giovedì 23 giugno 2016

DIARIO AZZURRO: Eire go bragh, l'Italia sta a guardare



Sono passati cento anni dalla Easter Rising, la sanguinosa Rivolta di Pasqua che mise in moto nel 1916 la catena di eventi che portò sei anni dopo alla proclamazione dell’indipendenza irlandese dalla Gran Bretagna, sotto la guida del celebre patriota Michael Collins. Le contee cattoliche di Leinster, Munster e Connaught diedero vita alla libera Repubblica d’Irlanda, o Eire in gaelico. L’Ulster, colonizzato da borghesia protestante di origine inglese fin dai tempi di Oliver Cromwell, rimase sotto la corona di Sua Maestà britannica.
Erin go bragh.......
L’abbiamo sempre detto, e lo ribadiamo una volta di più. Il calcio, lo sport in genere, senza storia e senza cultura a sostenerli non sono niente. Giusto due calci dati ad un pallone, senza consapevolezza di quello che si sta facendo. Ci sono popoli che hanno pagato a caro prezzo la loro libertà. Quello irlandese è uno di questi, la rivolta di cui ricorre il centenario fu solo il culmine di un’epopea plurisecolare cosparsa di sangue e sofferenza. Basti dire che per soffocarla l’esercito inglese, in quel momento impegnato nella tragedia della Prima Guerra Mondiale e quindi meno disposto del solito (che era comunque poco) al dialogo, impiegò per la prima volta nella storia i tank, i carri armati che avrebbero rivoluzionato l’arte della guerra soprattutto con effetti nel conflitto successivo.
Quando scendono in campo, si tratti di football, di rugby o di qualsiasi altro sport, i verdi dell’Eire sembrano disporsi a continuare le loro guerre di indipendenza. Picchiano come fabbri, attaccano a testa bassa e soprattutto non mollano mai. Il peggiore avversario possibile per un popolo come quello italiano, che a confronto ha pagato per le sue guerre di liberazione un prezzo assai più modico.
Stesso discorso vale per i croati, con i quali abbiamo scansato l’ennesimo problematico incrocio grazie alla loro vittoria sulla Spagna, che invece incroceremo nuovamente lunedi. Gli slavi del sud ce l’hanno con noi dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, bastonare l’Italia è sempre un modo prestigioso per loro di riaffermare il proprio orgoglio nazionale.
La rabbia di Conte
Gli spagnoli il loro orgoglio nazionale l’hanno forgiato in sette secoli di reconquista, la guerra di liberazione dai Mori invasori di Tariq el Tuerto. Una volta portata a termine ai tempi di Ferdinando e Isabella gli armatori di Colombo, si ritrovarono con un surplus che ne fece per secoli la più grande potenza europea. I tercios e l’Armada non ci sono più, ma le canteras hanno tirato fuori una generazione di fenomeni che ha composto uno squadrone che sarà difficilissimo superare sul campo e spodestare dal suo trono.
Questa lunga digressione si è resa necessaria per il fatto che commentare una partita in cui non è successo nulla, o quasi, rappresenta un esperimento con pochi precedenti nella storia del calcio, per non dire dell’umanità. L’Eire e l’Irlanda del Nord hanno comunque ricorrenze importanti da celebrare, e lo fanno approdando entrambe con merito agli ottavi di finale di questo Euro 2016 organizzato da uno scienziato pazzo del football. Tutte le squadre forti da una parte, tutti gli outsider dall’altra. Da sabato si ride, cari francesi.
L’Eire in particolare mette in campo la consueta squadra di rugbisti prestati al football che conosciamo bene, per averci già sbattuto il naso un’altra volta almeno. Ci andò bene a Italia 90, quella contro gli irlandesi fu l’ultima delle notti magiche. La successiva, contro l’Argentina, fu una nottata da incubo.
A USA 94 invece, a New York ebbe la meglio San Patrizio su San Giovanni, che anche in quel caso non volle inganni. La città nelle cui strade un centinaio di anni prima italiani e irlandesi se le erano date di santa ragione per stabilire chi per primo si sarebbe lasciato alle spalle la fame che si era portato dietro dall’Europa, fu teatro dell’avvio in salita della Nazionale di Arrigo Sacchi. Che adesso da commentatore è molto più tollerante e relativista di quanto non fosse da commissario tecnico. La super stressata compagine azzurra che doveva attuare il verbo del Vate di Fusignano beccò subito un gol da Houghton e poi per 80 minuti fece pena nel tentativo di pareggiarlo, senza esito.
Ogbonna e Murphy, placcaggio da rugby
