Sono passati
cento anni dalla Easter Rising, la sanguinosa Rivolta
di Pasqua che mise in moto nel 1916 la catena di eventi che portò sei
anni dopo alla proclamazione dell’indipendenza irlandese dalla Gran
Bretagna, sotto la guida del celebre patriota Michael Collins.
Le contee cattoliche di Leinster, Munster e Connaught diedero vita alla libera
Repubblica d’Irlanda, o Eire in gaelico. L’Ulster, colonizzato
da borghesia protestante di origine inglese fin dai tempi di Oliver Cromwell,
rimase sotto la corona di Sua Maestà britannica.
Erin go bragh....... |
L’abbiamo sempre detto, e lo ribadiamo
una volta di più. Il calcio, lo sport in genere, senza storia e senza cultura a
sostenerli non sono niente. Giusto due calci dati ad un pallone, senza
consapevolezza di quello che si sta facendo. Ci sono popoli che hanno pagato a
caro prezzo la loro libertà. Quello irlandese è uno di questi, la rivolta di
cui ricorre il centenario fu solo il culmine di un’epopea plurisecolare
cosparsa di sangue e sofferenza. Basti dire che per soffocarla l’esercito
inglese, in quel momento impegnato nella tragedia della Prima Guerra Mondiale e
quindi meno disposto del solito (che era comunque poco) al dialogo, impiegò per
la prima volta nella storia i tank, i carri armati che avrebbero rivoluzionato
l’arte della guerra soprattutto con effetti nel conflitto successivo.
Quando scendono in campo, si tratti di football,
di rugby o di qualsiasi altro sport, i verdi dell’Eire
sembrano disporsi a continuare le loro guerre di indipendenza. Picchiano come
fabbri, attaccano a testa bassa e soprattutto non mollano mai. Il
peggiore avversario possibile per un popolo come quello italiano, che a
confronto ha pagato per le sue guerre di liberazione un prezzo assai più
modico.
Stesso discorso vale per i croati, con i
quali abbiamo scansato l’ennesimo problematico incrocio grazie alla loro
vittoria sulla Spagna, che invece incroceremo nuovamente
lunedi. Gli slavi del sud ce l’hanno con noi dai tempi della Seconda
Guerra Mondiale, bastonare l’Italia è sempre un modo prestigioso per loro di
riaffermare il proprio orgoglio nazionale.
La rabbia di Conte |
Gli spagnoli il loro orgoglio nazionale
l’hanno forgiato in sette secoli di reconquista, la guerra di
liberazione dai Mori invasori di Tariq el Tuerto. Una volta
portata a termine ai tempi di Ferdinando e Isabella gli armatori di Colombo, si
ritrovarono con un surplus che ne fece per secoli la più grande
potenza europea. I tercios e l’Armada non ci sono più, ma le canteras
hanno tirato fuori una generazione di fenomeni che ha composto uno squadrone
che sarà difficilissimo superare sul campo e spodestare dal suo trono.
Questa lunga digressione si è resa
necessaria per il fatto che commentare una partita in cui non è successo nulla,
o quasi, rappresenta un esperimento con pochi precedenti nella storia del
calcio, per non dire dell’umanità. L’Eire e l’Irlanda del Nord
hanno comunque ricorrenze importanti da celebrare, e lo fanno approdando
entrambe con merito agli ottavi di finale di questo Euro 2016
organizzato da uno scienziato pazzo del football. Tutte le squadre forti da una
parte, tutti gli outsider dall’altra. Da sabato si ride, cari
francesi.
L’Eire in particolare mette in
campo la consueta squadra di rugbisti prestati al football che
conosciamo bene, per averci già sbattuto il naso un’altra volta almeno. Ci andò
bene a Italia 90, quella contro gli irlandesi fu l’ultima
delle notti magiche. La successiva, contro l’Argentina, fu una nottata
da incubo.
A USA 94 invece, a New
York ebbe la meglio San Patrizio su San Giovanni,
che anche in quel caso non volle inganni. La città nelle cui strade un
centinaio di anni prima italiani e irlandesi se le erano date di santa ragione
per stabilire chi per primo si sarebbe lasciato alle spalle la fame che si era
portato dietro dall’Europa, fu teatro dell’avvio in salita della Nazionale di Arrigo
Sacchi. Che adesso da commentatore è molto più tollerante e relativista
di quanto non fosse da commissario tecnico. La super stressata compagine
azzurra che doveva attuare il verbo del Vate di Fusignano beccò subito
un gol da Houghton e poi per 80 minuti fece pena nel tentativo
di pareggiarlo, senza esito.
Ogbonna e Murphy, placcaggio da rugby |
Poi c’era stato quattro anni fa a Poznan
l’incrocio dell’Italia di Prandelli con l’Irlanda di Trapattoni.
