Passerà, come tutti i giorni. Probabilmente
nell’indifferenza generale di questo mondo sempre più frenetico, che non ha più
tempo di curarsi de minimis, come il calendario. Ma a differenza degli altri
giorni, non tornerà l’anno prossimo. Tornerà nel 2020. E’ il 29 febbraio, il
giorno in più dell’anno bisestile. Qualunque cosa succeda oggi, un giorno
particolare già di per sé.
Fin dall’antichità, il calendario
che scandisce le nostre vite terrene e lo stesso computo degli anni a fini
storici e civili è costruito sul moto degli astri. In particolare dell’astro
che ci da la luce e del pianeta – il nostro – che vi ruota attorno. Si, perché
per quanto l’uomo moderno abbia dovuto lottare duramente per sostituire il geocentrismo
tolemaico con l’eliocentrismo copernicano (complice anche una Chiesa Cattolica
che ne aveva fatto una questione di ben altra portata, essendo alla base della stessa
filosofia sottesa al suo potere temporale), era noto fin dall’Antichità che la
Terra ruota intorno al Sole, e che per farlo completando quella che si chiama “orbita”
impiega 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 45 secondi.
Il mondo antico sugli astri ne
sapeva molto più delle epoche successive, almeno fino a quella contemporanea.
Sapeva soprattutto che il loro moto e tutto ciò che esso influenzava sul
pianeta da noi abitato era il metro fondamentale, l’unità di misura insostituibile
per segnare il tempo della vita umana, con l’alternarsi del giorno e della
notte, le sue stagioni, le sue annate, le sue nascite, crescite e morti.
L’anno divenne ben presto il
tempo amministrativo standard. Il problema era misurarlo con precisione,
affinché il calendario astronomico e quello umano restassero sempre al passo. Ci
voleva una autorità centrale che imponesse al Mondo Antico una uniformazione
delle unità di misura, compresa quella temporale, affinché dovunque i cittadini
di quel mondo vivessero la stessa ora, lo stesso giorno, gli stessi mese ed
anno.
Questa autorità fu
provvidenzialmente fornita, almeno per il mondo conosciuto nel bacino del Mediterraneo
e dei tre continenti che vi si affacciavano, dall’Impero Romano. E’ opinione
comune degli storici che la grandezza di Roma Antica non sta tanto nell’aver
conquistato il mondo (perlomeno ciò che si intendeva per mondo allora) quanto
nell’avergli imposto leggi e costumi che in epoca moderna l’uomo non ha potuto
fare a meno di riprendere e semmai limitarsi a migliorare nei dettagli, tanto
erano efficaci ed accurati nella loro concezione.
Gaio Giulio Cesare |
Tra le tante questioni sul
tavolino degli organizzatori dell’Impero giaceva proprio quella della
misurazione del tempo. Quel 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 45 secondi non andava
bene, non era divisibile per un numero finito di giorni, non permetteva alla
macchina imperiale di funzionare con efficienza. Il contadino dell’Hyberia,
quello della Britannia, quello della Bitinia avevano da sapere in che data
certa iniziare a seminare o a raccogliere (e a pagarci sopra le tasse). Il Senato
necessitava di nominare consoli, tribuni e pontefici con esattezza burocratica.
Il computo dei giorni basato su 24 ore dall’alba al tramonto alla fine di ogni
anno sfasava di circa sei ore. Nell’arco di un secolo, lo sfasamento era di 24
giorni, quasi un mese in più.
Gli anni a Roma si contavano ab
Urbe condita, dalla Fondazione. Quando divenne Pontefice Massimo il più grande
dei suoi cittadini, Caio Giulio Cesare, ne erano passati circa 710. La vecchia Repubblica
che aveva sconfitto Cartagine scricchiolava sotto i colpi delle guerre civili e
soprattutto della necessità di amministrare un dominio imperiale in crescita
prodigiosa, proprio grazie a Cesare. Il dictator che pose fine al regime
repubblicano e favorì l’avvento di quello imperiale assommava nella propria
persona diverse cariche. Quella di Pontefice Massimo gli dava il potere di
supervisionare tutto ciò che aveva a che fare con la religione. E tutto ciò che
ne derivava, dalla coerenza del diritto romano nella sua applicazione fino al
funzionamento della macchina amministrativa. E quindi dei suoi calendari, scadenze
e ricorrenze.
Mentre gli astronomi studiavano e
i burocrati dibattevano, Cesare ebbe l’intuizione geniale (una delle sue tante)
di aggiungere al calendario solare vigente, quello elaborato dal greco Sosigene
di Alessandria, un giorno di bonus che riavvicinava il tempo terrestre a quello
astronomico. Era il 46 a.C.,
il calendario giuliano che sarebbe durato in vigore più di 1.600 anni, aggiungeva
24 ore sei giorni prima delle Calende di marzo, il giorno che dava inizio al
mese che dava inizio all’anno per gli antichi Romani. Questo giorno aggiuntivo era
chiamato "bis sexto kalendas Martias", da qui il nome
"bisestile".
