Sarà più facile per l’Inghilterra
vincere il Campionato Europeo di Calcio che uscire dalla vicenda Brexit, per come si è messa, salvando la
faccia. Uscire dall’Europa, poi, sarà ancora più complicato.
Come volevasi dimostrare, se hai
uno Sturridge in squadra prima o poi il gol lo trovi. Se hai in squadra (di
governo) una Thatcher o un Tony Blair, prima o poi tutti ti rispettano. Diversa
è la faccenda con i Cameron. E soprattutto diversa con un corpo sociale che non
è più quello che andò dietro compatto a Winston Churchill o a Margaret
Thatcher.
Daniel Sturridge festeggiato dai compagni dopo il gol della vittoria sul Galles |
There’ll always be an England, recitava un famoso slogan stampato
sulle magliette di Carnaby Street. Già, ma quale? Quella che manda un pakistano
alla Major Hall di Londra? Non è un discorso razzista, è un discorso di buon
senso. Se anche nell’ultimo baluardo contro fascismo e nazismo prendono il
sopravvento logiche e valori che non sono più quelli occidentali, allora è
davvero finita.
La politica dell’Inghilterra,
recitava un principio cardine in vigore oltremanica almeno dal Settecento, è
sempre stata quella di evitare che sul continente europeo predominasse un
soggetto su tutti, fosse il Re Sole Luigi XIV, Napoleone, il Kaiser o Hitler.
Per questo chi ha voluto resistere al reich
di turno ha sempre trovato nella Union Jack un alleato formidabile. In questo
senso era da interpretare il principio cardine ancora più celebre: la politica
dell’Inghilterra è fare di tutto il mondo l’Inghilterra.
Ma questa è un’Inghilterra di cui
si studiava sui libri di scuola, o di cui si potevano ammirare gli ultimi
fuochi nella Londra ruggente degli anni ottanta e del thatcherismo. O con la
sua versione laburista incarnata da Tony Blair. L’ultimissima scintilla, più
che fuoco, è stata proprio la vicenda Brexit.
E la sensazione, dopo l’ondata emotiva suscitata dall’omicidio Cox, è che stia
per spegnersi anch’essa.
Londra ha sempre avuto nella
sterlina, nello Stock Exchange (o
Borsa, l’hanno inventata loro), nella City
che non teme confronti nemmeno con Wall Street di New York e che gestisce l’economia
del Commonwealth e di una considerevole
parte di mondo un fortilizio inespugnabile a difesa della propria libertà e
della propria prosperità (malgrado crisi economiche ricorrenti) dall’insorgere
di nuovi Kaiser sul continente
europeo. In più, la relazione privilegiata con gli Stati Uniti d’America
(mantenuta e rafforzata dopo la Guerra Mondiale da qualsiasi primo ministro che
abbia avuto un po’ di cognizione di causa) ha sempre aggiunto un valore
inestimabile alla politica estera di un paese che dopo il 1945 aveva visto
drasticamente ridimensionato – e poi estinto – il proprio ruolo imperiale.
Era l’Europa ad aver bisogno di
Londra più di quanto avesse bisogno Londra dell’Europa. Questo Londra l’ha
sempre saputo, per questo è entrata nell’Unione Europea con un piede solo. E si
è tenuta la sterlina. Ma chi abita, e governa, adesso, a Londra? Chi conosce a
Londra la storia inglese, ed è in grado di perpetuarla? Chi è in grado di
battersi contro il nuovo Quarto Reich,
che stavolta manda avanti gli spread e i giochi di borsa al posto dei Panzer e
dei Messerschmitt?
Siamo vissuti tutti, in Europa,
sull’illusione che l’Unione fosse un deus
ex machina benefico che avrebbe assicurato pace e prosperità al continente
per sempre. Non è così, non poteva esserlo, in assoluto e nello specifico.
Nella storia, niente è per sempre, soprattutto in un continente che si è
sviluppato attraverso i conflitti e le rivalità nazionali. Quanto all’Unione,
nel 1992 a Maastricht e poi a Schengen non si ritrovarono un gruppo di amiconi
decisi a mettere su una polisportiva, a vedere poi come andava, se andava bene
tutti contenti, altrimenti amici come prima.
Nel 1992, il Muro era crollato e la
Germania era stata riunificata da poco, dopo aver pagato assai a buon mercato
il debito contratto con la storia ed i popoli dal Terzo Reich. La nuova Germania aveva bisogno di qualcuno che
pagasse i costi della sua riunificazione, e poi fosse disposto a riprendere il
ruolo che dai tempi di Carlo Magno e Barbarossa la Germania stessa ha sempre
attribuito al resto d’Europa: quello di lebensraum,
di spazio vitale da sottomettere al proprio benessere. Appena rialzò la testa,
la Germania riprese da dove aveva interrotto cinquanta anni prima.
