All’alba del 1 settembre 1939 i
primi soldati della Wehrmacht
alzarono la sbarra di confine tra la Germania e la Polonia. Con questo atto quasi
da campeggiatori indisciplinati cominciò la Seconda Guerra Mondiale, il
conflitto a tutt’oggi più devastante dell’intera storia dell’umanità, quello
che era destinato a mutare radicalmente e per sempre assetti territoriali e
istituzionali ed equilibri di potere che avevano resistito per secoli,
lasciandosi dietro tra le macerie un mondo completamente nuovo.
L’ultimatum di Hitler alla
Polonia era scaduto alla mezzanotte del 31 agosto. In realtà sarebbe scaduto
cinque giorni prima, il 26, tre giorni dopo che Molotov e Ribbentrop avevano
firmato il loro patto scellerato, quell’accordo incredibile, impossibile,
infernale con cui i comunisti avevano dato via libera ai nazisti per la
conquista dell’Europa.
Neville Chamberlain, che un anno
prima aveva creduto di aver “assicurato la pace al suo tempo” lasciando che
Hitler sbranasse la Cecoslovacchia, convinse finalmente se stesso, i suoi
connazionali e i demoralizzati alleati francesi che il momento di dire basta
era quello. E che sarebbe valsa la pena morire per Danzica. Il Fuhrer esitò,
l’Impero Britannico per lui era un avversario formidabile, ma la sua volontà di
potenza ed i suoi piani per attuarla ebbero in definitiva un rinvio di soli
cinque giorni. La macchina della morte era avviata ormai da tempo e non si
fermò più.
Alla fine, Stalin era risultato
determinante non fidandosi del corteggiamento di inglesi e francesi,
ritenendolo (non senza un fondo di verità dal suo punto di vista) subdolo,
attuato controvoglia, pretestuoso e dettato solo dalla grave necessità del
momento. A differenza dello Zar nel 1914, la Guida della Rivoluzione nel 1939
diffidava degli occidentali che portavano doni più che del dittatore ancor più
luciferino e minaccioso di lui, da cui peraltro lo divideva soltanto
quell’esile, fragile striscia di terra chiamata Polonia.
A Stalin la salvezza dell’Europa
e dell’Occidente interessavano poco o nulla. L’unico suo obbiettivo era avere
il tempo di riorganizzare l’Armata Rossa dopo le purghe sanguinose che le aveva
imposto negli anni precedenti. L’Unione Sovietica non era pronta ad un
conflitto su vasta scala, e se ad ovest nazisti ed alleati si scannavano tra sé
per lei sarebbe stato tanto di guadagnato.
Adolf Hitler d’altra parte era
interessato ad una cosa sola: evitare il ripetersi del doppio fronte che aveva
logorato – ed alla fine sconfitto - la Germania dal 1914 al 1918. Nel proporre
al Diavolo il suo patto, il Fuhrer era assolutamente sincero, e il Diavolo lo
avvertì, fidandosene molto più di quanto aveva fatto ascoltando i
plenipotenziari alleati.
Bombardamento di Varsavia |
Non era certo una fiducia su cui
dormire sonni tranquilli a lunga scadenza, tutti avevano presente il Mein Kampf, anche il Dittatore Rosso del
Kremlino. C’era scritto chiaramente
che uno degli obbiettivi fondamentali della Nuova Germania nella conquista del lebensraum era la distruzione del Comunismo,
al pari delle etnie che occupavano quei territori verso i quali la Wehrmacht aveva preso a muovere le sue
divisioni corazzate l’anno precedente.
I Russi erano slavi e comunisti.
Fidarsi di Hitler per loro aveva senso alla lunga quanto ne aveva avuto per gli
Ebrei di Germania. Eppure quei due anni tra il patto Molotov-Ribbentrop e
l’avvio dell’Operazione Barbarossa probabilmente salvarono l’Unione Sovietica.
E altrettanto probabilmente anche il mondo intero, che altrimenti avrebbe
finito per parlare tedesco e sventolare la Croce Uncinata in almeno tre
continenti su cinque.
Il Piano Fall Weiss (Caso Bianco) scattò dunque alle 5 di mattina circa del
1 settembre. Era un piano semplice e micidiale, come tutti quelli messi a punto
dallo stato maggiore prussiano che dopo il Kaiser si era messo al servizio del
Fuhrer. Si trattava di riprodurre a specchio nella pianura polacca quello che
era successo ad occidente nell’agosto 1914 e sarebbe successo di nuovo (in
versione riveduta e corretta) nel maggio 1940, il cosiddetto Piano Schlieffen,
consistente nell’avanzata rapidissima di truppe corrazzate con la copertura
aerea dei bombardieri.
La blitzkrieg condotta dagli Junkers e dai Panzer era una novità a cui
il mondo non era preparato. Pochi strateghi – tra cui Charles de Gaulle –
avevano messo in guardia gli stati maggiori occidentali contro la devastante
potenza della rinata forza armata tedesca dotata delle nuove tecnologie, ma
erano stati tacitati come uccelli del malaugurio, Cassandre in versione
moderna.
La resistenza polacca con la
linea difensiva lungo il confine non durò più di quanto sarebbe durata la Linea
Maginot, allorché Hitler decise di attaccarla. La Wehrmacht colpì a tenaglia, il braccio nord conquistò Danzica (e il
famoso corridoio che aveva separato la Germania dalla Prussia Orientale) e poi
scese su Varsavia, il braccio sud fece lo stesso dalla Slesia e dalla
Slovacchia attraverso la Galizia, mentre la Luftwaffe devastava tutto.
La Polonia secondo Ribbentrop e Molotov |
In quindici giorni circa la
Polonia fu messa in ginocchio, e quando il 17 l’Armata Rossa si presentò a
riscuotere la sua parte di bottino (cioé i territori ad est della fatale
Brest-Litovsk acconsentiti da Ribbentrop a Molotov) i polacchi opposero una
resistenza disperata (odiando i russi forse anche più di quanto odiavano i
tedeschi) ma altrettanto inutile. Ai primi di ottobre la Polonia non esisteva
più. I resti del suo esercito – e di quella nobile cavalleria che aveva
romanticamente e tragicamente sfidato i carri armati nell’ultima carica di
soldati a cavallo della storia moderna - finirono nei lager nazisti da un lato e nelle
fosse di Katyn dall’altro.
Dal 3 settembre Inghilterra e
Francia combattevano al loro fianco, ma i polacchi non avevano avuto il tempo
di accorgersene. Mentre la Svastica sventolava su Varsavia, lungo la Maginot
imperava la drole de guerre, la
strana guerra che avrebbe retto fino alla primavera dell’anno successivo, prima
che nelle Ardenne si scatenasse di nuovo l’inferno e la Francia e il mondo
intero precipitassero in quell’incubo che avevano temuto per vent’anni, ma che
mai avrebbero potuto immaginare di simile portata.
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