Nel ventunesimo secolo
non era mai successo. Prandelli, Montella e compagnia bella l’avevano solo
potuto sognare. La notizia del giorno è questa: la Fiorentina è seconda in
classifica da sola, a tre punti dall’Inter, e domenica a San Siro si gioca il
primo posto. Per ritrovarla in questa posizione bisogna riandare indietro al
1999. L’anno del Trap, di Bati che si rompe nello scontro diretto con il Milan,
di Edmundo che vola al carnevale di Rio. Nell’età moderna, all’A.C.F.
Fiorentina non era mai successo.
Tanta roba, da commentare. Da non
sapere da che parte cominciare. Fiorentina – Bologna è il derby dell’Appennino.
Una classica da sempre del calcio italiano, ed una partita carica tra l’altro di
suggestioni. Precedenti a non finire, uno in particolare significativo. Era il
3 novembre 1968, quinta giornata d’andata di quel campionato, come oggi di
questo. Il Bologna venne a vincere a Firenze per 3 – 1, sembrando aprire la
crisi del mister argentino Bruno Pesaola (il Petisso, scomparso pochi mesi fa)
e della società di Baglini che l’anno prima aveva ceduto diversi big a dirette
concorrenti come Milan e Cagliari. Fu l’unica sconfitta viola di quell’annata,
che si concluse con il secondo scudetto. Da allora i tifosi viola sognano non
certo di ripetere il risultato di quella domenica, ma tutti quelli che ne
seguirono sì.
Il Bologna si porta al Franchi
alcuni ex gigliati. A cominciare dal mister Delio Rossi, che rimarrà sempre uno
dei grandi punti interrogativi della nostra storia calcistica: dove sarebbe arrivato
se non avesse avuto ai suoi ordini una squadra bollita e non avesse perso il
controllo dei nervi durante un diverbio con Adem Llajic? Poi c’è lui, l’uomo
che fa ancora discutere tutti contro tutti: Pantaleo Corvino. Passano gli anni,
tre da quando se n’è andato, ma ancora una buona parte del bilancio dell’A.C.F.
si regge sulle plusvalenze realizzate grazie ai suoi colpi di mercato. Chi
guarda appunto ai suoi colpi, chi guarda invece ai suoi errori, entrambi
clamorosi. Questa è una Fiorentina del resto che da tredici anni a questa parte
divide Firenze, più che unirla come in passato. C’è poco da fare.
Per finire c’è quel Mattia Destro
che è stato più volte un obbiettivo di mercato viola e non è mai arrivato. In
compenso ha fatto del male alla Fiorentina ogni volta che ha potuto con varie
maglie. La prima ed unica occasione del Bologna è sua, solo davanti a
Tatarusanu che gli ribatte il tiro alla disperata. Grazia la Fiorentina, lui
che non l’ha mai perdonata, ed è il segno principale che la serata è quella
giusta e che il vento in questo momento soffia impetuoso alle spalle di Paulo
Sousa e dei suoi uomini, gonfiando le vele di una barca che finora appariva
bisognosa di diversi interventi da carpentiere.
Il mister portoghese dimentica le
amarezze del secondo tempo di Carpi e si inventa l’ennesima formazione inedita,
rimescolando le esigue carte che la società gli ha messo a disposizione. Centrocampo
con Badelj e Vecino e Borja Valero trequartista dietro le punte, l’eroe di
giornata Babacar e la sorpresa (ma non più tanto) Rebic. Blaszczykowski prende
il posto di Bernardeschi sulla destra, e ben gliene incoglierà.
E’ una Fiorentina che se ne frega
delle critiche ricevute (e che continua imperterrita a ricevere) e prova a
remare controcorrente, ma non – come si è detto – controvento. La tendenza
delle partite precedenti è invertita, stavolta è il primo tempo che lascia a
desiderare. L’unica occasione è di Alonso che su punizione tenta di ripetere la
magia riuscitagli contro il Milan. Mentre dall’altra parte Destro si fa
ipnotizzare da Ciprian Tatarusanu. Di sicuro la Fiorentina starà mancando a
Norberto Murara Neto più di quanto sia vero il contrario.
Nella ripresa si cambia marcia.
Sousa intuisce che ci sono gli estremi per migliorare la classifica insieme alle
manovre offensive, toglie un Babacar che probabilmente non ha recuperato
l’infortunio di Carpi e mette dentro Kalinic. Le verticalizzazioni viola
acquistano progressivamente maggiore efficacia, il centravanti croato manca di
poco la deviazione vincente in diverse occasioni.
Finché al minuto 72 il destino di
questa Fiorentina si compie. Cross di Rebic, che ha preso coraggio grazie al
sostegno costante del Franchi, deviazione di Vecino sul secondo palo, ed ecco
che l’impronunciabile arriva di gran corsa sulla destra dell’area bolognese a
mettere alle spalle di Mirante. Primo gol di Blaszczykowski in serie A con la
maglia viola (urge trovargli un soprannome perché qualcosa ci dice che andrà
nominato spesso), seguito dieci minuti dopo dal primo gol – sempre in
campionato – anche di Nikola Kalinic. Il croato arriva in corsa dalla parte sinistra
e mette dentro “alla Destro” uno splendido cross di Alonso.
Finisce con la Fiorentina che fa
possesso palla e pregusta il secondo posto solitario dei prossimi tre giorni.
Il Torino perde con il Chievo, tra i viola e la vetta resta soltanto l’Inter,
che finora ha giocato forse anche peggio di loro ma che ha vinto una partita in
più.
E’ un campionato mediocre, basta
poco per dominarlo, anche un gioco ancora tutto da inventare o registrare come
quello delle due squadre che domenica sera si sfidano a San Siro per il
primato. Non si è visto un bel calcio finora da quando Paulo Sousa è sbarcato a
Firenze, ma già il mister di Viseu, Portugal, può permettersi di guardare più blasonati
colleghi da sopra la spalla. Pesaola del resto nel 1968 fu criticato duramente
per il suo avvio stentato e la sconfitta con i cugini d’oltre Appennino. E
quella era una squadra che giocava da Dio.
Ma i brutti anatroccoli di Sousa
sono già più avanti. Hai visto mai? La vita a volte fa degli scherzi talmente
strani….
Nessun commento:
Posta un commento