6 giugno 2010
Francesca Schiavone mi ricorda Adriano Panatta. E gli anni in cui scoprii che il Tennis era lo sport della mia vita, quello che adoravo davvero. Non il Calcio, con la sua gente becera e violenta, i "tifosi", sinonimo di malati, tipologia che non esiste in nessun altro sport, perché negli altri sport si chiamano "appassionati", termine ben più nobile.
Degli sport di squadra ho amato il Basket, perché i miei anni verdi erano gli anni d'oro del Basket italiano, e perchè ai miei tempi una squadra di Basket era soprattutto una SQUADRA. Il Calcio era già la Curva ribollente di Ultras, decerebrati che si opponevano a decerebrati provenienti da altre città. Morte civile già negli anni 70. Mi piaceva il gioco, ma detestavo la gente che ci si affollava intorno.
Poi c'era questo sport individuale. Una scuola di vita, prima ancora di uno sport. Sul campo da Tennis sei da solo, con la tua racchetta e tutta la forza che riesci a tirar fuori da dentro di te. Il carattere, i valori, la grinta, la personalità. Tutta roba che ormai negli altri sport vendi a un tanto al chilo. Nel Tennis no. E' rimasto quello di Pietrangeli, dei "gesti bianchi" di Gianni Clerici", del grande campione della mia giovinezza, quell'Adriano Panatta che quando doveva giocare io non ci dormivo la notte. Per la Davis del '79, negli Stati Uniti, feci notte bianca, e il giorno dopo ero scuro di essere interrogato a scuola. Nel '76 a Santiago Panatta & C. vincevano la prima e unica Davis italiana, io ero alla Pergola ad ascoltare un'altra fuoriclasse, Manuela Kustermann che recitava Amleto, e "maledicevo Iddio e miei parenti" per non avermi dato più forza e dire NO, stasera resto a casa, a vedere gli azzurri....
Il Tennis era quello che mi aspettavo dalla vita. Mi piaceva giocarlo. Io da solo, con le mie forze. Dipendere da nessun altro. Costringere il braccio al colpo che l'estro nel cervello ti suggerisce. Se ce la fai bene, se no alla prossima. E alla fine la stretta di mano all'avversario. Allo stadio si picchiavano tutte le domeniche. Io sognavo uno sport dove la gente NON APPLAUDE MAI IL COLPO SBAGLIATO DI UN AVVERSARIO.
Ho visto l'epoca d'oro di Adriano Panatta. Francesca me lo ricorda tanto, soprattutto nella capacità di trasformare partite drammatiche e iniziate malissimo in apoteosi epiche. Quando la vedo giocare, mi sento più giovane, di circa 30 anni...e mi ricordo perché giocare a Tennis mi sembrava tanto bello, e l'unica strada per la vittoria vera.
C'é un motivo se a Wimbledon, all'ingresso in campo dei giocatori è trascritta la poesia di Kipling "SE". Invito tutti a rileggerla. Aiuta tanto per vivere una vita migliore.
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