Comunque vada a finire, di una
cosa va dato atto a questi ragazzi: hanno dato il massimo, tutto quello che
avevano, e anche qualcosa di più. E alla fine di questa partita possono
permettersi di uscire dal campo a testa alta, con l’orgoglio malcelato di colui
al quale tutto sommato il risultato va anche stretto. Il Tottenham Hotspurs
starà anche dominando la Premier League assieme al Leicester di Ranieri, ma se
è ripartito per Londra con un punto lo deve anche ad un complesso di
circostanze favorevoli, non ultima delle quali anche una certa benevolenza
arbitrale.
La Cooperativa viola “Lasciati a
Se Stessi” va in campo al Franchi per riprendere il discorso Europa League all’altezza
dei sedicesimi di finale dopo la pausa invernale. Lo fa nel più completo
disinteresse ed assenteismo della sua proprietà (ma di questo scriviamo in
altra parte del giornale) e con una cornice di pubblico assai ridotta rispetto
ad analogo spettacolo andato in scena lo scorso anno. Al 2-0 firmato Gomez –
Salah – Neto assistettero oltre 30.000 persone, quest’anno siamo a poco più
della metà. Potenza della trasmissione in chiaro da parte di Sky e/o del caro
biglietti? Probabilmente. E’ difficile ipotizzare altre spiegazioni, come un
disamore di Firenze per la propria squadra. Più facile che l’Arno si metta a
scorrere al contrario.
La Coop viola va dunque in campo
consapevole di doversela vedere da sola. Gli Hotspurs rispetto allo scorso anno
si sono rafforzati, risultati alla mano. La Fiorentina, malgrado proprio i
risultati, pare di poter dire che non ha più al suo arco tutte le frecce della
stagione passata, a cominciare dall’egiziano volante. Ma se gli Speroni non
sono secondi in Inghilterra per caso, allo stesso modo essa non è terza in
Italia. Sousa e i suoi ragazzi hanno stretto un patto che non prevede nessuna
resa. Vittoria e basta, fino alla fine. Poi si vedrà.
Il buon mister Paulo, al pari del
dirimpettaio Pochettino, avrebbe anche in animo una idea di turnover. Fuori
Vecino, che sta facendo più chilometri lui della Tramvia di Scandicci, e dentro
Tino Costa. Fuori Tello, che non è nella lista UEFA, e al suo posto nella
rotazione di ruoli e maglie si rivede Kuba Blaszczykowski. Fuori soprattutto
sia Kalinic che Babacar. Dell’esclusione del croato se ne capirà la ragione
nella ripresa, allorché Sousa sarà costretto a ributtarlo dentro. Non si sa
cosa gli sia successo, ma non ne azzecca più una. Per l’esclusione del
senegalese invece si può avanzare qualsiasi illazione. Comprese le offese a
genitori e parenti, o complicazioni sessuali interconiugali. Stiamo scherzando
ovviamente, ma l’ostracismo di cui è fatto oggetto Babacar a questo punto meriterebbe
qualche spiegazione in più. Che al pari di quelle sulla gestione di bilancio
per ora non arriva.
Si parte con un inedito Zarate
unica punta, con Ilicic alle sue spalle come trequartista e dietro un 4-4, o un
3-5 alla bisogna. A sinistra Alonso, a destra Tomovic, in mezzo Astori ma
soprattutto Gonzalo, che anche stasera si guadagnerà la nomination per un
monumento dentro lo Stadio Franchi. Al centro Borja, Tino, Berna e Kuba. L’ennesima
rivoluzione tattica di un mister che non dorme mai sulle proprie certezze.
Potrebbe anche funzionare. Gli
Hotspurs vengono qui con la presunzione di esportare sul suolo italiano la Premier
League. Se Bernardeschi fosse più coordinato in volo sulla palla a girare di
Ilicic e se Zarate avesse più freddezza in occasione del quasi calcio di rigore
sulla palla ribattuta dal portiere Vorm ancora a Bernardeschi in finale di
tempo, la Fiorentina concluderebbe la prima metà di gara in vantaggio. E questo
malgrado sia apparsa spesso in difficoltà per il pressing alto degli inglesi,
per alcune giocate del loro gioiello (abbastanza scorretto) Alli e per alcuni
propri equivoci tecnico – tattici.
Borja e Ilicic infatti appaiono
ben presto inadatti a questo tipo di partita e di avversario. Lo spagnolo
inizia presto a boccheggiare, in debito di ossigeno e di intuizioni di gioco. Le
rare volte che si propone in ripartenza tarda al solito quanto basta ai
velocissimi inglesi per riguadagnare le posizioni difensive. Spesso poi tenere
un pallone in fase di impostazione gli riesce più complicato del solito. Stesso
discorso per Ilicic, con l’attenuante che di pedate lo sloveno stasera ne
prende veramente tante, sotto lo sguardo dell’arbitro tedesco Felix Zwayer che
preferisce dispensare per lungo tempo ammonizioni verbali piuttosto che formali.