Con l’avvento dell’Era Cristiana,
la suddivisione dell’anno in dodici mesi (con l’aggiunta dei due dedicati a
Giulio Cesare ed al suo successore Ottaviano Augusto) e la loro suddivisione in
giorni numerati progressivamente, fu stabilito che il giorno extra cadesse il
29 febbraio. L’anno non cominciava più con l’Equinozio di Primavera, ma il
Bisesto continuava a cadere a ridosso di esso.
Per quanto geniale, l’idea di Cesare
tuttavia aveva una pecca: arrotondava non più per difetto ma per eccesso. Un
giorno in più ogni quattro anni infatti era troppo, gli astronomi (che per
quanto condizionati dalla dottrina tolemaica quando dovevano fare calcoli seri
abbandonavano la Bibbia ed Aristotele e prendevano in mano strumenti più
scientifici) avevano computato che dai tempi di Cesare il nostro calendario
avesse accumulato un surplus di circa 10 giorni.
Mausoleo di Gregorio XIII a San Pietro in Roma |
Si incaricò di porvi rimedio Papa
Gregorio XIII. Quando fu eletto Successore di Pietro, il cardinale Ugo
Boncompagni di Bologna aveva già alle spalle un successo significativo, la
regia dietro le quinte del Concilio di Trento che aveva istituito la cosiddetta
Controriforma. Era destinato come Papa a legare il proprio nome ad un evento
ancora più importante: l’introduzione del calendario che porta il suo nome. E
che grazie alla colonizzazione del mondo – stavolta l’intero orbe terracqueo –
da parte delle potenze cattoliche era destinato a diventare il calendario
universale.
Gregorio XIII azzerò lo
sfasamento dei 10 giorni decretando che il mese di ottobre 1582 ne avesse solo
21, saltando quindi dal giorno 4 al giorno 15. Stabilì inoltre che gli anni
bisestili fossero solamente quelli divisibili per quattro, eccetto gli anni
secolari che sono bisestili solo se divisibili per 400. Con il che, lo
sfasamento astronomico diventava sostanzialmente infinitesimale.
Terminate le Guerre di Religione,
anche i paesi protestanti finirono per abbracciare il calendario gregoriano. I
paesi di religione ortodossa invece mantengono tutt’oggi quello giuliano, ed è
il motivo per cui la Rivoluzione d’Ottobre secondo il nostro calendario ebbe in
realtà inizio il 7 novembre. I paesi Islamici mantengono un loro calendario,
che prende il via dall’Egira (la fuga di Maometto dalla Mecca che segna l’atto
fondativo dell’Islam) e computa da allora annualità di 12 mesi di 30 giorni
ciascuno. Fa eccezione la sola Turchia, che grazie alla rivoluzione laica di Kemal
Ataturk abbracciò il calendario gregoriano nel 1924.
Per lungo tempo, il 29 febbraio è
rimasto per molti popoli il giorno che non esiste, e per affermarsi ha dovuto
lottare contro credenze religiose e addirittura superstizioni. “Anno bisesto,
anno funesto” è un modo di dire ricorrente a tutt’oggi nelle nostre campagne. Nei
paesi anglosassoni e nel Nord Europa addirittura sembra sopravviva una
tradizione curiosa, quella (istituita secondo la leggenda da San Patrizio
patrono d’Irlanda su richiesta – pare insistente – di Santa Brigida) secondo
cui è lecito che in quel giorno siano le donne a chiedere la mano del fidanzato,
anziché viceversa.
L’antico calendario nordico
sopravvissuto fino al XVIII secolo malgrado la riforma gregoriana non accettava
il giorno 29 di febbraio. Essendo quindi un giorno privo di riconoscimento
legale, in quella data era consentito contravvenire alle convenzioni, e quindi
potevano essere le donne a fare il grande passo solitamente riservato agli
uomini. I quali prima di rifiutare dovevano pensarci due volte, essendo in tal
caso costretti a pagare una multa. Usanza che sembra essere sopravvissuta in
Nord Europa ancora oggi.
Il Leprotto Bisestile festeggia il suo Non-Compleanno con il Cappellaio Matto |
Il 29 febbraio non ci si sposa,
essendo ritenuto giorno a tale scopo di cattivo auspicio. Ma si nasce. Secondo il
Guinness World Record sarebbero circa 4 milioni le persone nate in questo
giorno nel ventesimo secolo. E costrette a festeggiare tre volte su quattro il
proprio compleanno il 28 oppure il 1° marzo, per non dover fare come il leprotto
bisestile di Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll, che
festeggia il suo Non-Compleanno. C’è addirittura chi ha calcolato la
probabilità di nascita nel giorno Bisesto: pare che sia una su 1.461.
Gli
anglosassoni chiamano l'anno bisestile "leap year", l’anno del
salto. Il motivo non ha niente a che fare con la letteratura fantastica o con
le antiche religioni pre-cristiane. Semplicemente, negli anni non bisestili,
ogni data cade in genere un giorno dopo rispetto all'anno precedente. Nell'anno
bisestile si "salta" di due giorni, perché se ne aggiunge uno che non
c'è nei calendari degli anni precedenti. Le date successive al bisesto risultano
spostate di due giorni rispetto all'anno prima.
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