Poi c’era stato quattro anni fa a Poznan l’incrocio dell’Italia di Prandelli con l’Irlanda di Trapattoni. Era il momento d’oro di Balotelli e Cassano, che ci illusero fino alla finale e nell’occasione confezionarono un 2-0 più sofferto di quanto non dicesse appunto il punteggio. Ieri sera quarto incrocio in gare ufficiali, e prima sconfitta di Antonio Conte in un match con i tre punti in palio. Tutto sommato il CT l’ha presa abbastanza bene, per quanto avesse invitato i suoi alla vigilia a non fare figuracce in una partita che per noi non aveva significato, essendo già primi nel girone e già con la testa alla Spagna. Quasi se la sentisse, consapevole che le seconde linee (se di seconde linee si può parlare in una Nazionale completamente rinnovata – difesa a parte – rispetto alla gestione precedente) non erano all’altezza delle prime.
Così, da una parte i rugbisti irlandesi cercavano la vittoria che li qualificasse come terzi ai danni della Turchia, mentre il Belgio giocava in contemporanea un drammatico spareggio con la Svezia. Dall’altra, quella italiana, era l’occasione per mettersi in mostra per chi non gioca mai, in Nazionale e spesso anche nella propria squadra di club. Dall’irriconoscibile (almeno finché non ha salvato il risultato un minuto prima del gol partita di Brady) Sirigu tra i pali, all’incomprensibile De Sciglio (se non ti interessa giocare a calcio, né nel Milan ne in azzurro, puoi stare a casa e trovarti un lavoro), alle riserve a vita Sturaro, Ogbonna e Zaza, a quel Thiago Motta che francamente non si sa più nemmeno cos’é.
Federico Bernardeschi, esordio problematico
Il primo tempo è da antologia, da scuola calcio: come si fa a trascorrere quarantacinque minuti sul prato verde senza che succeda assolutamente nulla. A meno di voler considerare episodi due capocciate irlandesi sopra la traversa (ma quella del rugby) e un tiro di Immobile che meriterebbe solo un velo pietoso da stenderci sopra. Peccato che in tanta ignavia, l’oscar della figuraccia tocchi al viola Bernardeschi, all’esordio all’Europeo. Federico è evidentemente attanagliato dall’emozione, tanto da sbagliare di brutto anche gli stop e i passaggi più facili. Poi si assesta, ma è fuori posto e fuori ruolo né più e né meno che nella Fiorentina. Conte come Sousa, e il gioiellino viola che si ritrova isolato lassù sulla destra, tagliato fuori dalla squadra che non segue nemmeno se stessa, figuriamoci lui.
Dall’altra parte, Florenzi non tocca palla. Ma è il viola ad essere sostituito perché a destra deve entrare Darmian. A fare cosa non si sa, visto che è un altro De Sciglio, uno spot per il girone degli Ignavi e degli Scoppiati Prima Del Tempo. Il secondo cambio è quello di Insigne per Immobile. Il talento napoletano fa a tempo a prendere un clamoroso palo (unica azione azzurra degna di questo nome, se si eccettua una incocciata dell’altrimenti inconcludente Zaza), prima che l’Eire spazzi via illusioni e decoro azzurri definitivamente.
Prima Sirigu salva la sua serata parando alla disperata su Hoolahan, liberato da un Bonucci preoccupato di non prendere il secondo, fatale cartellino giallo (ma non poteva starsene fuori anche lui? Tanto, per fare una simile figura….). Poi però gli sbuca davanti Brady, lesto ad inserirsi su un traversone da dietro. E stavolta suona a morto. Il colpo di testa dell’irlandese coglie il portiere azzurro a mezza via, la posizione peggiore. Goffamente, Sirigu tenta il secondo miracolo. Ma l’Italia ha finito il bonus.
Irlanda in festa, e non è San Patrizio. E’ qualificazione agli ottavi, dove incontrerà la Francia. Uno dei tanti accoppiamenti di un tabellone  organizzato secondo il celebre facite ammuina della marina borbonica. Nel frattempo Naingollan ha qualificato il Belgio, che passa come secondo e trova l'Ungheria. L’Italia era e resta prima, malgrado una prestazione da cucchiaio di legno. E trova come sappiamo la peggior cliente di tutte, la Spagna campione in carica.
Difficile pensare ad una rivincita di Kiev, nelle presenti condizioni. Difficile pensare cosa passasse nella testa di chi ha sorteggiato i gironi, se non la voglia di fare un favore ai padroni di casa (che tecnicamente non se la passano tanto meglio di noi). Difficile lamentarsi, quando si ha così poco orgoglio e dignità come la Nazionale di ieri sera, nei singoli e nel complesso.
Ci sono popoli a cui la libertà e la dignità odierne sono costate assai di più che al nostro. E si vede, anche su un campo di calcio. La Turchia in ogni caso ringrazia.

P.S. Il titolo si rifà ad un celebre motto irlandese, che in lingua gaelica significa Ireland forever

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