Citius,
altius, fortius (più veloce, più alto, più forte) fu da subito il motto
delle Olimpiadi moderne, che intesero così riallacciarsi a
quelle antiche come se non ci fosse stata nel frattempo una soluzione di
continuità durata millecinquecento anni. Per la Carta Olimpica,
l’elenco dei principi a cui dovevano ispirarsi atleti e nazioni nel gareggiare
sotto la fiamma del sacro fuoco di Olimpia, bisognò attendere
il 1899. Mentre la celebre bandiera dei cinque cerchi arrivò
soltanto nel 1914, quando già cinque edizioni erano state disputate ed il mondo
si illudeva a breve di veder disputare la sesta.
Pierre de Coubertin |
Autore di tutto
ciò fu il barone Pierre de Coubertin, ma il mondo intero
rispose con un entusiasmo francamente inaspettato. Voglia di riscoperta di
antichi favolosi miti, voglia di instaurazione di un nuovo mondo moderno fatto
di pace e prosperità, sia come sia, le Olimpiadi furono un marchio che
sfondò subito.
La Grecia fu
l’entusiasta organizzatrice della prima edizione, e non poteva essere
altrimenti. Il greco Demetrios Vikelas fu il primo presidente
del C.I.O., con l’incarico esplicito di preparare l’edizione
della rinascita. La Grecia si buttò nell’avventura con gioia e ardore,
consapevole che i Giochi erano il veicolo della propria rinascita nazionale
dopo i lunghi secoli della decadenza e della dominazione ottomana.
La Grecia per la
verità chiese di diventare sede permanente dei Giochi stessi, finendo
per essere per il mondo intero ciò che Olimpia era stata per lei
nell’Antichità. Ma il C.I.O. e de Coubertin avevano altre idee. Le Olimpiadi,
decisero, avrebbero viaggiato, venendo assegnate di volta in volta ad una città
diversa a giro per il pianeta. Quelle del 1900 furono assegnate a Parigi, che
nello stesso anno sarebbe stata sede anche dell’Esposizione Universale.
Stadio Panathinaikos |
Allo Stadio
Panathinaikos di Atene, costruito all’epoca degli antichi giochi in
onore della dea Atena, riscoperto durante scavi archeologici
nel 1870 e restaurato appositamente per l’Olimpiade moderna, si ritrovarono per
la cerimonia di apertura il 6 aprile 1896 241 atleti provenienti da quattordici
nazioni. Non male per un mondo in cui gli spostamenti intercontinentali
avvenivano ancora a bordo di navi. Questi atleti, nei nove giorni di gare, si
cimentarono in 43 competizioni raggruppate in nove discipline sportive, con l’Atletica
a fare fin da allora la parte del leone.
Il livello
tecnico non fu e non poteva essere eccelso. Il romanticismo e neoclassicismo
che permeavano le idee di de Coubertin e dei suoi collaboratori li avevano
portati ad escludere dalle competizioni gli atleti che in qualunque modo erano
riconducibili a condizioni di professionismo, anche occasionale. I medagliati
furono dunque solo dilettanti. Altre grandi escluse di quei
primi Giochi moderni, come lo erano state in quegli antichi, le donne.
Il ginnasta e
lottatore tedesco Carl Schumann fu il vincitore del maggior
numero di competizioni, quattro. Il suo connazionale Hermann
Weingartner, ginnasta anch’egli, vinse il maggior numero di medaglie
complessive, sei. Da notare che all’epoca la medaglia più pregiata era quella
d’argento, che andava al secondo classificato già allora. Al primo spettava una
corona d’olivo proveniente da quella valle dell’Altis nei
pressi di Olimpia dove un tempo era sorto il tempio di Zeus,
settima meraviglia del mondo.
Il vincitore
destinato a rimanere impresso maggiormente nell’immaginario collettivo e ad
avere un piosto d’onore in quel primo medagliere olimpico fu Spiridion
Louis. Era un corridore greco proveniente dai sobborghi di Atene. Ebbe
il merito di vincere una gara sola, ma era quella destinata a infiammare i
cuori dei suoi connazionali come nessun altra.
Spiridion Louis |
Nel 490 a. C. i soldati ateniesi
avevano combattuto a Maratona una battaglia decisiva per la
sopravvivenza non solo della loro città contro i persiani di Re Dario. E
l’avevano vinta. I comandanti scelsero un soldato per assolvere la missione di
andare a informare il Senato della città che aveva sede nell’Acropoli
di Atene. Quel soldato si chiamava Filippide, e corse a
perdifiato la distanza di 42,195 chilometri che separava le due località.
