Bisognerà ribattezzarla Zona
Fiorentina. Renato Cesarini, mezzala juventina degli anni trenta diventato
celebre per aver risolto diverse partite nei minuti finali o di recupero –
tanto da dare il proprio nome alla celebre Zona -, può andare in soffitta. La
squadra viola rischia di diventare l’eponima del ventunesimo secolo. Dopo
Zarate, tocca a Babacar dare alla propria squadra la vittoria all’ultimo tuffo,
ormai insperata malgrado i propri meriti e nonostante alcuni demeriti. Ecco,
Babacar è un altro che potrebbe dare il proprio nome alla Zona di cui sopra. Il
senegalese non è nuovo a simili imprese, tanto che Sousa ormai lo impiega solo
nei minuti finali delle gare, quelli in cui evidentemente riesce a rendere di
più.
Chi non riesce proprio a legare
il proprio nome alle imprese di questa Fiorentina è la famiglia Della valle.
Ieri – si può dire ? – colpevolmente assente dalla tribuna del Franchi a
prescindere da reali o accampati impegni di lavoro e dall’essere questa sfida
con l’Inter evidentemente indigesta per i suoi membri, vuoi per affezioni
passate o per conflittualità recenti. Fatto sta che in quella Tribuna campeggia
con il suo entourage esclusivamente Erick Thohir, l’imprenditore indonesiano
dal 2013 azionista di maggioranza della F.C. Internazionale Milano alla sua
prima trasferta al seguito della squadra. Degli omologhi di Viale Manfredo
Fanti nessuna traccia. Manco fossimo a San Siro.
E invece siamo allo Stadio
Franchi, il giorno di San Valentino. Firenze ci tiene a testimoniare l’amore
per la propria squadra riempiendo l’impianto come ormai succede poche volte.
Soprattutto, oltre alla vicinanza alla propria squadra che il patto d’onore
stretto tra essa ed il suo allenatore ha semmai rinsaldato, ci tiene a ribadire
la differenza tra “tifosi” e “clienti”. I primi vanno allo stadio e tanto
basta, i secondi vanno a comprare un prodotto e
a volte non trovano nemmeno il venditore, che ha pensato bene di aprire
bottega altrove.
Ciò detto, la Fiorentina lasciata
a se stessa dalla propria società dimostra di essere sulla strada di ritrovare
proprio se stessa aggredendo l’Inter come fece nella partita di andata. Paulo
Sousa la mette in campo centellinando il meglio di ciò che ha a disposizione. I
3 in
difesa sono Gonzalo, Astori e quel Roncaglia a cui non è stato trovato
sostituto in tutta una serie di sessioni di mercato. I 4 a centrocampo sono Alonso,
Vecino, Borja Valero e Tello. I 2 trequartisti sono Ilicic e finalmente
Bernardeschi, che riportato nella sua posizione più congeniale finalmente
esplode a livelli che non esitiamo a definire europei. L’1 in attacco è
Kalinic, che non attraversa il momento migliore della stagione ma che ha
bisogno di fiducia e minutaggio per tornarci.
Incassato graziosamente il regalo
di Mancini che lascia in panchina gente del calibro di Jovetic, Llajic e
Perisic, per venti minuti i viola mettono sotto i nerazzurri senza remissione,
dimostrando che delle due squadre ritenute in calo rispetto al girone di andata
sono i milanesi a passarsela peggio rispetto ai fiorentini. L’ira di Dio
Bernardeschi sfonda tre volte, per due volte tira costringendo Handanovic ad
interventi all’altezza della sua fama, la terza imbecca Ilicic che la piazza di
giustezza invece che di potenza, dando tempo a Telles di posizionarsi e
rinviare.
Nel frattempo il difensore
interista si è reso protagonista di una singolare doppia ammonizione insieme al
compagno Medel da parte dell’arbitro. Il sig. Paolo Silvio Mazzoleni della
sezione di Bergamo è un fischietto che già in passato ha dimostrato di non
saper tenere in pugno partite complicate se non complicandole ulteriormente.
Questo Fiorentina – Inter è un match teso, in campo spesso e volentieri si usa
la sciabola più che il fioretto, soprattutto da parte interista. Telles finisce
sul taccuino per un fallaccio su Tello, che dalla sua parte cerca di essere
all’altezza di Bernardeschi. Medel invece per proteste, avendo a suo dire il
direttore di gara omesso di sanzionare analogo intervento da parte di Gonzalo
Rodriguez. Con buona pace dell’Inter, sono le poche decisioni che Mazzoleni
azzeccherà in questa serata forse decisiva per la lotta al terzo posto.
C’è tempo per un episodio assai
dubbio in area interista. Miranda frana a terra cercando di arginare
Bernardeschi imbeccato da Kalinic, e finendo per travolgere anche il numero 10
viola. Lo stadio insorge, ma Mazzoleni è imperturbabile. Dopodiché accade ciò
che a detta di tanti se non tutti rende il calcio bello e imprevedibile, ma
anche a volte profondamente ingiusto. Nell’unica azione di contropiede degna di
questo nome Kondogbia imbecca Rodrigo Palacio che con i suoi 34 anni dimostra
di essere ancora il migliore dei suoi nonché una bestia nera per i viola,
andando sul fondo a crossare al centro per un accorrente e liberissimo
Brozovic. Il croato non perdona e l’Inter si ritrova avanti in una partita dove
a quel punto avrebbe potuto subire già un nuovo tracollo.
