C’è una luna viola nel cielo di
Milano stanotte. La sua ombra si allunga su tutta l’Italia. Dalle 22,30 la
Fiorentina è capolista del campionato di calcio italiano. Non succedeva dal 21
febbraio 1999, quando la Fiorentina del Trap salutò il primato che aveva difeso
per tutto l’inverno accompagnando in infermeria Batistuta ed al carnevale
Edmundo.
Non era mai successo nell’era
Della Valle. Forse è per questo che Andrea in tribuna sembrava quasi più preoccupato
della responsabilità piovutagli sulle spalle che contento del regalo fattogli
dai suoi giocatori in occasione del suo cinquantesimo compleanno. Del fratello
Diego, dopo il provvidenziale – come sempre, a quanto pare – “discorso alle
truppe”, nessuna traccia. Meglio così, tra le due proprietà, quella nerazzurra
e quella viola, non corre da tempo buon sangue, e non certo per colpa del
consigliere Panerai.
La Fiorentina balza in testa alla
classifica della Serie A schiantando l’Inter a domicilio. E’ una vittoria
clamorosa, del tutto diversa da quella dell’anno scorso, ottenuta con una
prestazione epica da calcio pionieristico. I viola di Montella in nove contro
undici resistettero alle rabbiose folate interiste e portarono a casa una
vittoria di misura preziosissima malgrado la sfortuna ed il clamoroso errore
dell’allenatore che esaurì i cambi con un suo giocatore a terra infortunato.
Stavolta i viola di Paulo Sousa
mettono sotto i più blasonati – e gettonati – avversari nascondendo loro la
palla per ottanta minuti su novanta, irridendoli con un possesso palla di cui
non li si riteneva più capaci e mettendo a segno quattro reti nella Scala del
Calcio. Anche questo non succedeva da una vita. Era il 7 maggio 2000, due gol
di Enrico Chiesa, uno di Bressan e uno di Batistuta (che di lì a poco avrebbe
salutato la maglia viola) schiantarono l’Inter del giovane Moratti ed i suoi
sogni di gloria.
Più che la partita perfetta, la
Fiorentina viene a Milano a disputare la partita della vita. La partita del
secolo, giocata a ritmi tutto sommato compassati e con la consapevolezza che
stasera tutto le va bene, ogni pallone che tocca diventa d’oro. Mentre agli
avversari, i nerazzurri di quest’Inter che doveva già spaccare il mondo a furor
di popolo (e di mass media), non ne va bene una. Sia sfortuna o pochezza di un
centrocampo mai così miserrimo da queste parti lo dirà il futuro.
La Fiorentina ringrazia la buona
sorte, ma va anche a cercarsela. In partenza beneficia del forfait di Jovetic,
che non è cosa da poco se è vero che dei quindici punti interisti Jo-Jo ne ha
procurati da solo almeno la metà. Doveva essere anche una partita, quella dei
viola, contro il proprio passato recente. Oltre a Jovetic, si sono accasati qui
a Milano sulla sponda nerazzurra anche Llajic e Felipe Melo. Del serbo non c’è
traccia, ed è abbastanza incomprensibile vista la scarsa qualità della linea
centrale nerazzurra. Il brasiliano invece ad ogni pallone che tocca stasera
riporta alla memoria il più grande colpo di mercato di Pantaleo Corvino.
Venderlo alla Juve per 25 milioni fu un affare irripetibile, che risarcì la
società viola dell’altro subito in negativo allorché il diesse militava nel
natìo Lecce ed appioppò ai Della Valle un altrettanto incomprensibile Valerji
Bojinov.
La Fiorentina beneficia stasera
anche della particolare attenzione posta a quanto accade sul terreno di gioco
da parte dell’arbitro Antonio Damato. Della federazione di Bari, ed anche –
notoriamente – dell’Inter Club di Barletta. Il fischietto pugliese vuole
allontanare da sé ogni ombra di sospetto (dopo gli incresciosi precedenti di un
paio di anni fa), e non ha esitazione a concedere un rigore alla Fiorentina già
al secondo minuto per atterramento di Kalinic da parte di un Handanovic in
serata tutt’altro che di grazia.
Accade che contro la muscolare ma
poco agile retroguardia nerazzurra Sousa scelga di mandare il veloce e tecnico
Kalinic piuttosto che un Babacar destinato a fare pericolosamente a
sportellate. Nello stadio che fu di Roberto Boninsegna, il croato aggredisce la
prima palla utile destinata al portiere avversario e ne tira fuori di rapina il
vantaggio per la sua squadra manco fosse il Bonimba dei tempi migliori.
