martedì 20 ottobre 2015

VIOLA NELLA TESTA E NEL CUORE: LA NOSTRA GRANDE BELLEZZA



20 ottobre, ricorre San Pepito. Due anni fa il ragazzo venuto dal New Jersey a rinverdire la leggenda di Pablito Rossi (l’accostamento fu fatto dal mitico Enzo Bearzot) giocò l’ultima delle sue partite all’altezza di quella leggenda suonando la carica della rimonta e segnando tre dei quattro gol di un 4-2 che rimarrà nella storia della Fiorentina. La Juventus di Antonio Conte era uno squadrone all’epoca, ma non si aspettava i lampi con cui Pepito la folgorò, con San Joaquin de Andalusìa a completare l’opera.
La giornata – è inevitabile – trascorrerà per tifosi e addetti ai lavori nelle funzioni religiose previste ormai per i secoli a venire dal calendario di Frate Fiorentino. Con la speranza che non diventi una data isolata in quel calendario, qualcosa di cui si favoleggerà a lungo disperando di vederlo ripetersi sotto i nostri occhi di abitanti di questa Terra a tempo determinato. Come quel 4-1 alla Roma di qualche anno fa (era la Prima Era, c’era ancora Prandelli) che domenica prossima ci farebbe tanto comodo replicare, nella sostanza se non nelle proporzioni.
Per una volta vogliamo essere più dellavalliani di Della Valle. Vivere di ricordi è da provinciali. La testa deve stare al futuro, soprattutto a quello prossimo. La Fiorentina quest’anno sembra una squadra che ha la possibilità di levare a sé ed ai propri tifosi diverse soddisfazioni. Lo ha dimostrato perfino nella sconfitta, maturata più per disattenzioni e supponenze di alcuni suoi elementi che per reale superiorità dell’avversario.
Il Napoli, si leggeva e si legge tutt’ora, la Fiorentina se la mangia a pranzo e a cena. Sarri è il nuovo Mourinho, Higuain è più forte di Batistuta. E via dicendo. Va bene così, finché gli opinionisti parlano contro, la concentrazione resta alta. Due volte l’Italia è stata data per spacciata e sbeffeggiata, nel 1982 e nel 2006, e due volte ha vinto il titolo mondiale restituendo con gli interessi frizzi e lazzi ricevuti.
Domenica arriva un altro schiacciasassi, almeno a sentire chi di calcio se ne intende. Con la Roma non c’è partita. Al San Paolo siamo stati presi a bottigliate di orina, al Franchi ci pioveranno in testa quintali di kebab. Nella vita ci sono ben poche certezze, ma due le possiamo avere fin d’ora: la Fiorentina di Paulo Sousa terrà sicuramente il campo meglio di quanto i pronostici le concedano attualmente, poi si può vincere o perdere – come si è visto decidono più gli episodi di tutti i tatticismi con cui questo sport è stato ammorbato fin dalla sua nascita – ma Borja Valero & C. se la giocheranno fino alla fine, all’altezza dell’avversario. Come ha detto lo spagnolo, è bello stare in testa, dà sensazioni positive ed i ragazzi in viola stanno scoprendo che vale la pena lottare per restarci.
La seconda certezza è che i tifosi romani non si comporteranno meglio di quelli napoletani. Sono debiti kharmici che dobbiamo scontare in questa vita, noi come il resto d’Italia. La cosa migliore è ignorare le provocazioni, per quanto possibile (se ti tirano in testa cose che dovrebbero stare in un laboratorio di analisi non sempre è facile) e andare avanti per la nostra strada. I conti si fanno alla fine. Non quelli tra tifoserie, per l’amor di Dio, ma quelli tra le squadre. Nel 1969 per esempio la Fiorentina non era accreditata di reggere il passo del Milan di Rivera e del Cagliari di Riva. Andò a finire come tutti sanno.
Paulo Sousa ha dimostrato nell’intervista post partita di Napoli di avere la testa giusta. “Sconfitta salutare”, ha detto. Così parla un allenatore che guarda lontano. E c’è da credere che il mister portoghese stia guardando molto lontano, almeno fino alla primavera prossima. Se dipende da lui, e se la società lo sostiene adeguatamente, quest’anno probabilmente ci sarà da divertirsi.
Non è proprio il caso di sciuparsi un probabile bel campionato amareggiandosi in polemiche con altre tifoserie appartenenti a città che hanno smesso da tempo di essere le culle di civiltà che pretendono tutt’ora di essere. La squadra farà il suo dovere sul campo di calcio, noi facciamo il nostro fuori, ignorando critiche interessate e cialtroneschi sfottò.
Roma e Napoli hanno smesso da tempo di essere quelle dei tempi di Stendhal. Sotto il Vesuvio non abitano più Eduardo De Filippo, Massimo Troisi, Pino Daniele. C’è una umanità che si esprime – quando va bene, ma parecchio bene – a “vasate” di materiale organico. Lungotevere le cose non è che vadano recentemente granché meglio, e non certo per colpa esclusiva del sindaco dimissionario Marino.
Ecco, purtroppo anche Firenze ultimamente si sta organizzando per primeggiare contro le due suddette metropoli anche nello speciale campionato di sudicio, confusione, cialtroneria. Apprezziamo gli sforzi dell’amministrazione comunale in carica e di quelle precedenti. Ma francamente preferiremmo essere primi a fine corsa soltanto in quella graduatoria che si chiama Serie A.
Il resto lasciamolo a chi vive nel “folklore”, chiamiamolo così. E ricordiamoci dei nostri vecchi, che quando arrivavano romanisti e napoletani si facevano il segno della croce preparandosi ad una domenica di passione (civile, perché sul piano calcistico a quell’epoca la Fiorentina dava lezioni a tutti), ma nulla più.
Forza viola. Segniamo sul calendario qualche altra data da ricordare.

Nessun commento:

Posta un commento