Ce li ricordiamo tutti come se li avessimo vissuti, i Giochi della
VIII^ Olimpiade del 1924. Eravamo tutti lì, al 34° Festival di Cannes del 1981
allorché il regista inglese Hugh Hudson presentò in concorso
uno dei capolavori cinematografici di tutti i tempi. Chariots of Fire, Momenti
di gloria, rese immortale l’autore, la sua opera e quel lontano evento
sportivo d’anteguerra di cui nessuno ricordava o sapeva più niente. Eravamo
tutti a Cambridge e poi a correre sulle spiagge dell’East Anglia per
allenarci in vista dei Giochi di Parigi. Attraversammo tutti la Manica insieme
a Eric Liddell e Harold Abrahams e volammo
tutti con loro verso la medaglia d’oro con la colonna sonora di Vangelis in
sottofondo.
Chariots of Fire, scena iniziale |
Sappiamo tutto di Parigi 1924, grazie a quello splendido film che
vinse quattro premi Oscar. Anche pochi tutto sommato, per la qualità che
espresse. Sappiamo tutto e non sappiamo niente. Le Olimpiadi del 1924 furono
assegnate a Parigi per esaudire l’ultima richiesta dell’anziano marchese Pierre
de Coubertin, il quale aveva annunciato il suo intento di ritirarsi dalla
presidenza del C.I.O., la sua creazione, dopo la disputa di quei
Giochi. Nel 1900, de Coubertin aveva sofferto doppiamente le pene dell’inferno
a vedere la sua città natale assestare un colpo che per poco non si rivelò
mortale per la sua creatura olimpica. Voleva, prima di andarsene, che
Parigi avesse una seconda chance.
Stavolta non ci furono Expo o altre kermesses a
inquinare lo spirito di Olimpia. E la macchina organizzativa, dopo
le fortunate edizioni di Londra, Stoccolma ed Anversa, era più che messa a
punto. I Giochi di Olimpia cominciavano a far breccia nei cuori degli
appassionati di sport di tutto il mondo. Non solo a Cambridge, non solo
studenti come Liddell e Abrahams si allenavano per anni per tentare la sorte in
pochi istanti e cercare di salire sul podio più prestigioso.
Parigi dunque fu la prima città a bissare l’organizzazione di una
olimpiade. Il 4 maggio 1924 la cerimonia di apertura si tenne allo Stadio
Colombes, quello che avrebbe ospitato la finale dei mondiali di calcio del
1938 vinta dall’Italia sull’Ungheria per 4-2, e che sarebbe rimasto il
principale impianto parigino fino alla costruzione del Parco dei
Principi, negli anni 50. Stavolta, il governo francese si assicurò che i
Giochi fossero curati fin nei minimi dettagli. Il risultato, nei due mesi e
mezzo che intercorsero fino alla cerimonia di chiusura del 27 luglio, fu
eccellente.
Stadio Colombes, 1924 |
La storia di Liddell e Abrahams la conoscono tutti, grazie alla
narrazione epica di Hudson. L’atleta presbiteriano che si rifiuta di correre i
100 metri nel giorno del Signore, lasciando via libera al
collega ebreo che vede nella medaglia d’oro il riscatto da una condizione di
inferiorità nel mondo snob di Cambridge e di un po’ tutta la
società britannica dell’epoca, per poi rifarsi nei 400 grazie alla cortesia di
un altro compagno di squadra che gli cede il posto, è fatta apposta per
arrivare al cuore degli spettatori e per magnificare quello spirito di Olimpia
che già nel 1924 scricchiolava sinistramente.
Non soltanto il professionismo che cominciava a bussare alle porte
(Abrahams ricorre all’aiuto di un allenatore di mestiere, Sam
Moussabini, fatto su cui viene chiuso un occhio, a condizione che il coach non
entri nello stadio all’atto della disputa della finale olimpica, ed è celebre e
toccante la scena in cui egli apprende della vittoria del suo assistito dalle
note di God Save The Queen che gli arrivano dallo stadio
stesso).
Johnny Weissmuller e Duke Kahanamoku |
Anche la politica reclamava la sua supremazia sullo sport, con buona
pace dei miti olimpici e dei sogni decoubertiniani. A Parigi mancò ancora una
volta la Germania, per protesta contro l’occupazione francese della Ruhr, e fu
il primo boicottaggio politico della storia dei Giochi. Mancò anche l’Unione
Sovietica, impegnata nella difficile transizione da Lenin a Stalin e nel
consolidamento della rivoluzione bolscevica e quindi fatalmente mal disposta
verso una riconciliazione con le nazioni capitalistiche ed i loro passatempi borghesi.
