Al sesto minuto Mohamed Salah
segna il gol dell’ex e leva il pensiero a tutti. A se stesso ed a tutto lo
Stadio Franchi, che avrebbe inteso fischiarlo per novanta minuti. Il gol
dell’egiziano, splendido e che ricorda in modo particolare quello segnato da
Fabio Grosso a Dortmund nel 2006 nella semifinale mondiale vinta dall’Italia
sulla Germania, chiude subito il discorso contestazione, ed anche purtroppo
quello della Fiorentina capolista.
Negli 88 minuti successivi la
squadra viola terrà la palla per il 72% del tempo di gioco effettivo, mostrerà
di avere addirittura un tasso tecnico di squadra forse superiore a quello della
Roma, sbaglierà un sacco di gol, ne prenderà un altro a confronto del quale
quello subito domenica scorsa a Napoli da Higuain sbiadisce assai in quanto a “polleria”,
segnerà soltanto all’ultimo minuto l’inutile gol della bandiera con un Babacar
che aveva iniziato i suoi 10 minuti così come aveva concluso i 90 contro il
Lech Poznan.
Il discorso Salah aveva finito
inevitabilmente per deviare l’attenzione da una partita che la Fiorentina
doveva giocare con la giusta concentrazione, poiché in ballo c’era la difesa di
un primo posto lungamente inseguito e finalmente conquistato con una
prestazione a San Siro esattamente a specchio di quella fornita ieri, con il
match che si è messo subito per il verso giusto, sì, ma per gli avversari.
Sull’egiziano resta poco da dire,
ormai. I fischi erano e restano ingenerosi. Il Messi delle Piramidi a Firenze
non ci voleva venire, fu convinto obtorto collo dalla famigerata clausola
rescissoria (senza della quale probabilmente già a gennaio avrebbe preso la via
di Roma), non promise mai di rimanere, non ritenne di aggiungere nulla, nemmeno
i saluti, quando si conclusero i quattro mesi durante i quali contribuì a portare
la squadra viola ancora più su di quanto sarebbe arrivata senza di lui, una
volta resa orfana di Juan Guillermo Cuadrado.
E’ una di quelle tipiche storie di calcio alle quali a
Firenze non ci siamo mai voluti abituare. Sempre alla ricerca di “bandiere” che
dopo Bosman non esistono e non possono esistere più. Sempre disperati poi dal
gol dell’ex quando le bandiere se ne vanno. Non abbiamo ancora digerito il gol
di Batistuta segnato alla Fiorentina con la maglia giallorossa all’Olimpico nell’ottobre
2000, chissà quanto ci vorrà per digerire questo, francamente tra l’altro più
digeribile per i tifosi che non per i difensori viola. I quali avrebbero dovuto
marcare più attentamente colui che è e resta comunque un gran giocatore.
A proposito di Salah, sul suo
gol, che interrompe traumaticamente un discreto avvio dei ragazzi di Sousa, le
colpe sono di una difesa che come altre volte si fa sorprendere schierata in
modo più adatto al gioco delle “belle statuine” che a quello del calcio. Poi,
Salah calcia da par suo, ma il marcatore lo ha da tempo abbandonato preferendo
spostarsi su un Pjanic che si è già liberato della palla ed è pertanto fuori
dal gioco. E non sarà nemmeno la sciocchezza più grande della serata viola.
Per mezz’ora infatti la Fiorentina
cerca di raddrizzare una partita che si è messa esattamente nel verso in cui
voleva la Roma. Quest’anno i giallorossi appaiono assai meno tecnici delle
passate stagioni (un Totti, un Llajic ma anche un De Rossi dei tempi d’oro non
si inventano tutti gli anni), ma sono se possibile ancora più “tosti”. In dieci
dietro la linea del pallone tendono a diventare difficilmente superabili per
una Fiorentina che col tempo si è sistematicamente privata dei suoi migliori
dribblatori, da Jovetic a Joaquin.
In certe fasi il gioco dei
ragazzi di Sousa ricorda quello dei ragazzi di Montella, che poi per gran parte
sono gli stessi. Con l’unica differenza che davanti adesso c’è un Kalinic spesso
in grado da solo di trasformare in oro tante pallonate disperanti che riceve in
avanti quando il reflusso di tiki taka non trova sbocchi. Peccato che il croato
stasera non sia in serata, anzi. In un paio di occasioni potrebbe arrivare solo
davanti al portiere e fulminarlo, riportando in corsa la propria squadra. Nella
prima, ad un controllo volante degno del miglior Maradona segue un pallonetto
che più che gridar vendetta fa bestemmiare. Ciabattata ancora più indegna sulla
seconda occasione nella ripresa.