Herr Zwayer arbitra in stile
UEFA, sanzionando subito contatti più o meno vistosi, ma quasi mai come il loro
peso nell’economia del gioco richiederebbe. In compenso solleva discrete
perplessità in occasione del rigore che concede ai britannici al 40’, quando
già la Fiorentina potrebbe recriminare una prevalenza “ai punti” (ed alle
occasioni da gol). Tomovic stasera è stato abbastanza attento nei suoi
interventi. E’ uno dei soldati su cui Sousa sa di poter contare, sempre e
comunque. Quando interviene su Davies appena dentro l’area è in leggero
ritardo, ma l’inglese avrebbe il tempo di saltarlo senza danni. Invece cade
sembrando accentuare platealmente l’impatto con lo scarpino del buon Nenad. Evidentemente
ha valutato di capitalizzare l’occasione con un penalty, piuttosto che con un
tiro in porta dalle incerte prospettive. Zwayer abbocca, Chadli trasforma
spiazzando Tatarusanu. Fiorentina che si ritrova come un ciclista alla tappa
del Mortirolo al Giro d’Italia.
Nel primo tempo non sono andati
malaccio Kuba, uno dei primi a capire che aria tira tatticamente grazie anche
alla sua provenienza calcistica nordeuropea, e Tino Costa, che ha cercato di
mettere ordine in un centrocampo viola spesso in affanno. Eppure nella ripresa Paulo
Sousa è costretto a sacrificarli in virtù della consapevolezza che le speranze
residue della sua Coop viola in questo torneo sono appese al recupero dei suoi “senatori”
e al verificarsi di qualche magia compiuta da chi ne è in grado. Così, fuori
Kuba per Kalinic, Ilicic per Badelj e Tino Costa per Vecino. Sarà come sarà, ma
la musica cambia subito.
Fino al quarto d’ora del secondo
tempo è sembrata una riedizione di Fiorentina – Inter, con i viola non apparsi
inferiori agli avversari ma in difficoltà a riprendere il pallino del gioco.
Zarate da solo però affoga nella difesa inglese, l’ingresso di kalinic – pur di
questo Kalinic dalle polveri bagnate – finisce per creare più spazio sia a lui
che Bernardeschi. Il buon Milan Badelj da parte sua si risistema subito in
cabina di regia, facendo subito desiderare che il “pronunciamiento” del suo
procuratore sia stato un episodio senza conseguenze.
Al quarto d’ora arriva anche la
magia. Per rispetto a Giancarlo Antognoni, avevamo in precedenza scelto di
dirottare altrove le nostre iperboli di commentatori-tifosi paragonando Federico
Bernardeschi piuttosto a Johann Cruyff. Da stasera ci aggiungiamo anche Johan Neeskens
e già che ci siamo anche Johnny Rep. Il missile lanciato dal Berna sotto la
traversa e poi in rete è un gol di rara bellezza, come ne avevamo visti fare
nella nostra infanzia dai fuoriclasse di quella mitica Olanda. Federico sa che
non deve montarsi la testa, ma se la Fiorentina in coppa è ancora viva è merito
suo. E allora si può spendere qualche aggettivo e qualche paragone di quelli
che non costano nulla e fanno sognare.
Dopo il pareggio, la Fiorentina
sale finalmente in cattedra, o almeno ne scende il Tottenham, che nella mezz’ora
finale trova molta più difficoltà ad arginare le folate (che finalmente possono
definirsi tali) dei viola. La sensazione è che possa andare a finire come
contro l’Inter, ma stasera la buona sorte aveva il posto riservato nei settori
dello stadio rimasti vuoti. Gonzalo sale diverse volte sui tanti calci d’angolo
battuti dai suoi compagni per segnare quel gol che renderebbe memorabile la sua
già magistrale prestazione. Ma non trova mai il tempo giusto.
Chi lo trova invece è Astori. La sua
incocciata esce di un millimetro, su angolo battuto dopo che Vorm aveva deviato
con la punta delle dita dei guantoni un tiro velenosissimo di Mauro Zarate.
Niente da fare. Il destino aspetta la Fiorentina a White Hart Lane tra una
settimana. Come dice Gonzalo Rodriguez, può fare a Londra la stessa partita
disputata al Franchi. Magari con più efficacia (a prescindere dalle scelte
tecniche e dalle prestazioni individuali) perché paradossalmente quest’anno in
trasferta il suo compito è più facile mediamente che non in casa.
Se andrà bene, Pochettino dovrà
rinviare a data da destinarsi la sua attesa rivincita, proprio quando già
cominciava a farci la bocca. Se andrà male, sarà comunque un’uscita a testa
alta da una coppa giocata tutta in salita. Questo Tottenham non appare comunque
superiore al Basilea fermato sul 2-2 in Svizzera nel girone eliminatorio. E la
Fiorentina giusto di un 2-2 avrebbe bisogno.
La coop viola può farcela, senza costringere
neanche i suoi proprietari a scomode trasferte, D’altra parte, chi si diverte
con il calcio e chi si diverte con i bilanci. De gustibus, dice il proverbio…..
Nessun commento:
Posta un commento