lunedì 26 ottobre 2015

DIARIO VIOLA: Fiorentina agli esami di riparazione



Al sesto minuto Mohamed Salah segna il gol dell’ex e leva il pensiero a tutti. A se stesso ed a tutto lo Stadio Franchi, che avrebbe inteso fischiarlo per novanta minuti. Il gol dell’egiziano, splendido e che ricorda in modo particolare quello segnato da Fabio Grosso a Dortmund nel 2006 nella semifinale mondiale vinta dall’Italia sulla Germania, chiude subito il discorso contestazione, ed anche purtroppo quello della Fiorentina capolista.
Negli 88 minuti successivi la squadra viola terrà la palla per il 72% del tempo di gioco effettivo, mostrerà di avere addirittura un tasso tecnico di squadra forse superiore a quello della Roma, sbaglierà un sacco di gol, ne prenderà un altro a confronto del quale quello subito domenica scorsa a Napoli da Higuain sbiadisce assai in quanto a “polleria”, segnerà soltanto all’ultimo minuto l’inutile gol della bandiera con un Babacar che aveva iniziato i suoi 10 minuti così come aveva concluso i 90 contro il Lech Poznan.
Il discorso Salah aveva finito inevitabilmente per deviare l’attenzione da una partita che la Fiorentina doveva giocare con la giusta concentrazione, poiché in ballo c’era la difesa di un primo posto lungamente inseguito e finalmente conquistato con una prestazione a San Siro esattamente a specchio di quella fornita ieri, con il match che si è messo subito per il verso giusto, sì, ma per gli avversari.
Sull’egiziano resta poco da dire, ormai. I fischi erano e restano ingenerosi. Il Messi delle Piramidi a Firenze non ci voleva venire, fu convinto obtorto collo dalla famigerata clausola rescissoria (senza della quale probabilmente già a gennaio avrebbe preso la via di Roma), non promise mai di rimanere, non ritenne di aggiungere nulla, nemmeno i saluti, quando si conclusero i quattro mesi durante i quali contribuì a portare la squadra viola ancora più su di quanto sarebbe arrivata senza di lui, una volta resa orfana di Juan Guillermo Cuadrado.
E’ una di  quelle tipiche storie di calcio alle quali a Firenze non ci siamo mai voluti abituare. Sempre alla ricerca di “bandiere” che dopo Bosman non esistono e non possono esistere più. Sempre disperati poi dal gol dell’ex quando le bandiere se ne vanno. Non abbiamo ancora digerito il gol di Batistuta segnato alla Fiorentina con la maglia giallorossa all’Olimpico nell’ottobre 2000, chissà quanto ci vorrà per digerire questo, francamente tra l’altro più digeribile per i tifosi che non per i difensori viola. I quali avrebbero dovuto marcare più attentamente colui che è e resta comunque un gran giocatore.
A proposito di Salah, sul suo gol, che interrompe traumaticamente un discreto avvio dei ragazzi di Sousa, le colpe sono di una difesa che come altre volte si fa sorprendere schierata in modo più adatto al gioco delle “belle statuine” che a quello del calcio. Poi, Salah calcia da par suo, ma il marcatore lo ha da tempo abbandonato preferendo spostarsi su un Pjanic che si è già liberato della palla ed è pertanto fuori dal gioco. E non sarà nemmeno la sciocchezza più grande della serata viola.
Per mezz’ora infatti la Fiorentina cerca di raddrizzare una partita che si è messa esattamente nel verso in cui voleva la Roma. Quest’anno i giallorossi appaiono assai meno tecnici delle passate stagioni (un Totti, un Llajic ma anche un De Rossi dei tempi d’oro non si inventano tutti gli anni), ma sono se possibile ancora più “tosti”. In dieci dietro la linea del pallone tendono a diventare difficilmente superabili per una Fiorentina che col tempo si è sistematicamente privata dei suoi migliori dribblatori, da Jovetic a Joaquin.
In certe fasi il gioco dei ragazzi di Sousa ricorda quello dei ragazzi di Montella, che poi per gran parte sono gli stessi. Con l’unica differenza che davanti adesso c’è un Kalinic spesso in grado da solo di trasformare in oro tante pallonate disperanti che riceve in avanti quando il reflusso di tiki taka non trova sbocchi. Peccato che il croato stasera non sia in serata, anzi. In un paio di occasioni potrebbe arrivare solo davanti al portiere e fulminarlo, riportando in corsa la propria squadra. Nella prima, ad un controllo volante degno del miglior Maradona segue un pallonetto che più che gridar vendetta fa bestemmiare. Ciabattata ancora più indegna sulla seconda occasione nella ripresa.