L’altro che ha una serata come
nemmeno ai vecchi tempi è Josip Ilicic, che appare impegnarsi tanto, tocca
tanti palloni e al momento buono li sbaglia quasi tutti. Succede. Quello che
non dovrebbe succedere è di andare a battere un calcio d’angolo in dieci, non
lasciando nessuno indietro a parare l’eventuale contropiede della Roma. E’ il 33’ quando Roncaglia asseconda
un istinto suicida salendo insieme agli altri per il corner, cosicché quando
sul rinvio romanista Florenzi pesca Gervinho solo solissimo e questi si fa
settanta metri di campo per andare ad uccellare Tatarusanu appare chiaro fin
dalla prima falcata dell’ivoriano che per la Fiorentina sta per farsi notte
fonda.
Non è il miglior Sousa quello di
stasera, altrimenti dovrebbe passare l’intervallo a urlare nelle orecchie
dell’incauto Roncaglia e di altri suoi compagni. La ripresa comincia invece
dove era finito il primo tempo, la Fiorentina macina tanto gioco ma manca
spesso di cattiveria agonistica e di idee chiare nei suoi portatori di palla. E
quando la palla filtra capitando sul piede del finalizzatore, essa finisce regolarmente
alle stelle sopra la Curva.
Hanno un bel da fare Borja Valero
insieme ad un omnipresente Bernardeschi per tenere viva la manovra e la
speranza di questa schizo-Fiorentina, che domina la Roma sul piano del gioco e però
non la impensierisce quasi mai, maltrattando indegnamente le poche occasioni da
rete. Che comunque sarebbero sufficienti a tenerla in alto, come era già
successo la domenica prima a Napoli.
Alla fine il mister opta per un
cambio atteso da tutto lo stadio, quello di Giuseppe Rossi per Badelj. Il
croato non avrebbe particolari demeriti, ma è arrivato il momento di giocare il
tutto per tutto. L’occasione più clamorosa del secondo tempo tutto sommato ce
l’aveva avuta fino a quel momento la Roma, vicinissima ad andare sul 3-0 con un
altro contropiede di Gervinho e salvataggio sulla linea da Bernardeschi. Altro
cambio, Mati Fernandez per un Kuba abbastanza sottotono. Perfino l’evanescente
cileno di questo periodo riesce in effetti a combinare qualcosa in più del
polacco.
Quanto a Pepito, la classe non è
acqua e non lo diventa nemmeno col tempo e con gli acciacchi. Il fuoriclasse del New Jersey quasi pareggia
la partita da solo, segnando un gol annullato per fuorigioco di Kalinic e dando
a Bernardeschi la palla d’oro di un 2-2 non facilissimo ma possibile.
Nel finale, Babacar entrato al
posto di Gonzalo prima scaraventa malamente fuori e poi mette dentro alla
grande. Ma è il 94 e non c’è più niente da fare per salvare serata e primo
posto. Restano i fischi inutili del Franchi ad un Salah che si fa espellere per
un plateale “vaffa” all’arbitro Orsato (i tifosi fiorentini ce l’avevano
mandato nel primo tempo per non aver sanzionato un mani fuori area del portiere
romanista Szczesny). Salah macchia così il cartellino di una serata per tutti
gli altri versi per lui perfetta.
Resta soprattutto un secondo
posto in coabitazione che fa dire un po’ a tutti che i danni sono limitati al
minimo. L’annata è e resterà di quelle strane, nessuno pare in grado di andare
in fuga. C’è tempo di rimediare agli errori. La sensazione è che questa
Fiorentina valga di più come complesso di una Roma che ha individualità forse
migliori ma che esprime un gioco di squadra meno brillante che nel passato.
Come il Napoli, se la Roma semmai ha qualcosa di più della Fiorentina è nel
reparto offensivo. Ma i due match-verità, i due esami di maturità potevano
essere superati con un minimo di attenzione da parte dei viola.
E’ proprio sull’attenzione che
deve lavorare mister Sousa in questo momento. Parafrasando ciò che dice
Sylvester Stallone nel celebre film “Fuga per la vittoria”, qualcuno spieghi a
Roncaglia dove si deve mettere per il calcio d’angolo. Poi, in ultima analisi,
a questo gioco è fondamentale buttarla dentro. Una in più dell’avversario. Una
delle tante capitate ieri sera. Sarebbe bastata a fare ben altri discorsi.
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