Le congiunzioni astrali stanno
tracciando i loro percorsi, allineando pianeti e disegnando destini che in
realtà sono stabiliti da tempo. Una antica profezia risalente alla seconda Era,
quella che va da Calciopoli alla Fuga di Andrea dalla Cittadella, recitava,
all’epoca incomprensibile ai più ma adesso disvelata in tutti i suoi
significati più reconditi: “Con questi non si vincerà mai nulla”.
E’ bene prenderla a ridere,
piuttosto che rovinarsi il fegato già messo a dura prova per molti da decenni
di militanza nel tifo viola ad alto rischio di sofferenza. Si è appena chiusa
la sessione di gennaio del calciomercato. La Fiorentina ha chiuso con un’altra
“coppiola” di giocatori in rima: dopo Tino e Tello, Kone e Benalouane. Speriamo
non siano personaggi da fumetto d’anteguerra, ma risorse su cui il mister possa
fare affidamento nei mesi che restano da qui alla fine di un campionato che
prometteva molto in partenza. Ed anche alla fine del suo contratto, se proprio
vogliamo dirla tutta.
“Noi le promesse le manteniamo”
recita uno slogan del nuovo movimento che Diego Della Valle sembra intenzionato
a mettere in campo da qui alle prossime elezioni. Sarebbe fin troppo facile
fare dell’ironia questa mattina. Ma ci siamo chiesti più volte su queste
colonne se le altre aziende della holding Della Valle sono gestite come la
Fiorentina. In tal caso, resta inspiegabile il successo planetario del marchio
di punta, la Tod’s. Una cosa è certa, la fiorentina è diventata ufficialmente
il fanalino di coda di quella stessa holding.
Il mercato di riparazione appena
concluso di promesse ne ha mantenute ben poche. Ma soprattutto, rischia di aver
svelato senza possibilità di ulteriori equivoci cosa risiede nel subconscio del
patron della squadra viola a proposito del suo investimento nel calcio. Ti
ritrovi bene o male in testa alla classifica (per brevi istanti anche in
accennata fuga) dopo una sessione di mercato estiva da commissario liquidatore.
Lungi dall’accogliere e riseminare i doni del destino, a gennaio metti in scena
una sessione invernale che assomiglia ad una commedia in vernacolo della
compianta Wanda Pasquini, o molto meno simpaticamente ad una sessione del
parlamento sul decreto Boschi o sulla stepchild adoption. Tutti fanno tutto,
soprattutto sciocchezze, fuori che quello che serve ai consumatori finali del
“prodotto”.
Pare quasi che questa proprietà
dell’A.C.F. Fiorentina sia a sua volta una stepchild adoption da parte di Diego
Della Valle. Tollerata ormai a collo torto, riconosciuta di mala grazia come
figliastra giusto perché l’altro partner, quello minoritario, il fratello
minore, conserva ancora un legame affettivo con lei. Ma da trattare ormai
appunto come si tratta una figliastra, con sopportazione e fastidio. Tanto
ormai quello che poteva portare in dote l’ha portato.
Insomma, servirebbe di dare una
mano a Paulo Sousa, che ormai non sa più da che parte tirare la coperta
striminzita degli 11 + 2/3 giocatori e che comincia a dare a sua volta segni di
squilibrio dovuto a forte stress. Lo stipendio più che buono comincia ad essere
insufficiente come deterrente alla fuga. Del resto, gli hai promesso da
settembre di avere in mano il nome giusto, la panacea di tutti i mali, il Messia
dei difensori che aggiusterà la difesa e permetterà alla Fiorentina di volare
sfruttando appieno il secondo attacco del campionato.
E’ vero che nel 2015 hai
dichiarato un bilancio in rosso. Complimenti, non era facile avendo venduto
Cuadrado a 31 milioni, Savic a quasi 30, risparmiato i 18 di Salah, risparmiato
ingaggi e riscatti di 24 giocatori a fine mercato estivo oltre a quelli di
Rossi e Gomez a fine mercato invernale, guadagnato altri 9 milioni quasi – così
per ridere – dalla vendita di Mario Suarez e di Matos Ryder alla famiglia Pozzo
(quando si tratta di disfarsi di giocatori i Cognigni Boys compiono sempre dei
capolavori).
