Il calcio mondiale si appresta a
lasciare il Brasile. Manca solo l’atto conclusivo al Maracanà, dove Germania e
Argentina si affronteranno per il titolo. Poi i riflettori si spegneranno, ed
il Brasile tornerà da solo, con le sue delusioni ed i suoi problemi irrisolti.
Con un titolo mondiale in meno e un morale da ricostruire di sana pianta in
più.
Ieri sera a Brasilia intanto il
Brasile inteso come squadra ha dato l’addio al torneo che avrebbe dovuto
stravincere ed alla sua gente che avrebbe dovuto mandare in estasi, che lascia
sconfortata come mai nella sua storia sportiva. La peggior Seleçao di sempre ha chiuso con altri tre gol dall’Olanda la
finalina per il terzo posto. Tre gol che sommati ai sette presi dai tedeschi
fanno due manite, una débacle
inammissibile e inspiegabile per qualsiasi squadra che si rispetti, figuriamoci
per quella che a torto o a ragione da sessant’anni a questa parte ha avuto la
presunzione di essere la guida, il faro, il verbo del calcio mondiale.
Al 1’ Van Persie aveva già messo
il match in salita ripida per i verdeoro, bucati come un panetto di burro al
primo affondo della lama di Arjen Robben, steso al limite dell’area dall’ultimo
uomo Thiago Silva, graziato dall’arbitro Hajmoudi, pessimo quanto meritava l’occasione.
L’algerino ne ha indovinate ben poche durante il match, almeno quanto Thiago
Silva che ha spazzato via i rimpianti per la sua assenza contro la Germania.
Chi si è fatto rimpiangere invece, almeno come rigorista della semifinale, è
stato Van Persie, sicurissimo nel realizzare il penalty dell’1-0. Peccato, Van
Gaal.
Al 17’ Blind ha messo in ridicolo
la Seleçao chiudendo di fatto il
match e autorizzando l’aspettativa di un’altra goleada. Su rinvio scellerato di
David Luiz (a Parigi si staranno chiedendo se i soldi spesi per il
confusionario difensore brasiliano valevano la pena) il giovane talento
olandese ha avuto il tempo in un’area pressoché deserta di aggiustarsi
comodamente la palla e fulminare un Julio Cesar sempre più ingrigito, votato
alla difesa disperata dell’indifendibile.
Niente goleada, l’Olanda ha avuto
rispetto di una squadra e di un popolo allo sbando e non ha affondato. Il
Brasile ha cercato di salvare un onore fatto a pezzi con un gol della bandiera
che non è mai stato nemmeno prossimo ad arrivare, finché al 91’ Wjnaldum non ha
potuto fare a meno di buttarla dentro, con la complicità di un Julio Cesar che
aveva finito di fare gli straordinari.
Terzo posto carico di rimpianti
per l’Olanda, se un giorno gli Orange
impareranno ad essere più determinati quando conta arriverà anche per loro un
alloro mondiale meritato per l’assiduità degli ultimi quarant’anni. Diciamo che
rispetto ad una Germania manca loro l’organizzazione mentale per perseguire l’obbiettivo.
Anche se lasciano Brasile 2014 con l’impressione di non essere affatto
inferiori tecnicamente a chi stasera si gioca il titolo mondiale.
Per il Brasile, un addio tra i
fischi di una torcida che ha visto
svanire in pochi giorni certezze e prestigio conquistati in sessant’anni di
calcio bailado, da Pelé in poi. Il calcio brasiliano esce con le ossa rotte da
questa che doveva essere la sua apoteosi, il sesto titolo che l’avrebbe reso probabilmente
inarrivabile nel ventunesimo secolo. Per risollevare la testa ci vorrà tempo,
quanto ce n’è voluto in occasione di precedenti sconfitte (comunque non causate
da prestazioni tecniche deprimenti come questa) e forse anche di più, perché
stavolta la pochezza tecnica messa in mostra è da calcio del terzo mondo.
Diciassette dei suoi giocatori erano al primo mondiale, e c’è da pensare che
sarà anche il loro ultimo. A meno che, come si vocifera, non arrivi a
risollevare le sorti del futebol carioca
il mago Mourinho. Uno che di miracoli a giro per il mondo ne ha già fatti
diversi.
Per una Seleçao esposta al pubblico ludibrio, c’è un paese invece che
saluta la Coppa del Mondo a testa alta. Il mese dei mondiali è passato senza
che nessuno delle centinaia di giornalisti accreditati ad assistervi abbia
speso una parola su quanto succede fuori degli stadi del Mundial. Il Brasile
che ha perso la Coppa tutto sommato con più dignità di quanto fece nel 1950 è
un paese che sta dando lezione di civiltà a tanti altri, che ancora continuano
ad immaginarselo come samba, caipirinha, Copacabana, turismo più o
meno sessuale, calcio e poco altro.
Il movimento civile di protesta
che è esploso l’anno scorso in occasione della Confederation Cup ha continuato
e continua a manifestare contro gli sprechi di cui la Coppa del Mondo ha finito
per diventare l’inevitabile simbolo. Nessuno mette in risalto un dato
sorprendente, il 42% di questo che passava per il popolo del samba dalla mattina alla sera era ed è
contrario a questo Mundial, ritenendo che i soldi spesi avrebbero più utilmente
trovato impiego nel dare sollievo alle condizioni miserabili di gran parte
della popolazione.
Questo è il quinto paese del
mondo come produzione industriale, il sesto per prodotto interno lordo. Le
differenze tra ricchi e poveri non sono più abissali. Sono spaventose. Non più
tollerabili. Tutto sommato, delle quattro potenze emergenti del cosiddetto
B.R.I.C., questo Brasile è quello che ha la faccia più accattivante, e che si
pone come quello con maggiore facilità di evolversi anche nel senso di maggiori
diritti civili, economici, in una parola umani per la sua popolazione.
Per questo quasi metà della gente
carioca ormai è più interessata a
cosa farà il governo della presidentessa Dilma Rousseff (che non potrà spendere
facili bonus consegnando la Coppa a Thiago Silva e compagni, e che forse dovrà
addirittura consegnarla agli odiati rivali storici argentini) che alle giocate
di Neymar. Da lunedì, chi vorrà occuparsi di cronaca dal Brasile dovrà lasciare
gli stadi e tornare nelle favelas.
Il Brasile che soffre a vedere
stasera Argentina e Germania giocare quella che sognava come la “sua” finale, è
molto migliore di chi lo continua a dipingere come un paese di giocolieri. La
sua Nazionale ci metterà tempo a risollevare la testa. Il suo popolo lo sta già
facendo.
Obrigado, Brasil. Ci hai dato finalmente una bella lezione. Di
quelle che contano veramente. Altro che futebol.
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