Turnover o non
turnover? Questo è il dilemma: se sia più nobile nella mente soffrire i colpi
di fionda e i dardi dell’oltraggiosa fortuna o prendere le armi contro un mare
di affanni e, contrastandoli, porre loro fine?
Ci perdonerà William Shakespeare,
sulla sua nuvola d’oro lassù dalla quale assiste quotidianamente alle nostre
tragedie che superano sempre di più in atrocità quelle partorite a suo tempo
dal suo genio e dalla sua fantasia creativa. Ci perdonerà, perché non sappiamo
trovare al Vincenzo Montella attuale altro archetipo che il suo Amleto, il
personaggio protagonista della madre di tutte le tragedie.
Ma il calcio è tutt’altro che una
tragedia, per fortuna. Ultimamente, anzi, se proprio lo vogliamo accostare ad
un genere letterario, vira un po’ verso la farsa. Chissà se il grande
commediografo inglese si sarebbe appassionato ad uno sport inventato – o
reinventato – nel suo paese quasi trecento anni dopo la sua dipartita. Chissà,
in caso affermativo, che avrebbe detto di questo Fiorentina – Verona andato in
scena allo Stadio Franchi ieri sera.
Crocevia del destino, intreccio
di passioni, la trama iniziale forse non sarebbe dispiaciuta allo stesso
Shakespeare, foriera com’è di consueto di sviluppi affascinanti. Gli sviluppi,
semmai, ecco, quelli forse avrebbero lasciato a desiderare anche per lui,
almeno quelli messi in scena ier sera da registi ed attori non proprio ispirati
al meglio. Chissà dunque se avrebbe impugnato il celebre amletico teschio
ripetendosi la domanda d’apertura (turnover? chi era costui? avrebbe scritto
più tardi un altro grande della letteratura), oppure l’avrebbe scagliato contro
la televisione come tanti contemporanei accomunati dalla passione viola al gol
di Obbadi. Oppure semplicemente quel gol non l’avrebbe visto, essendosi addormentato
da tempo sul divano.
Crocevia del destino, dicevamo.
Fiorentina – Verona si presentava come gara decisiva per entrambe. Gli
scaligeri mancavano ancora della certezza matematica della permanenza nella
massima serie, dopo una serie di sconfitte da fare invidia alla Fiorentina di
inizio campionato. La quale Fiorentina invece, a detta almeno di chi ha parlato
in conferenza stampa a suo nome, aspirava ancora a rientrare in lizza per il
discorso Champion’s, complici i non brillanti risultati delle romane.
Intreccio di passioni. Accade che
le tifoserie di Fiorentina e Verona – per una di quelle misteriose alchimie che
si creano in questo mondo del calcio dove è difficile definire la stessa
nozione di amicizia, vissuto com’è almeno nel nostro paese come la
continuazione della guerra con altri mezzi – siano da tempo gemellate, come
si usa dire. Il che vuol dire che quando si incontrano, sugli spalti o per le
strade delle rispettive città, invece di oltraggiarsi a morte o menarsi di
santa ragione si omaggiano come signorie di altri tempi ed altri galatei.
Bisognerà dunque prima o poi
rivedere questa mappa geopolitica dei gemellaggi. A ben vedere ha lasciato più
punti quest’anno in mano alle gemelle la Fiorentina che non in mano alle
acerrime nemiche. Nelle due sciagurate partite casalinghe contro le amiche del
cuore, Torino e Verona, la Fiorentina ha praticamente gettato via ogni
realistica chance di arrivare all’ultima giornata in corsa per la
qualificazione alla Coppa con le orecchie.
Mentre gli Ultras si trastullano
con i cori inneggianti all’Hellas Verona, vien fatto di pensare che questa partita
arriva in calendario al momento sbagliato e sotto pessimi auspici. Il Verona,
da quando è tornato in serie A, ha preso più gol dalla Fiorentina che dalle
altre avversarie messe insieme. La scorsa stagione furono nove tra andata e
ritorno. Difficile che Mandorlini voglia attenersi ancora ai doveri di
ospitalità e all’etichetta del gemellaggio. I gialloblu che scendono in campo a
Firenze sono una formazione da “o palla o gamba”, palla a Toni e pedalare,
vincere o morire. Quando l’arbitro Mazzoleni peraltro tira fuori il primo
cartellino giallo, i tacchetti dei veronesi si sono già fatti ampiamente
sentire, ed il primo tempo ormai se n’è andato.
Dall’altra parte sta, come
novello Amleto, Vincenzo Montella. Il giovin allenatore sta combattendo contro
se stesso e contro il mare di affanni (e di stanchezza) su cui si trova a
navigare la sua squadra. Montella sa, l’ha detto più volte, che una Fiorentina
2 non è neanche pensabile, visto ciò che una società dal braccio corto gli ha
messo a disposizione. Eppure sceglie per il più ampio turnover visto in questa
stagione. Il Verona non incute grande timore, e l’uomo di Pomigliano d’Arco
avverte che i suoi non sono più quelli di un mese fa, sullo scatto e sulla
tenuta.
Il turnover si abbatte dunque sulle
speranze viola come uno tsunami selvaggio. Neto, Rosi, Tomovic, Basanta,
Pasqual, Aquilani, Badelj, Lazzari, Diamanti, Gilardino, Ilicic. Giocatori che
presi singolarmente, e presi in altri contesti ed in altre epoche, magari hanno
anche fatto la storia (o almeno la cronaca) di questo sport. Ma che adesso per
un motivo o per l’altro fanno soltanto una gran confusione, una specie di
flipper dove la palla schizza via dalle gambe di un viola a quelle di un
veronese e poi ancora ad un viola. Il tutto senza costrutto alcuno.