E’ il kharma viola di questi
anni, tanta fatica per segnare e avversari che vanno in gol alla prima
occasione. Partita in salita improvvisa dopo aver offerto una promettente
discesa. La Fiorentina accusa il colpo, restando in campo frastornata come un
pugile raggiunto da un uppercut improvviso. L’Inter per mezz’ora tra la fine
del primo tempo e l’inizio della ripresa si ritrova padrona del match, pur
senza riuscire ad imbastire una azione degna di tal nome per provare a chiuderlo
e issarsi stabilmente al terzo posto superando la diretta concorrente. Anzi, è
ancora Handanovic a fare miracoli al 45’ su testata di Vecino che sembra diretta al
sette.
La Fiorentina rientra in campo in
debito con la sorte e ancora piegata in due dal colpo ricevuto, ma pian piano
ricomincia a crederci. Per un quarto d’ora tuttavia l’Inter ha buon gioco ad
aspettarla (a volte anche pressando in alto) e a cercare di innescare un
evanescente Icardi e un mai domo Palacio. Sousa capisce che c’è bisogno di
imprevedibilità per spostare l’inerzia di questa partita che si sta mettendo
male e chiama fuori Tello per Zarate.
La leggenda parlerà nei secoli
dei secoli della magia dei cambi del mister portoghese. In realtà, l’argentino
dimostra subito di avere i numeri per mettere in crisi anche da solo quella
strana difesa dell’Inter, seconda in campionato per imperforabilità e tuttavia
capace di prenderne tre in una botta sola in quel di Verona. Nel rimescolamento
di carte che si crea con il suo ingresso, gli alfieri viola ritrovano spazi e
convinzione.
E’ il 15’ quando Ilicic crossa da
destra, sono in tre i gigliati in mezzo all’area a cercare di raccogliere
l’assist, ed è il più improbabile dei tre a riuscirci. Borja Valero segna di
testa uno dei suoi gol più belli e più importanti. Proteste interiste, ma il
replay mostra Murillo che sfiora la palla rimettendo in gioco tutti i viola in
sospetto fuorigioco. Non Borja , in ogni caso.
Si riparte con il vento che è
girato un’altra volta. Adesso è l’Inter ad accusare il colpo. La Fiorentina
capisce che può fare il colpaccio e riprende a ruminare gioco come aveva fatto
prima del vantaggio di Brozovic. Dopo tre minuti potrebbe passare di nuovo,
grazie ad un fallo di mano in area di Telles su lancio di Zarate che pare
decisamente intenzionale, oltre che plateale. Mazzoleni è una statua di sale.
Nel frattempo Mancini mette dentro Perisic, che riequilibra l’ingresso di
Zarate. La partita adesso non è bella, ma è avvincente, quasi da campionato
inglese. Il risultato appare in bilico, e può essere sbloccato da un qualsiasi
episodio.
Il tempo trascorre, e la “Zona
Fiorentina” si avvicina. Bernardeschi riesce finalmente a scardinare i raddoppi
sistematici con cui la difesa nerazzurra l’aveva in qualche modo arginato. Al 37’ una sua penetrazione
costringe Telles al secondo fallaccio ed al secondo giallo. Con l’Inter in
dieci, Mancini toglie Palacio per D’Ambrosio. Sousa risponde chiamando fuori
Vecino e Ilicic e buttando dentro Tino Costa e Babacar.
E’ una mossa dettata da lucida
disperazione. Un tentativo di vincere una partita meritata malgrado tutto ciò
che stasera ha remato contro. E’ una occasione per l’ex promessa senegalese di
legare il proprio nome ad una impresa, a meritarsi in futuro qualche minuto in
più degli spiccioli che ultimamente il mister gli riserva.
La Fiorentina dice all’Inter che
ci crede, non ha paura e vuole vincerla. Pur con qualche patema in difesa, i
viola si buttano avanti decisi a sfruttare anche i tre minuti di recupero
concessi da Mazzoleni. Ne basta uno, il primo. Tocca a Zarate provare a piegare
le mani dell’omnipresente Handanovic, che compie l’ennesimo miracolo. L’ultimo,
perché sulla ribattuta la palla carambola sul petto di Babacar e finisce in
rete, facendo esplodere lo Stadio Franchi. Gol fortunoso? Forse, ma bisogna
esserci perché la palla ti batta addosso. Stasera a Kalinic mancava ancora qualcosa,
nonostante la buona volontà. Quel qualcosa che il destino ha voluto ci mettesse
Khouma El Babacar in quei brevi istanti a lui concessi.
Finisce al 50’, con Mazzoleni che fa
recuperare sul recupero non prima di aver buttato fuori anche Zarate. Nel parapiglia
delle battute finali il viola si trova in mezzo a cinque interisti, ma
evidentemente dice qualcosa di troppo e soprattutto indugia a lasciare il
terreno di gioco reiterando le proteste forse non del tutto ingiustificate. Prevedibile
squalifica pesante?
E’ una serata comunque che dal
possibile dramma (sportivo, si intende) vira all’apoteosi. Del resto è San
Valentino, e Firenze si scopre più che mai innamorata di questa Fiorentina.
Desiderosa di seguirla fino alla fine e di conoscere cosa riserva la sorte a
questo gruppo che ha stretto un patto d’onore: tutti per uno, uno per tutti.
Pazienza per chi non c’era.
Firenze città d’arte, accoglie chi resta, ignora chi parte.
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