domenica 14 settembre 2014

DIARIO VIOLA: La maledizione di Mattia Perin

La prima cosa che viene in mente è che Mattia Perin davanti non ce lo ritroveremo più per almeno quattro mesi. E probabilmente dispiacerà a lui più di quanto faccia piacere a noi, perché i miracoli che solitamente fa contro la Fiorentina non li fa contro nessun altro. Lo 0-0 casalingo contro il Genoa sa di beffa per i viola, anche se mai quanto lo storico precedente della sconfitta con il Pescara, anch’esso propiziato dalle prodezze in serie (e non più ripetute quasi fino ad oggi) del portiere di Latina. Allora arrivò addirittura la sconfitta, in contropiede. Oggi, francamente, il Genoa era troppo poca cosa per poter aspirare ad espugnare il Franchi, anche di rapina. Anche se la rovesciata di Pinilla, altro che quando vede viola tira fuori dal cilindro sempre qualche prodezza, ha gelato il sangue a Firenze quasi quanto la sua traversa al 120’ dell’ottavo di finale mondiale lo gelò al Brasile.


La seconda cosa da dire è che una Fiorentina così sciagurata sotto porta probabilmente non la rivedremo per un pezzo. O perlomeno è da auspicare, perché i punti buttati via sono già cinque in questo campionato, ed i gol segnati zero. C’è tutto il tempo per rimediare, per carità, e guai a farsi prendere dalle fregole di volere tutto e subito. Però si fa presto a trasformare un campionato iniziato con ambizioni più che legittime in un calvario avvilito da recriminazioni, rimpianti e insospettabili mediocrità. Alla fine del match, si contano almeno otto occasioni da rete per i viola, delle quali almeno la metà clamorose, di quelle che si definiscono senza mezzi termini “mangiate”. Come già due anni fa, Perin si esalta sotto la Fiesole e sotto la ferrovia. Ma i tiratori gigliati gli mirano regolarmente in bocca, oppure sparacchiano malamente fuori dallo specchio della sua porta. E così il Genoa per il secondo anno consecutivo finisce per portarsi via un punto dal Franchi. Stavolta a reti inviolate e senza errori o regali arbitrali, ma soltanto con un catenaccione d’altri tempi.
Eppure manca la voglia di sparare addosso alla Croce Rossa, stigmatizzando una squadra – quella viola - che mette in campo tutto quello che ha al momento, spingendo l’avversario alle corde per lunghi tratti con giocate a volte anche piacevoli. La condizione fisica non è ottimale per tutti, e si vede. Mario Gomez per esempio è ancora alla ricerca di se stesso, gli mancano ancora lo scatto e lo spunto migliori. La prima occasione da gol sarebbe sua, nel primo tempo. Sarebbe un gran gol se Supermario non si avvitasse su se stesso in un colpo di testa non più difficile di quello trasformato da Balotelli ai mondiali contro l’Inghilterra. Dopo quell’errore, la partita del bomber tedesco si riduce ad un litigio con se stesso, gli avversari e l’arbitro. Eppure quando esce il pubblico del Franchi gli tributa un applauso di incoraggiamento affettuoso, e fa bene. Addirittura, la decisione di Montella di sostituirlo con il pur bravo Bernardeschi appare a molti precipitosa.


Anche Alberto Aquilani non è ancora il numero 10 della passata stagione, pure se la distanza ormai è poca. Ma quanto basta perché i suoi tiri finiscano o troppo centrali o troppo a lato, ed i suoi passaggi di solito deliziosi siano spesso fuori misura per i pur volenterosi compagni. Per contro, si può ammirare oggi un Borja Valero insolitamente ispirato rispetto alle necessità del match, che gioca spesso di prima e si fa trovare all’appuntamento con il tiro senza quelle esitazioni che a volte ne avevano limitato il rendimento in passato.
Buona la difesa a quattro, Savic, Rodriguez, Tomovic e Marcos Alonso (in netto progresso sia in fase difensiva che propositiva), che non concede al Genoa altro che la mezza prodezza di Pinilla e non fa rimpiangere l’ex di turno Roncaglia, presentatosi a Firenze per la prima volta con una maglia diversa da quella viola. L’argentino trova il modo di finire anzitempo la sua gara stendendo Cuadrado malamente una volta di troppo. Orsato, che oggi non ha sbagliato veramente nulla, non ha proprio modo di graziarlo.
Buono Pizarro, fresco di festeggiamenti per le 35 primavere, più che buono Babacar sulla via di diventare un attaccante da serie A di valore assoluto, completo e percoloso in ogni circostanza. Sostanzioso e sfortunato Bernardeschi, che al 90’ potrebbe festeggiare come Dio comanda il suo esordio casalingo in viola, ma Perin come al solito dice di no. Nel finale c’è modo di apprezzare anche il Pasqual nazionale (ma perché non metterlo quando ancora c’è in campo chi può raccogliere i suoi cross, caro Montella?), mentre di Ilicic ancora una volta il meglio che si può dire è: rivedibile.


La conclusione non può essere che dedicata a lui, la nostra Grande Bellezza. Bastano un paio di giocate per tempo a Juan Guillermo Cuadrado per confermare al popolo viola che lo sforzo fatto dai Della Valle per tenerlo in estate è stata cosa buona e giusta, e potrebbe essere anche quest’anno la chiave di volta di un campionato che si è presentato subito più in salita di quanto fosse lecito sperare. Alzi la mano chi era sicuro di rivederlo in viola alla prima stagionale qui allo Stadio Franchi, e in seconda battuta alzi la mano poi chi sperava di rivederlo così motivato. Travolgente come ce lo ricordavamo, decisivo se appena avversari (e arbitri) lo permettono. JRC11 si diverte ancora a giocare a calcio, e si diverte a farlo qui a Firenze. Può valere un uomo in più per noi ed uno in meno per gli avversari (se appena il direttore di gara si comporta come Orsato oggi) in tante delle prossime circostanze.

Insomma, c’è rabbia all’uscita dello stadio per due punti persi malamente, ma c’è anche consapevolezza che questa Fiorentina è forse più tosta della scorsa stagione, se continua così. E se Vincenzo Montella si ricorda del perché era stato giudicato uno dei migliori tecnici emergenti. Confidiamo che non dovrebbe essergli difficile.

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