L’8 luglio 1947 il Roswell Daily Record, quotidiano dell’omonima cittadina del Nuovo Messico,
riportava un comunicato emesso dalla vicina base dell’aeronautica statunitense
secondo cui alcuni giorni prima, precisamente nella notte tra il 2 ed il 3
luglio, un oggetto volante non identificato era andato a schiantarsi a circa 120 km a nord-ovest del
centro abitato. Uno degli agricoltori della zona, William Ware Mac Brazel aveva
trovato sul terreno circostante il suo ranch numerosi rottami lasciati dall’impatto
e aveva avvisato lo sceriffo locale, che si era recato in sopralluogo sul posto
insieme ad un militare della base.
La notizia del giornale di
Roswell era in apparenza una delle tante con cui un quotidiano della provincia
dell’Ovest americano cercava di riempire le sue pagine nel bel mezzo di una
afosa e noiosa estate in un paese che aveva da poco ritrovato la tranquillità
dopo la Seconda Guerra Mondiale e non sapeva ancora che stava per riperderla a
causa della Guerra Fredda. In realtà, l’articolo apparso quell’8 di luglio segnò
la data in cui il mondo acquisì una nuova consapevolezza, risultandone cambiato
per sempre.
L’incendio mediatico
suscitato dal ritrovamento dei resti del disco volante presso Roswell divampò
subito e in maniera imprevedibile. Il governo americano reagì con tempestività
pari a durezza nei giorni successivi negando la provenienza extraterrestre dei
manufatti e dei relitti ritrovati, l’esistenza di cadaveri di creature aliene
tra quei relitti e qualsiasi attività riconducibile ai cosiddetti Oggetti
Volanti Non Identificati (Unidentified Flying Objects, U.F.O.) prima o dopo l’incidente
in quella zona ed altrove, vincolando con minacce esplicite alla riservatezza
assoluta lo stesso Mac Brazel e chiunque altro – cittadino o dipendente governativo
– avesse avuto a che fare con l’episodio.
Ma era comunque troppo
tardi, ormai si era scatenata la fantasia di una nazione in cui fin dagli anni
20 e 30 i grandi scrittori di fantascienza e i grandi registi cinematografici
avevano sollecitato l’immaginario collettivo verso la credenza che nel cielo sopra
di noi c’erano occhi che osservavano continuamente la Terra e che provenivano
da mondi lontani, che la Razza Umana non era sola nell’Universo e che gli Alieni,
gli extraterrestri erano pronti a sbarcare sul nostro pianeta, se addirittura non
erano già “tra noi”.
Il 30 ottobre del 19398 il
giovane sceneggiatore e regista Orson Welles aveva scatenato il panico in tutti
gli U.S.A. semplicemente leggendo ai microfoni della radio CBS un testo tratto
dal romanzo di fantascienza La Guerra dei Mondi di H.G.Wells.
Descrivendo cioè in pratica alla perfezione una invasione aliena. L’effetto scatenato
dalla sua voce quella notte segnò l’inizio della sua grande carriera e della psicosi
americana degli U.F.O. Dieci anni dopo circa, nonostante gli sforzi del
governo, non si sa bene quanti furono gli americani disposti a credere alla sua
versione, cioè che a schiantarsi al suolo era stato uno speciale Pallone Sonda
sperimentato dall’aviazione come arma di difesa contro eventuali missili
sovietici, e che i corpi ritrovati erano in realtà quelli di manichini impiegati
nell’ambito di analoghi programmi di difesa.
Fu l’inizio della leggenda
degli U.F.O., e di molte altre leggende, comprese quelle “nere” inerenti in
ultima analisi la fiducia (scarsa) dei cittadini americani e del mondo intero
verso quanto i rispettivi governi dicevano loro. Così, dapprima circolò la voce
che a Roswell in realtà era caduto un velivolo mandato in missione da Stalin
per seminare il panico negli Stati Uniti, con a bordo esseri deformi frutto
degli esperimenti nei campi di concentramento nazisti del Dottor Joseph
Mengele.
Poi fu la volta delle voci
riguardanti la mitica Area 51, la base aeronautica
supersegreta in cui da allora il governo USA avrebbe nascosto e conservato
tutte le prove della presenza aliena sulla Terra. In un clima di sempre
maggiore – paradossalmente – scetticismo misto ad altrettanta creduloneria, si
sarebbe passati alle false missioni lunari Apollo (secondo
qualcuno create ad arte in uno studio cinematografico dal grande regista
Stanley Kubrick, quello di 2001 Odissea nello spazio), alla base aliena segreta
sul lato oscuro della Luna ed a quelle altrettanto segrete a chilometri di
profondità sul nostro pianeta in joint venture con
l’esercito americano.
Dalle piramidi disseminate
un po’ in tutti i continenti e ribattezzate come trasmittenti per i dischi
volanti extraterrestri, al triangolo delle Bermude, all’estinzione dei
dinosauri e perfino secondo qualcuno alla stessa figura di Gesù cristo, tutto
sarebbe diventato materiale di consumo in quella zona grigia compresa tra la
fine della scienza e l’inizio della fantascienza più sfrenata e meno realistica.
Dopo 66 anni, sono pochi
ancor oggi a sapere veramente che cosa successe a Roswell in quella notte di
luglio. Ma sono molti di più quelli che, grazie anche alle possibilità di
diffusione della conoscenza (o dell’ignoranza) offerte da Internet, ritengono possibili
complotti planetari che avrebbero coinvolto fattivamente migliaia di persone,
nessuna delle quali (come quelle impiegate nelle missioni Apollo, per esempio) ha mai sentito il bisogno di svelare la
grande mistificazione.
E’ un pensiero razionale, e
se si vuole anche confortante, pensare che non siamo soli nell’Universo.
Sarebbe molto meno confortante pensare che questi Alieni, creature così
superiori da raggiungere il nostro pianeta già nel 1947, non avessero in realtà
altro interesse che atterrare nelle zone più sperdute del deserto americano
(guarda caso i luoghi di tutte le sperimentazioni degli armamenti moderni di
quel paese, dalla Bomba Atomica in poi), e lì soltanto.
E soprattutto che si siano
fatti loro stessi così condizionare dall’incidente di Roswell da non riprovarci
più. Perché c’è tanta gente che sostiene di essere stata a bordo di un disco
volante, ma dopo Mac Brazel nessuno ha più potuto toccare con mano la lamiera
di un’astronave. Che avesse ragione H.G.Wells, il nostro clima non è congeniale
alle specie Aliene?
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