20 ottobre, ricorre San Pepito.
Due anni fa il ragazzo venuto dal New Jersey a rinverdire la leggenda di
Pablito Rossi (l’accostamento fu fatto dal mitico Enzo Bearzot) giocò l’ultima
delle sue partite all’altezza di quella leggenda suonando la carica della
rimonta e segnando tre dei quattro gol di un 4-2 che rimarrà nella storia della
Fiorentina. La Juventus di Antonio Conte era uno squadrone all’epoca, ma non si
aspettava i lampi con cui Pepito la folgorò, con San Joaquin de Andalusìa a
completare l’opera.
La giornata – è inevitabile –
trascorrerà per tifosi e addetti ai lavori nelle funzioni religiose previste
ormai per i secoli a venire dal calendario di Frate Fiorentino. Con la speranza
che non diventi una data isolata in quel calendario, qualcosa di cui si
favoleggerà a lungo disperando di vederlo ripetersi sotto i nostri occhi di
abitanti di questa Terra a tempo determinato. Come quel 4-1 alla Roma di
qualche anno fa (era la Prima Era, c’era ancora Prandelli) che domenica
prossima ci farebbe tanto comodo replicare, nella sostanza se non nelle
proporzioni.
Per una volta vogliamo essere più
dellavalliani di Della Valle. Vivere di ricordi è da provinciali. La testa deve
stare al futuro, soprattutto a quello prossimo. La Fiorentina quest’anno sembra
una squadra che ha la possibilità di levare a sé ed ai propri tifosi diverse
soddisfazioni. Lo ha dimostrato perfino nella sconfitta, maturata più per
disattenzioni e supponenze di alcuni suoi elementi che per reale superiorità
dell’avversario.
Il Napoli, si leggeva e si legge
tutt’ora, la Fiorentina se la mangia a pranzo e a cena. Sarri è il nuovo
Mourinho, Higuain è più forte di Batistuta. E via dicendo. Va bene così, finché
gli opinionisti parlano contro, la concentrazione resta alta. Due volte
l’Italia è stata data per spacciata e sbeffeggiata, nel 1982 e nel 2006, e due
volte ha vinto il titolo mondiale restituendo con gli interessi frizzi e lazzi
ricevuti.
Domenica arriva un altro
schiacciasassi, almeno a sentire chi di calcio se ne intende. Con la Roma non c’è
partita. Al San Paolo siamo stati presi a bottigliate di orina, al Franchi ci
pioveranno in testa quintali di kebab. Nella vita ci sono ben poche certezze,
ma due le possiamo avere fin d’ora: la Fiorentina di Paulo Sousa terrà sicuramente
il campo meglio di quanto i pronostici le concedano attualmente, poi si può
vincere o perdere – come si è visto decidono più gli episodi di tutti i
tatticismi con cui questo sport è stato ammorbato fin dalla sua nascita – ma
Borja Valero & C. se la giocheranno fino alla fine, all’altezza
dell’avversario. Come ha detto lo spagnolo, è bello stare in testa, dà
sensazioni positive ed i ragazzi in viola stanno scoprendo che vale la pena
lottare per restarci.
La seconda certezza è che i
tifosi romani non si comporteranno meglio di quelli napoletani. Sono debiti
kharmici che dobbiamo scontare in questa vita, noi come il resto d’Italia. La
cosa migliore è ignorare le provocazioni, per quanto possibile (se ti tirano in
testa cose che dovrebbero stare in un laboratorio di analisi non sempre è
facile) e andare avanti per la nostra strada. I conti si fanno alla fine. Non
quelli tra tifoserie, per l’amor di Dio, ma quelli tra le squadre. Nel 1969 per
esempio la Fiorentina non era accreditata di reggere il passo del Milan di
Rivera e del Cagliari di Riva. Andò a finire come tutti sanno.
Paulo Sousa ha dimostrato
nell’intervista post partita di Napoli di avere la testa giusta. “Sconfitta
salutare”, ha detto. Così parla un allenatore che guarda lontano. E c’è da
credere che il mister portoghese stia guardando molto lontano, almeno fino alla
primavera prossima. Se dipende da lui, e se la società lo sostiene
adeguatamente, quest’anno probabilmente ci sarà da divertirsi.
Non è proprio il caso di
sciuparsi un probabile bel campionato amareggiandosi in polemiche con altre
tifoserie appartenenti a città che hanno smesso da tempo di essere le culle di
civiltà che pretendono tutt’ora di essere. La squadra farà il suo dovere sul
campo di calcio, noi facciamo il nostro fuori, ignorando critiche interessate e
cialtroneschi sfottò.
Roma e Napoli hanno smesso da
tempo di essere quelle dei tempi di Stendhal. Sotto il Vesuvio non abitano più
Eduardo De Filippo, Massimo Troisi, Pino Daniele. C’è una umanità che si
esprime – quando va bene, ma parecchio bene – a “vasate” di materiale organico.
Lungotevere le cose non è che vadano recentemente granché meglio, e non certo
per colpa esclusiva del sindaco dimissionario Marino.
Ecco, purtroppo anche Firenze
ultimamente si sta organizzando per primeggiare contro le due suddette metropoli
anche nello speciale campionato di sudicio, confusione, cialtroneria.
Apprezziamo gli sforzi dell’amministrazione comunale in carica e di quelle
precedenti. Ma francamente preferiremmo essere primi a fine corsa soltanto in
quella graduatoria che si chiama Serie A.
Il resto lasciamolo a chi vive
nel “folklore”, chiamiamolo così. E ricordiamoci dei nostri vecchi, che quando
arrivavano romanisti e napoletani si facevano il segno della croce preparandosi
ad una domenica di passione (civile, perché sul piano calcistico a quell’epoca
la Fiorentina dava lezioni a tutti), ma nulla più.
Forza viola. Segniamo sul
calendario qualche altra data da ricordare.
Nessun commento:
Posta un commento