Furono riammesse in compenso le nazioni che si erano presentate sconfitte a
Versailles nel 1919. La new entry più significativa fu quella
dell’Irlanda, che aveva ottenuto la propria indipendenza dal Regno Unito due
anni prima al termine di una lunga e sanguinosa lotta per l’indipendenza.
Arrivarono anche, per la prima volta, rappresentative di diversi paesi asiatici
ed africani.
Fu un’edizione piena di novità e di personaggi. Tra le prime, la
decisione di separare i Giochi Invernali da quelli Estivi, che
è rimasta fino ai giorni nostri. Gli sport della neve e del ghiaccio erano già
andati in scena a Chamonix nell’Alta Savoia qualche mese prima, quando gli
atleti degli altri sport si ritrovarono a Colombes ai primi di maggio. Nella
cerimonia di chiusura, per la prima volta, furono issate tre bandiere: quella
dei cinque cerchi, quella del paese ospitante a cui si diceva addio, quella del
paese in cui ci si dava appuntamento tra quattro anni. Il tricolore francese e
quello olandese di Amsterdam, quindi.
Johhny Weissmuller nei panni di Tarzan |
Tra i personaggi degni di nota, l’attaccante della nazionale italiana
di calcio (sport che per primo era entrato surrettiziamente nel programma
olimpico mettendo a dura prova l’ipocrisia del dilettantismo) Felice
Levratto staccò un pezzo di lingua al portiere lussemburghese Bausch.
L’Italia, a parte questo exploit, non combinò granché in quella disciplina che
in seguito avrebbe dominato. Paavo Nurmi bissò il successo di
Anversa conquistando ben cinque medaglie d’oro. Ma soprattutto quelle furono le
Olimpiadi di Johnny Weissmuller, il nuotatore americano che vinse
ben quattro medaglie d’oro e una di bronzo come pallanotista. Era destinato a
ripetersi anche alle successive Olimpiadi di Amsterdam, dove fu notato da
funzionari della casa cinematografica Metro Goldwin Mayer, che gli
proposero di passare a tutt’altra attività. E così, nel 1931, il ragazzo che
aveva cominciato a nuotare per curarsi da una leggera forma di poliomielite,
diventò il Tarzan più famoso della storia del cinema.
Paavo Nurmi il finlandese volante |
Il cinema si stava accorgendo delle Olimpiadi e dei suoi eroi. Il
primo film lungometraggio sui Giochi risale proprio a questa edizione. A questa
edizione risale anche la prima esclusione di discipline olimpiche ritenute non
più confacenti ad Olimpia. La finale del rugby venne disputata
tra i padroni di casa della Francia, la cui scuola era già di livello
eccellente, e gli Stati Uniti, che stavano imboccando la strada della
variante che sarebbe stata conosciuta come football americano. Andò
a finire con la vittoria in rimonta degli americani, seguita da una rissa
colossale che costò all’incolpevole rugby (tradizionalmente
una delle discipline più sportive) l’esclusione dai giochi. Analoga
sorte toccò al tennis (nel quale l’Italia aveva vinto un bronzo con il barone De
Morpurgo), che flirtava già all’epoca pericolosamente con il professionismo
e che non avrebbe rivisto la bandiera dei cinque cerchi fino a Seul, nel 1988.
L’Ottava fu una grande Olimpiade, a prescindere dall’aver trovato in
seguito un cantore come Hugh Hudson, e altri portabandiera come Tarzan a cui
passò le consegne nientemeno che la leggenda di Stoccolma e Anversa, Duke
Kahanamoku, The Big Kahuna.
Pierre de Coubertin poté ritirarsi soddisfatto e con il cuore gonfio
di orgoglio per ciò che aveva creato e per come alla fine la sua città natale
l’aveva onorato. Lasciò subito dopo i Giochi la presidenza del C.I.O. al belga Henri
de Baillet-Latour, mantenendo la presidenza onoraria a vita. Si ritirò a
vivere a Ginevra, dove la morte lo colse nel 1937. Il suo corpo è sepolto a
Losanna, dove ha sede il Comitato Olimpico Internazionale. Il suo
cuore non è lì. E’ stato sepolto a parte, in un monumento appositamente
costruito presso le rovine dell’antica Olimpia.
“Nella polvere della sconfitta come nell’alloro della vittoria si
può trovare la gloria, se uno ha fatto del proprio meglio”
(Eric Liddell)
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