Italia-Germania non è una
partita di calcio, è una condizione dell'essere, un tratto distintivo generazionale,
un debito kharmico. La colonna sonora e le immagini di sottofondo della nostra
vita, l'evento che fa da pietra miliare, da spartiacque, da post-it dei nostri ricordi.
Generazioni. Quella del 4-3
di Rivera, in fuga da Albertosi infuriato e giusto in tempo per raccogliere il traversone
di Domenghini e fulminare Sepp Maier. Vencido
y vencidor, siempre con onor. L'Azteca dove rinacque non soltanto una
nazionale di calcio ma anche un intero popolo. Schnellinger illude i panzer nel
recupero, Rombo di Tuono e il Golden Boy danno inizio alla leggenda. Quella
dell'Italia che farà acqua sotto tanti punti di vista, ma che a calcio con i
tedeschi vince sempre. Loro sono primi in tutto, ma quando e dove conta, dove
gli preme di più, con noi sono sempre secondi.
Poi quella del 3-1 al
Santiago Bernabeu. Rossi - Tardelli - Altobelli. L'urlo di Marco Tardelli che
diventa più famoso di quello di Munch. I tedeschi che schiumano rabbia e gli
azzurri che spumeggiano calcio. Lo spareggio per agguantare il tricampeon
Brasile vinto dall'Italia. Il vecchio Presidente che con la sua gioia contagia
il giovane Re, sbatte la pipa in testa al cancelliere tedesco e gioca a carte
con Causio, Zoff e il vecio Bearzot sull'aereo che
riporta a Roma la Coppa del Mondo.
Poi quella dello 0-2 a Dortmund. I panzer giocano
in casa, sentono di avere già vinto, i ragazzi tedeschi allo stadio con i volti
dipinti dai colori di guerra della loro bandiera, alla fine il loro trucco si
scioglie sotto le lacrime. Qualcuno non vede la magia di Del Piero perché è
ancora alla finestra ad urlare per il gol di Grosso. Vendicata Italia 90, a Roma vinse la Germania
Ovest, per l'ultima volta, a Berlino vince l'Italia. Quadricampeones, siamo più
forti noi, ormai è storia.
Poi è cronaca recente, ci
mettiamo al televisore un anno fa convinti che prima o poi i crucchi dovranno pur vincere, e che forse quella è volta
buona. A Varsavia in semifinale europea la Germania terza in Sudafrica ha troppi
più favori del pronostico rispetto alla disastrata Italia rimessa in piedi da
Prandelli dopo il disastro del Lippi-bis. L'uomo che aveva rifatto grande la
Fiorentina ha tirato fuori una squadra da un'Armata Brancaleone, come già
Fulvio Bernardini dopo la débacle dei mondiali di Germania, ma i tedeschi fanno
paura, sembrano stavolta troppo più forti.
E invece il grande
motivatore ha creato Supermario, l'eroe che in campionato fa spesso e volentieri
soltanto casino, ma che in maglia azzurra si trasforma. Dopo venti minuti ha già
schiantato la Wehrmacht con due gol dei suoi, segnati con una facilità
irrisoria. Tedeschi a casa, per l'ennesima volta. Noi in finale, stavolta a
Kiev, a prenderne quattro più per stanchezza che per inferiorità dalla Spagna
di Iniesta come già a Mexico City dal Brasile di Pelé.
Immagini che scorrono,
prima in bianco e nero e poi a colori. Il film della nostra vita. Dove eravate
voi quando Rivera, Tardelli, del Piero, Balotelli... Tedeschi che piangono,
italiani che ridono e saltano di gioia. Ci hanno fatto piangere tante volte
loro, nella vita di tutti i giorni, e quanto ci fanno piangere e tribolare
ancora adesso, con lo spread e la Cancelliera di Ferro, che ci riprova dove
fallirono il Kaiser ed il Fuhrer. E' bello prendersi queste rivincite sul
campo, e non saranno mai abbastanza.
E allora cos'era lo
spettacolo di arte varia (tutto meno che calcistica) andato in scena ieri sera
al Meazza di Milano, trasformato per l'occasione in un trogolo di maiali a
rincorrere una zucca? Erano l'Italia e la Germania quelle? Prandelli e Loew
hanno già onorato le loro panchine, ritirando su le loro nazionali da un
declino che sembrava irreversibile. Che bisogno avevano di scrivere questa
pagina scialba, da scarponi di periferia, per giunta in uno dei massimi templi
del calcio italiano, europeo, mondiale?
No, signori della
Federazione internazionale, non omologhiamo questa partita, per favore. Né 1-1,
né nulla. Facciamo finta che non sia stata nemmeno giocata, dimentichiamola.
Italia-Germania era – ed è – un'altra cosa. Beckembauer, Rivera, Schnellinger,
Riva, Rumenigge, Tardelli, Breitner, Paolo Rossi, Ballack, Del Piero,
Schweinsteiger, Pirlo, Ozil, Balotelli. E'stata la nostra vita. Vencido y vencidor..... Quello di ieri
sera è stato soltanto un cupio dissolvi. Desiderio di un
oblio oltre il quale non c'è più nulla. E se il calcio, l'Italia e la Germania
devono essere questi, che nulla sia.
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