Ora, cosa ci fai con i tuoi soldi
sono affari tuoi, ci mancherebbe altro. Ma continuare ad accampare “necessità
di rientro” dopo una campagna cessioni quattro
stagioni come questa, no, caro Diego della Valle, c’è qualcosa che non
torna. Questo è un rientro per poi vendere la società a tutti gli effetti, e
ciò darebbe credito alle voci che si rincorrono a Firenze da un bel po’ di
tempo. Oppure è qualcos’altro, e senza troppe dietrologie ci limitiamo a
pensare che tu alla Fiorentina in testa alla classifica non ci hai mai creduto.
Nemmeno quando ti facevi vedere di nuovo allo stadio a fianco del fratello dopo
una lunga, lunghissima assenza. Era pubblicità anche quella, o poco più.
Pazienza per i sogni di scudetto,
nel Kharma viola c’è insita la sofferenza e la sconfitta che arrivano puntuali
come la Nemesi, a stroncare il sogno. Ci siamo abituati. Ma alle figuracce
planetarie, peggio addirittura di quelle che fa al governo l’ex sodale di
Tribuna Autorità Matteo Renzi, quelle no. Quando il sito del River Plate
pubblica la vostra foto con la didascalia “Los Hermanos Bracitos” non sputtana
soltanto voi, che – ribadiamo – con i vostri soldi e la vostra faccia siete
padroni di fare quello che ritenete più opportuno. Sputtana Firenze. Quel nome,
quel marchio, quel brand che vi ha fatto un gran comodo di poter allineare a
quello della Tod’s in giro per il mondo. Il minimo che potevate fare era di
trattarlo con lo stesso rispetto con cui siete stati trattati voi (al netto
della permalosità del fratellino Andrea, così suscettibile perfino ai cori da
stadio).
Ecco, adesso andare a comprare un
giocatore in Sudamerica sarà un’impresa, dopo che vi siete giocati l’immagine
della Fiorentina e di Firenze proprio con la società più importante, quella tra
l’altro con cui dai tempi di Passarella c’era un rapporto quasi di gemellaggio.
Comprare in Italia era già diventato proibitivo, dopo essersi alienati la quasi
totalità della Lega Calcio a seguito di polemiche e diverbi con tutti i piani
di quel Palazzo di cui poi lamentiamo spesso le malversazioni e con tutte le
società grandi o piccole con cui giochiamo il campionato di serie A.
Il buon nome della Fiorentina poi
era già sub judice dopo l’affaire Milinkovic Savic, un copione che avrebbe
fatto la felicità della commedia all’italiana più trash. Adesso siamo alla
farsa, alla pochade. Le parole del presidente del River Plate non vi
apparterranno, come vi siete limitati a commentare, ma bruciano peggio di uno
schiaffo. E quello schiaffo l’ha preso Firenze.
Che cosa resta, a parte
l’immagine squallida degli emissari viola sguinzagliati a lesinare un sì da
tutti gli avanzi di mercato della serie A (ma sempre, sia chiaro, col braccino
rattrappito: che venga Benalouane, ma non pretenda più di un incarico da GiovaniSi)?
Resta un Paulo Sousa sull’orlo della crisi di nervi, come i personaggi di un
Almodovar d’annata. E forse la possibilità che vada a finire proprio come in un
film di Almodovar. O come in qualche altro campionato di qualche anno fa,
magari partito in tromba tra le fanfare e finito a schifìo.
Aggrappati a Tino e Tello, a Cino
e Franco, a Kone e Benalouane, a Mandrake e Lothar. E’ bene prenderla a ridere.
Chissà se a maggio ne avremo ancora voglia.
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