Mentre nelle stanze dei bottoni
della società si prepara un’altra Notte dei Lunghi Coltelli, la squadra della
Fiorentina valica l’Appennino per giocare il classico derby che ha fatto la
storia del calcio, e che potrebbe contribuire a scrivere quella di questo
campionato.
Calano le prime ombre della sera
quando Paulo Sousa, squalificato per la cervellotica decisione di Cervellera,
si accomoda nella tribuna coperta dello Stadio Dall’Ara. A Casette d’Ete c’è qualcuno
che aspetta le sue scuse, insieme a quelle di tutta la città. A Firenze c’è chi
lavora per far fare a Daniele Prade’ la stessa fine che fu di Pantaleo Corvino.
Il DS di Vernole fu immolato per superare la Notte della Vergogna, lo 0-5
incassato dalla Juventus a suggello di un paio di campionati inguardabili, che
rischiavano di disilludere il popolo viola circa la reale volontà della
proprietà marchigiana di mantenere promesse e programmi. Il DS romano
probabilmente pagherà allo stesso modo la Campagna Acquisti della Vergogna,
quella alla quale è stato mandato a lallerare senza lilleri.
Paulo Sousa ha fatto capire che
non ci sta. Altro che chiedere scusa. Ha stretto un patto d’onore con i suoi
giocatori, e con quella parte di Firenze che non crede più alle favole. Che
vuole salvare la stagione, i propri sogni, e quel labaro viola che risale al
1926 e che al massimo può concedere di aver subito un restyling nel 2002, nulla
di più.
Ha avuto il suo momento di crisi,
Paulo Sousa, quando metteva Alonso a destra o Kuba a sinistra. Ma adesso che i
nodi vengono al pettine, ci tiene a chiarire alla gente di Firenze che quei nodi
non li ha stretti lui. Da ora in avanti la banda viola continua a combattere
come Rambo nella giungla vietnamita, sola contro tutto e tutti. Questa serie
televisiva avvincente di cui si ritrova ad essere lo sceneggiatore si
arricchisce a Bologna di un nuovo capitolo, a cui trovare un titolo non è
facile. Se si guarda a chi è rimasto a Firenze, suggeriamo “Non si uccidono
così anche i sogni?”. Se si guarda a chi si è spinto fino al Dall’Ara, forse è
più adatto “I sette uomini d’oro”.
Se non sono sette, non sono
comunque più di nove gli uomini di sicuro affidamento che vestono la maglia
viola stasera e cercano di mantenere la Fiorentina aggrappata al terzo posto. E
Sousa li mette in campo alla grande, consapevole che non si può sbagliare più.
Peccato che non può contare su una squadra intera. Peccato che sul prato verde
dello stadio bolognese giungano a maturazione equivoci di lunga data, e che
alla fine i Sette Uomini d’Oro tornino a casa come i Sette Senza Gloria.
In campo, considerati i cambi, è
andata complessivamente Quella Sporca Dozzina, i soliti 13. Ma tutto finisce
per ruotare attorno alle solite lacune. Alla presenza in campo, o per meglio
dire sostanzialmente all’assenza, di giocatori che ormai dimostrano la loro
incompatibilità con questa maglia viola, e con un campionato di serie A di
livello.
La difesa è a 4, con un Pasqual
ritornato quello dei tempi d’oro, con un Gonzalo che ormai si avvicina sempre
di più all’archetipo, a quel suo connazionale che resta fino ad oggi come il
più grande centrale di difesa della storia viola, Daniel Alberto Passarella.
Con Astori che accanto ad un simile campione sta diventando anche lui campione,
sbagliando poco o nulla e improvvisandosi anche ispiratore di gioco, visto che
il centrocampo della sua squadra ormai è più teorico che reale. E purtroppo
infine con un Roncaglia a cui sono state concesse fin troppe opportunità. Ormai
è un giocatore di sicura inaffidabilità.
In mezzo, finalmente Bernardeschi
si riprende quella tre quarti che era sua per diritto di nascita. Sarà un caso
ma il ragazzo con il numero 10 sulle spalle ritrova a Bologna condizione e
lucidità come per incanto. Sulla fascia destra stasera ci finisce Matias Fernandez.
Al cileno è stato rinnovato da poco il contratto. Lo voleva Montella a Genova.
A fine partita il popolo viola maledice chi non ha accontentato il nostro ex
allenatore. Un altro equivoco di lunga data che purtroppo si chiarisce, anche
se a spese della sua squadra.
Completano lo schieramento
Vecino, che fa il suo come difensore aggiunto nelle sfuriate iniziali dei
padroni di casa e che si propone anche in avanti finché la sua squadra riesce a
passare la metà campo, e Borja Valero che purtroppo conferma di non
attraversare un momento di grande condizione di forma e che davanti alla difesa
ha il potere di gelare il sangue più volte ai suoi supporters con le consuete
giravolte alla Pizarro e di vanificare la maggior parte delle ripartenze con i
consueti traccheggiamenti alla Mati Fernandez. Piacevole sorpresa invece
Cristian Tello, messo sulla sinistra a rinfocolare la nostalgia per Joaquin. Il
ragazzo ex Barcellona ci riesce, saltando l’uomo spesso e rischiando nel primo
tempo di segnare un gol alla Batistuta.
