A Natal, nella città sotto la
montagna che frana, vengono giù anche le ultime speranze dell’Italia di
rimanere aggrappata a Brasile 2014. Nello spareggio per il secondo posto nel
girone vinto dal Costa Rica, vanno in campo ad affrontarsi ben sei titoli mondiali
di un passato che sembra ormai remoto, per l’Uruguay che non vince dai
precedenti mondiali brasiliani e anche per l’Italia il cui trionfo berlinese
sembra ormai lontano nel tempo come la breccia di Porta Pia.
Agli azzurri basta il pareggio,
per differenza reti. Ma sono gli azzurri che non bastano più a se stessi. Per
ottanta minuti l’Uruguay li aspetta, lasciando loro l’onere di “fare la partita”
e cercando (rarissimamente) di colpirli in contropiede. Nel frattempo i celesti menano, non appena si rendono
conto che l’arbitro vede solo i falli dei loro avversari.
L’arbitro messicano Rodriguez è
una via di mezzo tra il Brizio Carter di USA 94 ed il Byron Moreno di Corea
2002. Del resto, Moreno è il suo secondo cognome. Si dimentica per lunghi
tratti di fischiare quando gli uruguagi fanno assaggiare i tacchetti ai nostri
eroi, poi appena Balotelli commette la prima (o l’ultima) delle sue sciocchezze
a questo Mondiale lo ammonisce, mettendolo di fatto fuori gioco.
Lo psicolabile
centravanti dell’Italia sta in quel momento ripetendo la prova evanescente
fornita con il Costa Rica, combattendo con i fantasmi che si aggirano nella
propria testa piuttosto che con gli avversari. Dopo il cartellino giallo,
Balotelli sparisce, costringendo Prandelli a toglierlo nell’intervallo, perché
a quel punto la sua espulsione diventa un fatto sempre più probabile con l’andare
dei minuti, giacché lo smaliziato Casseres si incarica di fargli saltare i
nervi ad ogni azione.
Il cambio di Balotelli con Parolo
è forse l’unica cosa azzeccata da Prandelli a questo Mondiale. Ma il destino
azzurro è comunque segnato, e Rodriguez Moreno, detto chissà perché “Dracula”
(ma dopo questa prestazione qualche idea ce la siamo fatta), privato di
Supermario sceglie di buttar fuori Marchisio al primo fallo, anzi neanche per
un fallo ma per un semplice per quanto rude contrasto.
In 10 contro 11, la partita degli
azzurri è segnata. Per due volte Buffon salva la porta prima di capitolare all’81’
su calcio d’angolo provocato dallo stato confusionale di una difesa che di
juventino ormai ha soltanto il ricordo. Godin tira una zuccata ad occhi chiusi,
e su di essa si spegne lo stellone di Prandelli.
A quel punto gli azzurri si
buttano in avanti con le ultime bolle di ossigeno da espirare, ma producono
quello che hanno prodotto nei 170 minuti precedenti, tra Costa Rica ed Uruguay:
niente.
Unico episodio degno di nota, il
morso di Mario Suarez detto il pistolero
a Giorgio Chiellini, assurdo, gratuito e soprattutto non sanzionato dall’arbitro.
Un episodio inqualificabile che getta una macchia indelebile sui mondiali
brasiliani.
Difficile che Rodriguez Moreno torni ad arbitrare a livello
internazionale, ma ciò che interessa a noi è che l’Italia torna a casa per la
seconda volta consecutiva dopo la fase a gironi. Va avanti l’Uruguay che ha l’unico
merito di aver incontrato la peggior squadra azzurra dal 1910 a questa parte, e
di aver saputo aspettare di cogliere i doni copiosi che la sorte gli ha
riservato.
Al netto di un arbitraggio
indegno, bisogna dire che l’eliminazione italiana è assolutamente meritata. Il
primo a riconoscerlo è stato lo stesso Cesare Prandelli, che Radio Spogliatoio
accredita sull’orlo delle dimissioni, insieme al Presidente Federale Abete. Il
risultato odierno sancisce inequivocabilmente il fallimento di quattro anni di
gestione del tecnico di Orzinovi, che malgrado lunghe sperimentazioni ed il
risultato sorprendentemente confortevole degli Europei 2012 ha presentato a questi
Mondiali una selezione inguardabile in almeno due uscite su tre.
Giocatori assolutamente inadatti
al grande calcio che conta e impresentabili ad un Mondiale, come Immobile,
Insigne, Parolo, Thiago Motta, Paletta e, a giudicare dalla prova di oggi anche le
stesse giovani promesse Darmian e De Sciglio sono emersi da un tourbillon di
test, amichevoli ed esperimenti come pochi altri tecnici avevano condotto in
passato. Risultato, questa squadra non ha un gioco e non ha basi su cui
ricostruire.
Chi dovrà farlo, se le dimissioni
di Prandelli saranno confermate ed accettate dalla F.I.G.C., avrà un compito ben più gramo di
quello di Bernardini nel 1974 o dello stesso Prandelli quattro anni fa. Perché
nel frattempo, ed è l’altro lato oscuro della prestazione azzurra, il calcio
italiano che questi ragazzi hanno indegnamente ma fedelmente rappresentato in
Brasile è veramente all’anno zero.
Il capocannoniere della serie A è un ragazzo
che non ha chiaramente i movimenti giusti di un atleta in grado di giocare
partite internazionali, mentre la nostra punta di diamante è una persona che
non sa gestire i suoi comportamenti né dentro né fuori dal campo. Il resto è
anche peggio.
Azzurro tenebra, una volta di
più, ed è la sesta nella storia dei Mondiali. Azzurro che torna a casa, e che
deve ringraziare che ormai i pomodori costano troppo, e i tifosi di sprecarli
non se lo possono permettere più.
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