Era il momento d’oro di Balotelli e Cassano, che
ci illusero fino alla finale e nell’occasione confezionarono un 2-0 più
sofferto di quanto non dicesse appunto il punteggio. Ieri sera quarto incrocio
in gare ufficiali, e prima sconfitta di Antonio Conte in un
match con i tre punti in palio. Tutto sommato il CT l’ha presa abbastanza bene,
per quanto avesse invitato i suoi alla vigilia a non fare figuracce in
una partita che per noi non aveva significato, essendo già primi nel girone e
già con la testa alla Spagna. Quasi se la sentisse, consapevole che le seconde
linee (se di seconde linee si può parlare in una Nazionale completamente
rinnovata – difesa a parte – rispetto alla gestione precedente) non erano
all’altezza delle prime.
Così, da una parte i rugbisti irlandesi
cercavano la vittoria che li qualificasse come terzi ai danni della Turchia,
mentre il Belgio giocava in contemporanea un drammatico
spareggio con la Svezia. Dall’altra, quella italiana, era
l’occasione per mettersi in mostra per chi non gioca mai, in Nazionale e spesso
anche nella propria squadra di club. Dall’irriconoscibile (almeno finché non ha
salvato il risultato un minuto prima del gol partita di Brady)
Sirigu tra i pali, all’incomprensibile De Sciglio
(se non ti interessa giocare a calcio, né nel Milan ne in
azzurro, puoi stare a casa e trovarti un lavoro), alle riserve a vita Sturaro,
Ogbonna e Zaza, a quel Thiago Motta
che francamente non si sa più nemmeno cos’é.
Federico Bernardeschi, esordio problematico |
Il primo tempo è da antologia, da scuola
calcio: come si fa a trascorrere quarantacinque minuti sul prato verde senza che
succeda assolutamente nulla. A meno di voler considerare episodi due capocciate
irlandesi sopra la traversa (ma quella del rugby) e un tiro di Immobile
che meriterebbe solo un velo pietoso da stenderci sopra. Peccato che in tanta
ignavia, l’oscar della figuraccia tocchi al viola Bernardeschi,
all’esordio all’Europeo. Federico è evidentemente attanagliato dall’emozione,
tanto da sbagliare di brutto anche gli stop e i passaggi più facili. Poi si
assesta, ma è fuori posto e fuori ruolo né più e né meno che nella Fiorentina.
Conte come Sousa, e il gioiellino viola che si ritrova isolato
lassù sulla destra, tagliato fuori dalla squadra che non segue nemmeno se
stessa, figuriamoci lui.
Dall’altra parte, Florenzi
non tocca palla. Ma è il viola ad essere sostituito perché a destra deve
entrare Darmian. A fare cosa non si sa, visto che è un altro
De Sciglio, uno spot per il girone degli Ignavi e degli Scoppiati
Prima Del Tempo. Il secondo cambio è quello di Insigne
per Immobile. Il talento napoletano fa a tempo a prendere un clamoroso palo
(unica azione azzurra degna di questo nome, se si eccettua una incocciata
dell’altrimenti inconcludente Zaza), prima che l’Eire spazzi via
illusioni e decoro azzurri definitivamente.
Prima Sirigu salva la sua serata parando
alla disperata su Hoolahan, liberato da un Bonucci
preoccupato di non prendere il secondo, fatale cartellino giallo (ma non poteva
starsene fuori anche lui? Tanto, per fare una simile figura….). Poi però gli
sbuca davanti Brady, lesto ad inserirsi su un traversone da dietro. E stavolta
suona a morto. Il colpo di testa dell’irlandese coglie il portiere azzurro a
mezza via, la posizione peggiore. Goffamente, Sirigu tenta il secondo miracolo.
Ma l’Italia ha finito il bonus.
Irlanda in festa, e non è San Patrizio.
E’ qualificazione agli ottavi, dove incontrerà la Francia. Uno
dei tanti accoppiamenti di un tabellone organizzato secondo il celebre facite
ammuina della marina borbonica. Nel frattempo Naingollan
ha qualificato il Belgio, che passa come secondo e trova l'Ungheria.
L’Italia era e resta prima, malgrado una prestazione da cucchiaio di legno.
E trova come sappiamo la peggior cliente di tutte, la Spagna campione in
carica.
Difficile pensare ad una rivincita di
Kiev, nelle presenti condizioni. Difficile pensare cosa passasse nella testa di
chi ha sorteggiato i gironi, se non la voglia di fare un favore ai padroni di
casa (che tecnicamente non se la passano tanto meglio di noi). Difficile
lamentarsi, quando si ha così poco orgoglio e dignità come la Nazionale di ieri
sera, nei singoli e nel complesso.
Ci sono popoli a cui la libertà e la
dignità odierne sono costate assai di più che al nostro. E si vede, anche su un
campo di calcio. La Turchia in ogni caso ringrazia.
P.S. Il titolo si rifà ad un celebre motto
irlandese, che in lingua gaelica significa Ireland forever
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