnere le residue energie dei padroni di casa. Negli ultimi minuti,
il loro forcing per pareggiare è vanificato da un Borriello boccheggiante come
un pesce persico e dai limiti tecnici di squadra, più che da una capace
gestione del risultato da parte dei viola. Che puntualmente infatti regalano l’occasione
per far male agli avversari anche stavolta all’ultimo minuto (il
novantaquattresimo), con boiata finale di quel Mario Suarez che per ora non
giustifica neppure la probabile plusvalenza per la quale è stato acquistato.
Finisce bene, perché fosse finita
male ieri bisognava mettersi davvero d’impegno. Quattro giornate, cinque gol
fatti, altrettanti non subiti grazie al portiere, tre subiti, nove punti, terzo
posto solitario in classifica. Montella al terzo posto non c’era mai salito,
Prandelli forse un paio di domeniche in cinque anni. E’ proprio vero che la
palla è rotonda. Avanti popolo viola.
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