23 luglio 2013
It’s Prince William. Con questo titolo il Times di Londra salutava 31 anni fa la nascita del Royal Baby di allora, il figlio dei Principi di Galles Charles Windsor e Diana Spencer. Immagini sfocate di un’altra epoca, una vita fa. Quella di Lady Diana senz’altro. Oggi sarebbe diventata nonna, ma gli dei amano certi personaggi più di altri e li reclamano a sé avanti tempo.
La Principessa di Galles più amata dagli inglesi, la Lady britannica più amata e ammirata dal resto del mondo, la Candela nel Vento di Elton John non è qui oggi a congratularsi con la nuora Kate Middleton divenuta duchessa di Cambridge per effetto delle nozze con quel bambino che lei mise al mondo il 21 giugno 1982, quel principino William di cui i genitori conoscevano in anticipo il sesso e avevano già deciso il nome. Un bel nome british, appartenuto al Conquistatore di Hastings e al Principe di Orange chiamato dall’Olanda all’epoca della Gloriosa Rivoluzione per scacciare i "papisti" Stuart. Un nome nella tradizione Windsor, la famiglia reale inglese. Quando toccherà a lui regnare, sarà il quinto di quel nome, il quarto fu il padre della Regina Vittoria, la sovrana che regnò nell’800 per 64 anni, un record che la nonna di William, Her Majesty Queen Elizabeth II sta inseguendo con prospettive di batterlo.
Per loro figlio, Kate e William hanno voluto mantenere la suspence fino all’ultimo, rifiutando di conoscere il sesso del nascituro e di conseguenza assegnandogli un nome già all’istante della nascita. Il sesso del Royal Baby è stato comunicato alla Nazione, al Commonwealth ed al mondo intero allorché dopo le 16,24 (ora della nascita del bimbo asl St. Mary’s Hospital di Londra, lo stesso dove nacque il padre) al portone di Buckingham Palace è stato affisso un fiocco azzurro, mentre l’Araldo Reale in costume settecentesco dava lettura del relativo proclama a quanti avevano atteso, stavolta come 31 anni fa e come sempre da quando la Monarchia regna in Albione, nella grande piazza di fronte al Palazzo, sotto il Monumento alla Regina Vittoria.
Il piccolo principe è il terzo nella linea di successione a Elisabetta, dopo il nonno superstite Charles (che chissà quante altre cose farà tempo a diventare, prima che Re) ed il padre William, mentre il fratello di costui, Harry, il secondo figlio di Lady Di, passa in quarta posizione. La successione al trono degli Windsor è assicurata, e grazie anche alle nozze mediatiche dei duchi di Cambridge William e Kate ed alla loro attesa dell’erede vissuta altrettanto mediaticamente la riconciliazione dell’Inghilterra con la propria Monarchia può dirsi un fatto compiuto. L’istituzione più vecchia del paese più vecchio del mondo è destinata a durare ancora per almeno un altro paio di generazioni. William e Kate, e da adesso in poi anche il loro erede, promettono di compiere l’impresa che non riuscì a Charles e Diana, anche se la giovane principessa morta a Parigi nel Tunnel dell’Alma per cause che non sapremo mai fece moltissimo per accreditare una immagine del mondo dorato dei Reali inglesi compatibile con il 20° e 21° secolo.
Immagini di teste coronate, di rituali che si ripetono nel tempo, come se si fosse fermato per sempre. La Union Jack che torna a sventolare come ai tempi dell’Impero, le salve di cannone sparate 103 volte da Green Park e dalla Torre di Londra. Si ha un bel dire, ma questo film visto e rivisto con protagonisti in costume come in un romanzo di Sir Walter Scott potrà ripetersi all’infinito senza mancare mai di affascinare una quantità di persone incredibile in tutto il mondo. Su tutti i mezzi di informazione, la nascita del Royal Baby ha surclassato perfino il primo storico viaggio di Papa Francesco, per di più nel suo continente d’origine, l’America Latina.
E la gente comune, malgrado numerose esternazioni sui social network improntate ad un fastidio di maniera, mostra di subire il fascino di tutto quanto è legato alla Monarchia per antonomasia, quella britannica, in un modo imprevedibile per gli anni 2000. A meno di non considerare che, a dispetto del tempo passato, siamo rimasti gli stessi, e le belle storie di principi e principesse, a lieto fine o meno, ci prendono come poco altro. Anche gli stessi americani, che contro questa Monarchia trovarono il loro fondamento come nazione rendendosene indipendenti dopo cinque anni di guerra civile sanguinosa, hanno seguito l’evento come e più che se si fosse trattato di qualcosa legato alla famiglia del loro Presidente. Potenza delle favole, in un mondo attanagliato dalla crisi. O più semplicemente, potenza della natura dell’animo umano.
Sia come sia, Sua Maestà la Regina Elisabetta può rilassarsi, e partire per le sospirate vacanze al castello reale di Balmoral. L’erede è nato, Dio salvi la Regina. There’ll always be an England.
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