Tempi duri per i sindaci del PD.
La sorte di Marino a Roma è segnata. A Milano Pisapia finisce addirittura sul
blog del supermolleggiato Celentano.
La decisione di compiere la strage di alberi secolari (oltre 500) a Lorenteggio
per aprire il cantiere della nuova tratta della M4 costa all’ex Sindaco Rock
l’appoggio dell’ex Stella del Rock, e probabilmente di una bella fetta di
opinione pubblica.
A Roma, tanto per sparare sulla
Croce Rossa, tra le tante malefatte alla Giunta Marino viene ascritta quella di
stare meditando una strage analoga, anzi semmai amplificata, con la scusa
dell’eliminazione degli alberi-killer.
Quelli che in assenza di manutenzione rischiano di venire giù ad ogni raffica
di vento, sulla testa e sulle proprietà dei malcapitati cittadini. Si parla di
cifre dell’ordine di migliaia.
Firenze è tutto fuorché una
metropoli. Almeno nei grandi numeri deve inchinarsi alle due più popolose città
di cui sopra. Tuttavia il sindaco Nardella, muovendosi sulla falsariga dei
predecessori Domenici e Renzi e soprattutto degli appalti da questi assegnati,
ha voluto legare il proprio nome ad una proporzionata strage nostrana di
vegetazione urbana e – non solo per quello – ad un probabile crescendo di
impopolarità. Da Via dello Statuto a Viale Morgagni a Via di Novoli, la Tramvia
ha chiesto il suo tributo arboreo, con buona pace di ambientalisti o
semplicemente di cittadini nostalgici della Firenze che fu. In compenso, strade
chiuse o ridotte ad impraticabili mulattiere, sensi di marcia stravolti e
segnaletiche azzerate si sprecano ormai quotidianamente, a rendere la vita dei
fiorentini simile ad un inferno urbano.
Fu Domenici a dettare ai posteri
la storica frase: “fate pure i vostri referendum, noi faremo i nostri appalti”.
La Tramvia ormai a Firenze è indiscutibile. E’ il progresso che avanza, il Cavallo
di Ferro che attraversò già le Grandi Praterie nordamericane e le sconfinate
steppe e tundre gelate dagli Urali alla Siberia allo Stretto di Bering. Da tre amministrazioni
a questa parte, il Comune di Firenze quando decide qualcosa non guarda più in
faccia a nessuno.
I guai cominciano quando si
tratta di passare dai discorsi e dai progetti ai fatti. Allora i tempi si
dilatano ed i modi si ammorbidiscono sensibilmente. E’ sotto gli occhi di tutti
i cittadini quotidianamente la situazione dei cantieri delle Linee 2 e 3 della
Tramvia. Dalla tarda primavera del 2014 siamo all’autunno inoltrato del 2015.
Di longarine poste a terra se ne vedono poche, di cantieri occultati dentro a
cui si muovono mostri meccanici a fare cosa non è dato sapere ce ne sono sempre
di più. Di operai a lavorare, almeno nei tratti più a vista, a partire dalla
scorsa estate sempre meno.
E’ un dato di fatto che se la
Union e la Central Pacific negli anni sessanta del secolo diciannovesimo avessero
lavorato ai ritmi delle ditte che gestiscono l’appalto della Tramvia a Firenze,
il lavori della First Transcontinental Railroad negli Stati Uniti avrebbero
richiesto assai più dei sei anni in cui vennero portati a termine, con mezzi tecnici
tra l’altro infinitamente ridotti. I lavori nei cantieri di Novoli, Peretola e Careggi
assomigliano più per la durata a quelli della Transiberiana, che impiegò 15
anni ai primi del ventesimo secolo per collegare San Pietroburgo a Vladivostok.
Anche se per la verità si trattava di coprire ben 9288 chilometri in
luogo dei due o tre attraverso Firenze.
Scherzi a parte, se perfino il
sindaco Nardella, solitamente dall’aplomb assai british, ha mostrato segni di
prossimo sbottamento allorché ha intimato alle ditte esecutrici di triplicare
d’ora in avanti i turni di lavoro per rispettare i tempi di consegna, qualcosa
che non va ci dev’essere. Le ditte replicano individuando come termine nuovo
delle opere e dei relativi cantieri la primavera del 2017. E soprattutto
mantenendo a quanto è dato vedere gli stessi ritmi di lavorazione.
In Via di Novoli sono state tolte
molte delle transenne nel tratto tra il nuovo centro commerciale di San Donato
e la Regione Toscana, ma le opere appaiono tutt’altro che finite. Come un
accampamento barbarico d’altri tempi, molte delle attrezzature sono state tolte
e/o spostate più avanti verso via Mariti. Ma a terra è rimasto un tracciato
tutt’altro che terminato. Forse si tratta più di una decisione presa per
mostrare qualcosa di concreto alla cittadinanza che di una reale conclusione di
un’opera importante, che comunque ha causato e causa ai cittadini notevole
disagio.
Cantieri e lavori procedono a
ritmi che avrebbero spazientito il Presidente Lincoln e lo zar Nicola II molto
più e molto prima del Sindaco Nardella. Ma quelli, si sa, erano altri tempi.
L’ARPAT era nella mente di Dio e le Ferrovie dello Stato erano un ente
tutt’altro che autonomo, quasi sovrano, come adesso. Non c’era la revisione
prezzi e le varianti in corso d’opera ammesse erano molto, ma molto poche.
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