In parallelo a questo processo,
nei vari paesi europei si sono affermate oligarchie, prevalentemente di
sinistra, che hanno identificato il perseguimento ottimale dei propri interessi
nella somma con quelli tedeschi. Dall’Euro, bufala degli anni 90, all’immigrazione
incontrollata a fine di procacciamento manodopera e base elettorale, bufala di
questi ultimi anni.
Arrivata l’ora di dire basta, per
evitare un nuovo Medioevo prossimo venturo, le uniche voci che potevano levarsi
erano quelle della piazza francese, sempre pronta grazie a Dio a diventare
Rivoluzione, e quella – austera ed autorevole – del governo di Sua Maestà
britannica. I francesi sono in piazza, incuranti dell’europeo che si sta disputando
in casa loro e di cui a torto o a ragione la loro nazionale è la favorita
principale. Ammirevoli come lo erano i brasiliani che due anni fa scesero in
piazza contro il “loro” mondiale. Per la sconfitta dei carioca non si suicidò
nessuno, quella volta, come era successo nel 1950. Per i conti da pagare,
quelli di allora e quelli della prossima olimpiade, lo faranno in molti,
probabilmente.
Il governo di Sua Maestà era
partito bene, poi Cameron ha visti scoperti i suoi conti a Panama, e qualche
pressione neanche tanto occulta l’ha fatto diventare europeista. Il nemico interno sembrava comunque tenuto
a bada. Quel partito laburista della Gran Bretagna che è da tempo appiattito
sulle posizioni della socialdemocrazia europea, o di quel che ne rimane.
Acquiescenza all’immigrazione, e ai diktat delle autorità germanico-europee,
che hanno già promesso nuove V2 sull’Inghilterra se la Brexit farà il suo corso, per bocca del reichsfuhrer Schaeuble.
L’omicidio della laburista Jo Cox
cambia le carte in tavola, in modo probabilmente irreversibile. L’ondata
emotiva scatenata dal “folle” gesto dell’improbabile nazionalista Thomas Mair
era prevedibile, e probabilmente è stata prevista – ed auspicata – da chi gli
ha armato la mano. Questo “fascista” inglese che spara al grido di “Britannia libera” – e a casa del quale
Scotland Yard trova un armamentario propagandistico di estrema destra – è troppo
perfetto per essere vero. E’ perfetto per ottenere il risultato diametralmente
opposto a quello che grida, mentre uccide la Cox. Folle? O era folle chi
pensava che l’Unione Europea stesse a guardare, dopo gli scampati pericoli di
Scozia (son finiti i tempi di Braveheart)
e Catalogna (votate quello che vi pare, Barcellona può vincere qualche scudetto
ma le scelte si fanno a Madrid)?
La Britannia In è in netta ripresa sulla Britannia Exit, o Brexit.
Non avevamo dubbi, né li avevano i veri assassini della Cox. L’Europa val bene
una deputata laburista, avrà pensato qualcuno parafrasando Enrico IV di
Francia. Continua tutto come prima,
business as usual (per chi li fa).
Gli Europei vanno avanti, e
siccome tutto il mondo è paese, se Sturridge, Rooney & c. continuano a
mettere insieme buone prestazioni e vittorie, della Coxit – pardon, della Brexit
– se ne faranno tutti una ragione, nel senso che non se ne parlerà più. Come la
Spagna, l’Inghilterra ha una rappresentativa calcistica assai migliore della
sua classe politica. E una grande, grandissima storia ormai purtroppo
irrimediabilmente dietro le spalle.
Così, la piazza francese resterà
da sola, a gridare il suo no al jobs act
ed all’Europa delle banche e del nuovo nazismo finanziario. I poliziotti
francesi resteranno soli con il rifiuto di stringere la mano al peggior
presidente della storia della loro Republique,
ai funerali dei due colleghi uccisi dall’ennesimo portatore di cultura. Restano
i citoyens aux armes, a illuderci di
un nuovo 1789. Restano Francia e Inghilterra a giocarsi sul campo l’europeo
dalla loro parte del tabellone.
A proposito, la nostra Boldrini
ha già scritto a Corbin, il leader di Britannia
First, dicendogli “restiamo tutti uniti”. Sotto con l’Europa, le banche e l’immigrazione
selvaggia. Germania, Francia, Inghilterra almeno li fanno giocare in nazionale,
i nuovi portatori di cultura. Noi li teniamo nelle cooperative e nelle
parrocchie a lamentarsi del wi-fi che non funziona e del cibo che non è all’altezza.
E Sua Santità Papa Francesco ci ricorda che chi non accoglie non è cristiano, e va all’inferno. Ci può essere qualcosa
di più infernale di questo mondo che Lei arringa e ammaestra quotidianamente,
Santità?
Anche noi siamo nelle mani di
Antonio Conte, l’unica istituzione rimasta che funziona.
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