La strada della Fiorentina verso
Basilea finisce a Londra. Il Tottenham Hotspurs si prende la rivincita che
attendeva da un anno. I viola non erano mai tornati finora a mani vuote
dall’Inghilterra. Ma è anche vero che da White Hart Lane le squadre italiane
non erano mai uscite con una vittoria. Ed una vittoria, o un pareggio con
almeno due gol, era quello che serviva alla Fiorentina per tenere vivo il
sogno.
Una delle due tradizioni era
destinata ad interrompersi ieri sera. E’ toccato alla Fiorentina, coraggiosa
anche se dalle armi spuntate, perfino un po’ sfortunata e addirittura
moderatamente maltrattata dall’arbitro. Niente di eclatante, per carità, siamo
lontani da Ovrebo, ma insomma quando la palla esce di un metro e l’azione
avversaria continua, quando sul gol del raddoppio avversario il tuo difensore
becca uno dei tanti pedatoni non sanzionati della serata (che si sommano a
quelli dell’andata, con annesso rigore generosissimo agli avversari), qualche
rimpianto è lecito averlo. Anche se la Fiorentina alla fine non esce dalla
coppa per torti arbitrali, ma bensì per quelli che lei ha inflitto a se stessa.
Different class. In inglese si
dice così. Nel tempo intercorso tra l’1-1 dell’anno scorso ed il 3-0 di
quest’anno gli Spurs si sono rafforzati, acquistando o promuovendo talenti poco
più che ventenni a fianco di campioni collaudati. I viola invece si sono
indeboliti, tornando quassù privi di Salah, Joaquin e perfino di quel Mario
Gomez che aveva segnato agli inglesi uno dei suoi pochi gol viola, prima della
rinascita sul Bosforo.
Da qui a deviare sulle colpe societarie, ci rendiamo conto che il discorso sarebbe come al
solito breve. Basta dire, anzi ribadire, che Paulo Sousa si è presentato alla
battaglia decisiva con gli uomini più contati che mai. Si può discutere tra
l’altro di scelte e di cambi, ma quando gli uomini chiave della zona nevralgica
del campo purtroppo sono due signori come Borja Valero e Ilicic che non reggono
questi ritmi partita c’è poco da discutere. Bernardeschi poi sarà anche
giovane, inesperto e se vogliamo anche un po’ egoista, ma le rare volte che
riesce a sfuggire alla marcatura in raddoppio si può anche capire se l’istinto
lo spinge a tentare il tiro piuttosto che il passaggio a compagni che avverte
lontani e inadeguati anche quando gli stanno a pochi metri.
Quella che scende in campo a
White Hart Lane al cospetto di una nutrita ed altrettanto coraggiosa pattuglia
di tifosi viola (a proposito, pare che il più giovane dei proprietari della
Fiorentina ieri sera abbia trovato un paio d’ore in agenda per recarsi allo
stadio, peccato che le telecamere non lo inquadrino mai, poca pubblicità a
questo giro) è una Fiorentina spaccata in due, che comunque per 25 minuti tenta
di fare il suo bravo pressing alto, per togliere agli inglesi quella che si
suppone essere la loro arma migliore: il furibondo forcing iniziale.
Il problema è che questi non sono
più gli inglesi di una volta. Intanto hanno il vantaggio del gol segnato a
Firenze, e possono aspettare una Fiorentina che invece è costretta a far gioco
per segnare il suo di gol in trasferta. Poi hanno delle individualità che
rendono tutto di una facilità estrema. O così almeno sembra, quando ripartono
dopo aver recuperato palla all’incerto centrocampo viola. Badelj è meno preciso
del solito, la lunga sosta per infortunio si fa sentire. Così come a Vecino si
fanno sentire i tanti chilometri macinati. Bernardeschi è isolato, Kalinic
pure, malgrado stasera si batta bene, ai suoi livelli di inizio campionato.
Dietro, i “guerrieri della notte” Gonzalo e Astori fanno gli straordinari,
coadiuvati da un Tomovic che le dà e più spesso le prende.
Scongiurato l’arrembaggio inglese
sembra lecito sperare in una partita da far virare in direzione viola con
pazienza. Fino al 25’,
quando un contrasto di Astori favorisce Mason che può involarsi verso Tatarusanu.