Il fallo da rigore su Gilardino |
Dovrebbe essere un primo tempo
divertente, è un guazzabuglio senza né capo né coda, che non concilia il sonno
soltanto perché tiene in tensione, in attesa dell’erroraccio che prima o poi
può sbloccare il risultato. La difesa viola senza i due centrali regge solo per
la pochezza della manovra d’attacco veronese, per tener viva la quale il
vecchio Luca Toni (mai abbastanza rimpianto) fa quello che può. E che a 38 anni
quasi suonati non è affatto poco.
In mezzo, malgrado Aquilani
dimostri come impegno e come condizione di essere ormai sulla via del ritorno
ai suoi standards, va a finire che il migliore è Lazzari, per la quantità di
palloni che gioca ed anche per la qualità. Il bergamasco, uno dei pochissimi
sopravvissuti all’era pre-montelliana, è guarda caso l’unico che tenta le
famose verticalizzazioni di gioco, orrore e bestemmia degli ultimi anni di
calcio spagnoleggiante. Non è fortunato o ispirato al tiro, ma è praticamente
l’unico che lo tenta. Si capisce perché non giochi mai con Montella. Si capisce
che dopo le eresie tecnico tattiche offerte ieri sera probabilmente con lui non
rigiocherà mai più. Meglio Kurtic, che tutto quello che fa lo fa male, ma come
vuole l’allenatore.
In avanti si rivede il Gila. 33
anni non sono pochi per il vecchio rapinatore delle aree di rigore, ma il suo
lo fa, e se Rafael stasera non avesse tutti i santi del calendario dalla sua
segnerebbe anche il gol del vantaggio viola con uno splendido colpo di testa.
Dall’altra parte gli risponde Toni con una girata che lo fa sembrare aver
vent’anni di meno di quelli che ha. Poco dopo, tocca ad un altro attempato
signore andare sotto le luci dei riflettori. E’ la svolta del match.
Malgrado sia poco coadiuvato dal
confusionario Diamanti e dall’inesistente Ilicic, Gilardino si è battuto su
tutti i palloni. Montella ha pensato addirittura di affiancargli Babacar in una
inedita coppia d’attacco che potrebbe anche funzionare, se il senegalese non si
facesse subito male costringendolo al secondo cambio: fuori lui (e chissà per
quanto) e dentro Salah. L’egiziano comincia da par suo e nel tourbillon che provoca
immediatamente si crea l’occasione sulla quale si avventa il Gila. Rafael è
preso di sorpresa e lo stende, rigore netto. Mazzoleni non ha dubbi, indica il
dischetto sul quale va, ahimé, Alino Diamanti.
La disperazione di Diamanti dopo il rigore sbagliato |
Le statistiche dicono che il
talento pratese non sbaglia da almeno cinque trasformazioni. Quale migliore
occasione di questa? Diamanti tira talmente telefonato che quella di Rafael non
sembra nemmeno una grande parata. Su questo errore finisce praticamente non
soltanto la sua partita ma anche quella di tutta la squadra, malgrado un
tentativo di arrembaggio successivo. La strada scelta è quella delle solite
triangolazioni al limite dell’area avversaria. Il risultato è quello delle
ultime esibizioni: pallonate omicide al compagno e rinterzo puntualmente
intercettato dai difensori che ormai sanno dove piazzarsi ad occhi chiusi. Così
come sanno ormai come arginare Salah e quali varchi chiudere sulle fasce ed in
mezzo per inaridire una manovra viola che si conferma peraltro destinata ad
avere un unico improbabile sbocco: entrare in porta con il pallone.
Il morale del Franchi si spegne
al pari di quello della squadra. Alla mezz’ora Mandolini si accorge anzi che la
Fiorentina è stanca, e manda in campo Mounir Obbadi, centrocampista offensivo
marocchino, ad affiancare l’indomabile Toni che cerca di trasmettere ai compagni
la sua voglia di vincere questa gara. Il Verona ci prova sempre più spesso e
più convintamente. Nello stadio sale una sottile inquietudine: stai a vedere
che…..
Il gol di Obbadi |
Il Verona non vince a Firenze dallo
sciagurato campionato 2001-02. Segnarono Oddo ed un giovanissimo Adrian Mutu.
Malgrado la stanchezza ed il disorientamento della Fiorentina 2, non
sembrerebbe questa la serata adatta per aggiornare la statistica. Senonché
all’89 Norberto Neto decide di non essere da meno dei suoi e si lascia scappare
un tiro di Lazaros. Sulla palla, in mezzo a difensori fiorentini che sembrano
le statue di marmo del Foro Italico, si avventa il sopra citato Obbadi e per
Firenze è notte fonda.
Finiscono i cori pro-Hellas. Gli
spalti non sanno se applaudire o fischiare una squadra che tutto sommato ha
fatto quello che poteva ed un allenatore che ha presunto troppo dalla sua
panchina per niente lunga, rischiando a fin di bene ma pur sempre rischiando
troppo in vista della resa dei conti con la Dinamo Kiev di giovedi.
Ha sbagliato Montella? Hanno
sbagliato i giocatori? Ha sbagliato la società a non prenderne altri? Nella
notte in cui Firenze saluta per l’ennesima volta la Champion’s sono questi gli
interrogativi che assillano il mondo viola. Il calcio è la più inesatta delle
scienze, e la Fiorentina quest’anno ha dimostrato di non saper portare a casa
queste partite anche con i cosiddetti titolari al completo. Ci sono più cose in
cielo e in terra di quante la filosofia ne possa concepire. Abbiamo cominciato
con Shakespeare e con lui finiamo. Siamo fatti della stessa materia di cui son
fatti i sogni. Ognuno scelga pertanto il proprio. O l’incubo, se preferisce.
Almeno fino a giovedi.
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