“Lassù in vetta ci fa un gran
freddo, per resistere bisogna essere ben coperti ed attrezzati”. L’aforisma era
di Giovanni Trapattoni, l’ultimo allenatore della Fiorentina a ritrovarsi in
vetta alla classifica prima di Paulo Sousa. Era il 1998, anche allora un giorno
di settembre Firenze si risvegliò capolista, e scoprì subito che la cosa più
difficile da quel momento in poi non era affrontare gli avversari, ma gestire
le intense, travolgenti emozioni che questo fatto di per sé scatenava.
La Fiorentina del Trap peraltro non
sopravvisse ai rigori di quell’inverno in cui tentò la fuga solitaria e di cui
aveva pur vinto il titolo di campione. All’entusiasmo della sua gente non
corrispose un adeguato supporto economico da parte della proprietà di allora.
Al mercato di gennaio a disposizione di un mister che aveva già fatto capire di
avere giocatori forti, alcuni fortissimi, ma contati, fu messo a disposizione
il solo onesto Fabrizio Ficini. Cosicché quando Batistuta si ruppe nello scatto
che avrebbe potuto valere un gol forse decisivo nello scontro diretto con il
Milan ed Edmundo cominciò a sentir risuonare le prime note del samba
provenienti da Rio de Janeiro, al Trap che aveva cercato di tenere Firenze al
caldo per tutta la stagione non rimase che una coperta cortissima.
Vecchia storia, ormai. Tanti
tifosi non l’hanno nemmeno vissuta, per motivi anagrafici. E giustamente fanno
il loro mestiere con entusiasmo sfrenato. Il mestiere di sognare a ruota libera
orizzonti di gloria, dopo la quasi “manita” rifilata all’avversario diretto,
l’Inter dell’odiatissimo Moratti che qualcuno ha ribattezzato con epiteto
geniale quanto divertente la “Juventus a colori”.
Il tifoso è giusto che sogni,
dice un mio carissimo amico. Per carità, ci mancherebbe altro. Cosa vai a fare
a prenderti acqua, vento, neve, oppure sole più cocente che nella Desert
Valley, magari insieme a qualche sganassone da tifosi di altre squadre e
qualche lacrimogeno o manganellata da parte della polizia di stato, se non puoi
nemmeno sognare allorché se ne presenta finalmente l’occasione?
Il fatto è che il campionato di
calcio, in Italia come altrove, non è più un gioco, tantomeno uno sport. E’ una
faccenda diventata terribilmente seria nella quale ballano interessi economici
spaventosi. Una volta era ritenuto ammissibile – da parte di chi gestisce a
vari livelli quegli interessi – che un Verona come quello di Osvaldo Bagnoli,
una Sampdoria come quella di Vujadin Boskov, un Cagliari come quello di Manlio
Scopigno o anche una Fiorentina come quella di Bruno Pesaola scappassero via in
qualche annata in cui le corrazzate di Milano, Torino e Roma erano un po’ in
disarmo. Era ammissibile purché non si ripetesse troppo spesso, e addirittura
gli stessi padroni del vapore lo accettavano come facente parte della stessa bellezza
del calcio. Golia senza Davide alla fine si romperebbe le scatole.
Adesso non più. Adesso gli
scudetti e le Champion’s sono quotate in borsa e vengono messe a bilancio.
Adesso, se non sei un magnate russo o uno sceicco, guai se non ti arrivano i
soldi di Sky o di Premium che spettano ai vincitori o comunque ai primissimi
classificati. Ecco perché stare lassù in vetta è diventato ancora più difficile
in questi ultimi vent’anni trascorsi da quando il Trap predicava da queste
parti. Il freddo adesso è diventato gelo polare.
Il tifoso è giusto che sogni,
perché il sogno è l’essenza della sua stessa anima. Ma è bene che lo faccia con
moderazione. Est modus in rebus, diceva Plinio il Giovane (che poi però andava
a vedere i Giochi del Colosseo come tutti gli Antichi Romani, non meno fanatici
dello stadio degli attuali). E’ bene farlo in silenzio, perché come in tempo di
guerra, “il nemico ti ascolta”. Da questo momento è bene sapere che alla
Fiorentina nessuno regalerà più niente. Già da domenica l’Atalanta verrà a
difendersi come a Fort Apache, in casa della capolista. Già da domenica, forse,
il Palazzo invierà arbitri – diciamo così – meno benevoli, o anche soltanto
meno pronti del pur inquietante Damato a dare alla Viola quello che è della
Viola.
Se dovessimo attraversare momenti
meno felici di quello attuale, ricordiamoci della profezia del Trap. Che tra
l’altro in un’altra occasione egualmente triste per noi, nel 1982, era
dall’altra parte della barricata. Era a Catanzaro dove il gol della Juventus
venne convalidato, anzi propiziato. Mentre a Cagliari quello di Graziani veniva
annullato. E ancora a distanza di più di 30 anni il sig. Mattei di Macerata non
ha saputo dire perché. Ma in compenso l’ha fatto capire benissimo.
E’ un’annata strana. L’anno in
cui ti scappa un Verona o una Sampdoria. Ad occhio e croce, squadre in senso
assoluto più forti della Fiorentina non sembrano esserci. Magari squadre più
robuste, più attrezzate sì. La panchina di Paulo Sousa non è lunghissima.
L’inverno invece – come si è detto – è molto, molto lungo.
Sembra che il “sacco di San Siro”
abbia risvegliato nei nostri patròn di Casette d’Ete emozioni che forse non
sapevano nemmeno loro di avere. Bene, anzi benissimo. E’ importante che i
giocatori ed i tifosi vedano in tribuna più spesso anche Diego, oltre al sempre
presente Andrea Della Valle. E’ importante però che tutti vedano anche altri
segnali. Al mercato estivo la famiglia ha fatto una scommessa da brividi. A
quello di gennaio sarebbe bene che si andasse sul sicuro, e di livello.
Cari Andrea e Diego, se qualche
vostro dirigente vi si presentasse a gennaio con la proposta di prendere un
certo Fabrizio Ficini perché è un affare da plusvalenza sicura, date retta ad
un vecchio tifoso: lasciate perdere. Meglio non prendere nessuno.
A tutti quanti gli aficionados
viola, calma e gesso. Il gatto finché non è nel sacco può essere una belva
feroce da catturare. Firmato Giovanni Trapattoni.
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