L’altro che ha una serata come nemmeno ai vecchi tempi è Josip Ilicic, che appare impegnarsi tanto, tocca tanti palloni e al momento buono li sbaglia quasi tutti. Succede. Quello che non dovrebbe succedere è di andare a battere un calcio d’angolo in dieci, non lasciando nessuno indietro a parare l’eventuale contropiede della Roma. E’ il 33’ quando Roncaglia asseconda un istinto suicida salendo insieme agli altri per il corner, cosicché quando sul rinvio romanista Florenzi pesca Gervinho solo solissimo e questi si fa settanta metri di campo per andare ad uccellare Tatarusanu appare chiaro fin dalla prima falcata dell’ivoriano che per la Fiorentina sta per farsi notte fonda.
Non è il miglior Sousa quello di stasera, altrimenti dovrebbe passare l’intervallo a urlare nelle orecchie dell’incauto Roncaglia e di altri suoi compagni. La ripresa comincia invece dove era finito il primo tempo, la Fiorentina macina tanto gioco ma manca spesso di cattiveria agonistica e di idee chiare nei suoi portatori di palla. E quando la palla filtra capitando sul piede del finalizzatore, essa finisce regolarmente alle stelle sopra la Curva.
Hanno un bel da fare Borja Valero insieme ad un omnipresente Bernardeschi per tenere viva la manovra e la speranza di questa schizo-Fiorentina, che domina la Roma sul piano del gioco e però non la impensierisce quasi mai, maltrattando indegnamente le poche occasioni da rete. Che comunque sarebbero sufficienti a tenerla in alto, come era già successo la domenica prima a Napoli.
Alla fine il mister opta per un cambio atteso da tutto lo stadio, quello di Giuseppe Rossi per Badelj. Il croato non avrebbe particolari demeriti, ma è arrivato il momento di giocare il tutto per tutto. L’occasione più clamorosa del secondo tempo tutto sommato ce l’aveva avuta fino a quel momento la Roma, vicinissima ad andare sul 3-0 con un altro contropiede di Gervinho e salvataggio sulla linea da Bernardeschi. Altro cambio, Mati Fernandez per un Kuba abbastanza sottotono. Perfino l’evanescente cileno di questo periodo riesce in effetti a combinare qualcosa in più del polacco.
Quanto a Pepito, la classe non è acqua e non lo diventa nemmeno col tempo e con gli acciacchi.  Il fuoriclasse del New Jersey quasi pareggia la partita da solo, segnando un gol annullato per fuorigioco di Kalinic e dando a Bernardeschi la palla d’oro di un 2-2 non facilissimo ma possibile.
Nel finale, Babacar entrato al posto di Gonzalo prima scaraventa malamente fuori e poi mette dentro alla grande. Ma è il 94 e non c’è più niente da fare per salvare serata e primo posto. Restano i fischi inutili del Franchi ad un Salah che si fa espellere per un plateale “vaffa” all’arbitro Orsato (i tifosi fiorentini ce l’avevano mandato nel primo tempo per non aver sanzionato un mani fuori area del portiere romanista Szczesny). Salah macchia così il cartellino di una serata per tutti gli altri versi per lui perfetta.
Resta soprattutto un secondo posto in coabitazione che fa dire un po’ a tutti che i danni sono limitati al minimo. L’annata è e resterà di quelle strane, nessuno pare in grado di andare in fuga. C’è tempo di rimediare agli errori. La sensazione è che questa Fiorentina valga di più come complesso di una Roma che ha individualità forse migliori ma che esprime un gioco di squadra meno brillante che nel passato. Come il Napoli, se la Roma semmai ha qualcosa di più della Fiorentina è nel reparto offensivo. Ma i due match-verità, i due esami di maturità potevano essere superati con un minimo di attenzione da parte dei viola.
E’ proprio sull’attenzione che deve lavorare mister Sousa in questo momento. Parafrasando ciò che dice Sylvester Stallone nel celebre film “Fuga per la vittoria”, qualcuno spieghi a Roncaglia dove si deve mettere per il calcio d’angolo. Poi, in ultima analisi, a questo gioco è fondamentale buttarla dentro. Una in più dell’avversario. Una delle tante capitate ieri sera. Sarebbe bastata a fare ben altri discorsi.

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