Handanovic si avvede all’ultimo momento del pericolo e stende l’attaccante con
una ginocchiata plateale. Solo i supporters nerazzurri possono avere dubbi su questo
rigore. Banti sulla linea di porta segnala il fallo, Damato concede il penalty
senza battere ciglio.
Va a batterlo l’altro eroe
ritrovato, che stasera è destinato alla consacrazione. Josip Ilicic trasforma
la massima punizione con freddezza, e da quel momento se la gioca alla grande,
manco fosse diventato Andres Iniesta. Un vero orchestrale di talento nella
Scala del Calcio. L’Inter scopre che la partita in cui doveva fare un sol
boccone dei parvenues avversari si è complicata maledettamente. Ilicic e Borja
Valero stasera suonano i loro strumenti da Dio. Badelj e Vecino tengono il
tempo come non mai. La squadra funziona ad orologio. E di questa Inter
arruffona e con il sangue agli occhi non ha pietà.
Al quarto d’ora Handanovic
smanaccia un gran tiro di Ilicic. E’ un mezzo miracolo, ma l’altro mezzo non si
compie. La palla ricadrebbe in porta da sola, ma Nikola Kalinic sente che è la
sua serata – per entrare subito nella storia e nel cuore dei suoi tifosi - e la ribatte in rete. Due a zero, Fiorentina al
comando e tifosi viola che si stropicciano gli occhi. E’ valsa la pena
aspettare mezza vita per assistere a quello che sta succedendo.
L’Inter non la becca proprio, la
Fiorentina sembra tornata quella del momento d’oro di Montella, con in più una
velocità d’esecuzione ed una cattiveria offensiva che il tecnico di Pomigliano
d’Arco non era mai riuscito a trasmetterle. Passano altri cinque minuti e uno
spettacolare Alonso si beve Santon sulla fascia e va a crossare a centro area micidiale
come la lama di un rasoio. Il nostro Boninsegna si chiama ancora Kalinic, la
deviazione sottoporta è splendida, altrettanto micidiale. Di quelle che
chiudono ogni discorso ed aprono scenari assolutamente nuovi.
Partita per giocare lo scontro al
vertice della Serie A, la Fiorentina si ritrova a giocare una partitella
settimanale. Un po’ come successe l’anno scorso all’Olimpico contro la Roma in
Europa League, i ragazzi in viola sembrano poter fare quello che vogliono degli
avversari, poter far loro male ogni volta che affondano. E infatti, passano
pochi altri minuti e Miranda deve stendere ancora Kalinic lanciato a rete.
Fallo da ultimo uomo in chiara occasione da rete, rosso diretto, buonanotte
Inter.
In undici contro dieci, la
mission della Fiorentina diventa quella di mantenere la concentrazione, visto
che il primo posto in classifica ormai è fuori discussione. Lo dimostra
chiaramente Tatarusanu, inoperoso per tutta la partita tranne che su un
retropassaggio che per poco non riesce a trasformare con abile tocco in un
madornale autogol. Ma Sousa dev’essere un discreto motivatore, perché da quel
momento i suoi giocatori non sbagliano più niente, ma proprio più niente.
Per tutta la ripresa nascondono
il pallone ad avversari che dire frastornati è dire poco. Il gol di Icardi che
sugli sviluppi di un calcio di punizione accorcia le distanze è assolutamente
episodico, e viene seguito da quindici minuti di possesso palla viola pressoché
totale. Finché alla mezz’ora Kalinic fa quattro, avviando una triangolazione
con l’ottimo e generoso Ilicic, che gliela rende sotto porta in maniera tale da
non potersi sbagliare.
Pur non affondando i colpi, la
Fiorentina potrebbe segnarne altri, ma giustamente sceglie di non infierire
sull’avversario, per quanto acerrimo. Finisce con Paulo Sousa che con stile
sempre più british dà la mano a tutti i suoi ragazzi senza tradire la minima
emozione. Soltanto un lieve sorriso sottolinea la serata in cui probabilmente
entra nella storia di questa Fiorentina, facendo dimenticare chi c’è stato
prima, vicino o lontano nel tempo. E con Andrea Della Valle che sembra guardare
apparentemente pensieroso il campo di cui la sua Fiorentina si ritrova
improvvisamente padrona.
In cielo, c’è una luna viola che
splende e illumina una notte che non era così dolce per Firenze da diciassette
anni circa. COMANDA FIRENZE, titolò la Gazzetta dello Sport nel 1981 quando la
Fiorentina di Picchio De Sisti balzò in testa alla classifica. Anche stasera è
così. Per qualche notte almeno, fateci sognare.
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