La palla è di quelle su cui di solito si inciampa, o che sfilano dietro il
giocatore appena passato oltre. Mason è fortunato quanto bravo: gran controllo
di palla e freddezza a tu per tu con il portiere viola. Il quale potrebbe anche
distendere di più l’arto anteriore corrispondente (la sindrome del “braccino”
evidentemente è uscita dalle stanze della società ed è arrivata in campo). Bel
gol, con il dubbio che fosse parabile.
Per la Fiorentina cambia poco,
sempre due gol deve segnare per uscire da Tottenham Court Road con le ossa
intere. Il guaio è il solito, per arrivare a tirare in porta ci vuole più che
per le consultazioni del presidente della repubblica quando deve formare un nuovo
governo. Solo Ilicic è riuscito a tanto, con uno dei suoi tiri a rientrare di
sinistro. Poi un colpo di testa di Borja sull’esterno della rete.
Nella ripresa per un quarto d’ora
i viola sembrano volercela e potercela ancora fare, anche se gli affacci dalle
parti del portiere Vorm sono sempre problematici. Un paio di tiracci di
Bernardeschi, un paio di spunti di Kalinic e Borja non andati a buon fine. Il
Tottenham aspetta, giocando come il gatto con il topo. Potrebbe essere
l’ennesima partita del rimpianto per le occasioni sbagliate o non create.
Oppure potrebbe precipitare tutto da un momento all’altro.
Minuto 62. A Chadli, autore del
rigore all’andata, è già stato annullato un gol per fuorigioco. Si ripresenta
in area viola, mentre da un’altra parte viene steso Tomovic senza tanti
complimenti (dovrà poi essere curato a bordo campo per un bel po’). Tatarusanu
si fa perdonare la precedente esitazione compiendo un bell’intervento, ma sulla
ribattuta c’è Erik Lamela, che vince il duello a distanza delle giovani
speranze con Bernardeschi mettendo dentro e chiudendo la partita.
Da quel momento, si gioca per
arrivare al 90’.
La Fiorentina si scioglie, restando appesa a quel poco di match per la
caparbietà di Zarate subentrato a Ilicic (lo sloveno scarica la sua frustrazione
sbattendo i guanti contro la panchina) e per gli spunti residui di un Alonso
che non vuole arrendersi. Blaszczykowski subentra ad un Borja
Valero ectoplasmatico, ma non ha più tempo né modo di incidere sul match.
Dall’altra
parte, gli Spurs si vogliono divertire arrotondando il punteggio per assaporare
una vendetta ancora più gustosa, e non mollano. Soprattutto Alli, una specie di
clone di Ibrahimovic, si mette in mostra
sia per la bravura che per la scorrettezza. Per contenerlo, Gonzalo Rodriguez
deve fare gli straordinari. Fintanto che tocca proprio a lui segnare un
clamoroso autogol entrandogli davanti in scivolata alla disperata.
Il 3-0 pare una
punizione eccessiva per una Fiorentina che merita almeno l’onore delle armi per
come si è battuta. Malgrado ciò, l’estrema facilità con cui il Tottenham ha
affondato i colpi quando ha voluto legittima in qualche modo il punteggio. “Clinical
demolition”, titola stamani il Daily Telegraph. In realtà la Fiorentina è stata
demolita da chi non le ha procurato rinforzi al momento giusto, costringendola
a tirare la stessa coperta striminzita ai quattro angoli di una stagione
impegnativa.
La strada per
Basilea finisce qui. La squadra torna da Londra a testa alta, avendo fatto
anche in questa circostanza tutto quello che era in suo potere fare. La società
ormai la testa non si sa più nemmeno dove l’abbia, e sarebbe bene che in
qualche modo la recuperasse, perché la faccia estremamente scura di Paulo Sousa
a fine partita non promette niente di buono.
A corredo di una
pessima serata ci si mette anche una parte della tifoseria al seguito, che non
trova di meglio che compiere una aggressione di stampo antisemita, per fortuna
solo verbale, ai danni di un noto commentatore radiofonico di origini ebraiche.
A conferma che le Giornate della Memoria servono purtroppo ancora a qualcosa. E
che a Firenze quando finiscono i sogni per trasformarli in incubi non ci
facciamo mancare mai nulla.
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