La missione fu assolta, e Filippide crollò al suolo morto subito dopo averla
portata a termine. Ma i posteri lo hanno onorato da allora tributandogli la
ripetizione della sua impresa in una gara olimpica che si chiama appunto maratona,
e che di volta in volta si ripete su tracciati di pari lunghezza a quello che
lui percorse.
La prima maratona,
regina di quella disciplina, cioè l’atletica, destinata ad essere
considerata a sua volta la regina di tutte le Olimpiadi, si svolse il 10 aprile
1896 su un percorso quasi coincidente con quello di Filippide, dal Ponte di
Maratona allo Stadio Panathinaikos. Spiridion Louis coprì la distanza con il
tempo di 2 ore, 58 minuti e 50 secondi, diventando il secondo greco della storia
a cogliere l'immortalità correndo su quella pista. A differenza di Filippide,
Spiridion trovò il tempo anche di fermarsi in un’osteria a bere vino, lungo il
tragitto per la gloria.
L’eroe di
Maratona fu il portabandiera della Grecia nella cerimonia di chiusura del 15
aprile 1896. Dopodiché visse a lungo in condizione agiata grazie agli onori
tributatigli dai suoi connazionali, che lo vollero ancora portabandiera
nelle Olimpiadi di Berlino del 1936, dove si trovò ad offrire
il proverbiale ramoscello d’olivo dell’Altis nientemeno che ad Adolf
Hitler.
Non fece a tempo
a vedere il suo paese contraccambiato dai tedeschi con l’invasione del 1941 in piena Seconda
Guerra Mondiale. Era morto l’anno prima. L’anno in cui avrebbero dovuto
disputarsi i Giochi della Dodicesima Olimpiade. Una edizione che non ha mai
avuto luogo.
Quattro anni
dopo, la fiaccola olimpica uscì per la prima volta nella storia dai confini
nazionali della Grecia, passando di mano di tedoforo in tedoforo
fino a Parigi. De Coubertin, diventato presidente del C.I.O. subito dopo
Vikelas, mantenne fede alla propria idea di Giochi itineranti, favorendo
nell’assegnazione della seconda edizione la capitale del proprio paese.
I Giochi del
1900 furono un fiasco pressoché totale, finendo per diventare una manifestazione
di contorno nel quadro dell’Expo che si teneva nello stesso
periodo a Parigi. Per quanto de Coubertin si sforzasse di mantenere alle
Olimpiadi carattere di internazionalità e di ellenismo (giungendo
perfino a progettare uno stadio che riproducesse sul suolo francese il Panathinaikos
di Atene), le autorità francesi lo avversarono grandemente, finendo per ridurre
l’evento ad una celebrazione della grandeur francese.
Fu avversato
tutto ciò che era di provenienza straniera, dallo stesso spirito di Olimpia al
concetto di educazione sportiva derivante dai colleges americani e
britannici. Fu consentito di gareggiare ad atleti (anche se non non
ufficialmente) professionisti, in spregio alla Carta Olimpica appena approvata.
Furono scelte modalità organizzative tali da scoraggiare tutti i partecipanti
non francesi, come ad esempio la scelta di gareggiare solo di domenica (il che
tagliava fuori tutti gli atleti appartenenti a confessioni religiose di
ispirazione protestante). Furono introdotte nell’ambito delle competizioni
alcune gare da saltimbanchi come il tiro al piccione vivo ed il nuoto ad
ostacoli.
Charlotte Cooper, la prima donna a vincere alle Olimpiadi |
Unica
innovazione positiva, rispetto alla prima edizione ateniese, fu l’apertura alle
donne, che per la prima volta nella storia dell’umanità
poterono cimentarsi in gare sportive internazionali. La prima donna a vincere
un titolo olimpico della storia fu Charlotte Cooper, inglese,
nel tennis. Le prime medaglie d'oro olimpiche della storia
italiana vennero vinte da Antonio Conte (Scherma - sciabola
per maestri d'armi) e Gian Giorgio Trissino (Equitazione -
salto in alto). Nelle gare di corsa veloce, prevalse il primo figlio del
vento americano della storia, Alvin Kraenzlein, che vinse
le gare dei 60 m,
dei 100 m
ostacoli, dei 200 m
ostacoli e del salto in lungo.
Nel complesso fu
un’edizione assolutamente deludente, tanto da far dire a de Coubertin che fu «un
miracolo che il Movimento Olimpico sopravvivesse a questa manifestazione».
Le Olimpiadi di Parigi si chiusero il 28 ottobre 1900, sei mesi dopo la loro apertura,
il 14 maggio, a causa del loro inserimento nel quadro delle manifestazioni dellExpo.
La Francia vinse largamente il medagliere sugli Stati Uniti, 25 medaglie d’oro
a 19, con la Gran Bretagna terza a 15. Non ci fu cerimonia di chiusura, come
non c’era stata di apertura.
Nessun commento:
Posta un commento