In avanti, Sousa lascia a riposo
Kalinic – che una volta entrato farà di tutto per dargli ragione sbagliando lo
sbagliabile sia come centravanti che come rifinitore aggiunto – che Zarate, il
quale ancora non ha probabilmente i 90 minuti nelle gambe. Maglia di titolare a
Babacar, che si salva soltanto per una deviazione peraltro splendida sotto
porta su invito di Tello. Sarebbe stato un gran gol, ne avrebbe avuto bisogno
sia lui che una squadra avvilita dalla solita sterilità del proprio possesso
palla ad oltranza stabilito dopo dieci minuti iniziali di aggressione
bolognese.
Nella ripresa, Sousa capisce che
anche un Kalinic fuori forma come l’attuale è meglio di un Babacar fuori
sintonia con la squadra come quello che ha deluso nel primo tempo. Purtroppo il
croato ha vita difficile nelle maglie di una difesa felsinea che Donandoni ha
blindato spostando il baricentro della squadra indietro. Dare spazio a questa
Fiorentina non è consigliabile per un Bologna che la matematica non ha
dichiarato ancora salvo. Tutti indietro ad aspettare i giocolieri viola e via
in contropiede.
Al decimo della ripresa è chiaro
che i viola stanno lavorando ai fianchi i rossoblu, e che a gioco lungo la
supremazia tecnico-tattica degli ospiti potrebbe ricevere un adeguato premio. E’
proprio allora che Mati Fernandez, già ammonito per una entrata omicida, decide
di suicidare se stesso e la squadra trattenendo platealmente un avversario in
ripartenza. L’arbitro Banti di Livorno non può far altro che tirar fuori il
secondo giallo e mettere la Fiorentina in dieci.
La quale Fiorentina per la verità
sembra quasi beneficiarne nell’immediato. Il cileno è un rallentatore di gioco
come pochi altri al mondo. Bernardeschi e Tello invece leggono bene la partita
e affondano quando e come possono. Poco dopo l’espulsione Kalinic tiene palla bene
ed apre per lo spagnolo che va sul fondo e mette in mezzo. L’italiano segna il
suo primo gol stagionale in campionato con una carambola da giocatore di
biliardo. Fiorentina in vantaggio.
Manca troppo tempo al fischio
finale, appare subito chiaro alla ripresa del gioco. I dieci viola superstiti
cominciano a palesare segni di stanchezza. Roncaglia va in stato ancora più confusionale,
Borja Valero in debito d’ossigeno. E’ lui a lasciare libero Giaccherini che
segna il pareggio bolognese da posizione quasi analoga a quella di
Bernardeschi, con un tiro quasi altrettanto spettacolare.
L’ultima mezz’ora il Bologna la
gioca consapevole che questa Fiorentina si aggrappa ai sei-sette che hanno
ancora risorse fisiche e mentali da spendere e che può capitolare da un momento
all’altro. Tatarusanu timbra il cartellino levando dal sette un gran tiro di
Taider. Per questo quando Kalinic assassina malamente un contropiede
promettente con almeno due compagni liberi da mandare in porta non si può
recriminare più di tanto. Nemmeno Zarate, entrato al posto del bravo Tello,
stasera può fare miracoli.
Va a finire che il miracolo è non
aver perso una partita che era da vincere. La fortuna aiuta gli audaci, i sette
audaci o poco più su cui si regge la Fiorentina in questo momento. I sette che
tornano purtroppo senza gloria e con un terzo posto salvo soltanto perché le
difficoltà dell’Inter sono superiori se possibile a quelle dei viola. Prossima
puntata proprio Fiorentina – Inter. Chi perde apre la crisi.
Questa puntata invece di un
campionato che prometteva di essere il più bello tra quanti giocati dalla
Fiorentina da lungo tempo a questa parte si chiude così, con un risultato comunque
deludente e inutile, alcuni equivoci chiariti e con un finale in sospeso.
Quello che vede alcuni personaggi in attesa di scuse che dovrebbero essere loro
a rivolgere, a tutta la città. Quello che vede un gruppo di atleti stretti da
un patto che finora li sta portando comunque al di là dei loro stessi limiti,
guidati da un allenatore che sa di giocarsi ben più di un campionato di testa,
nei prossimi mesi.
Paulo Sousa ha già superato
Prandelli e Montella raggiungendo posizioni in campionato che i predecessori
hanno solo potuto sognare. Chissà se riuscirà a fare meglio di loro
sopravvivendo anche alle arti oscure di chi gli sta scavando prematuramente la
fossa dietro le quinte. Tutti gli uomini del presidente sono già al lavoro.
Magari avessero lavorato così in campagna acquisti.
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