Rispetto, è la Spagna. Quattro anni dopo Kiev, arriva la rivincita
azzurra, ed è il momento migliore per ricordarsi le parole di Iker
Casillas, che invitò i compagni a non infierire su un’Italia allora in
difficoltà. La Furia Roja arriva stanca all’appuntamento con
la storia, l’ennesimo di questo ciclo avviato ormai più di dieci anni fa, che
adesso il quotidiano di informazione sportivo iberico Marca definisce
concluso.
Antonio Conte festeggia con la moglie Elisabetta Muscarello in tribuna |
Sulla faccia stremata di Chiellini, sul viso di Antonio
Conte che ancora non riesce a distendersi nella gioia e ancora mostra
i segni dell’incredibile tensione di questo ottavo di finale, c’è tutta la
verità a proposito della reale condizione dei campioni uscenti. La verità è che
l’Italia ha fatto una grande partita, la partita della vita. Ma la Spagna, pur
arrivata a questo Europeo con la stanchezza di chi ha portato quattro squadre
agli atti conclusivi della Champion’s e della Europa League e di chi è
costretto sempre e comunque ad essere all’altezza di se stesso e del proprio
grande passato, ha messo in campo orgoglio, hombria, e negli ultimi
minuti – quando è toccato agli azzurri avvertire la stanchezza – qualche
sprazzo di quel gioco che da Vienna a Johannesburg a Kiev aveva incantato il
mondo. E allora c’è stata gloria anche per Gigi Buffon.
Il ciclo spagnolo è tutt’altro che finito. Ma è singolare che a poche
ore di distanza e migliaia di chilometri scenda il crepuscolo sul sogno di Leo
Messi di vincere anche con la sua Nazionale ed anche su quello delle Furie
Rosse di fermare il tempo ed allungare un glorioso palmares.
Lo squadrone catalano che ha nascosto il pallone al mondo scopre che il mondo
non è rimasto fermo. E soprattutto non lo è rimasto, appunto, il tempo.
La smorfia finale di Andres Iniesta ricorda quella di Andrea
Pirlo a Kiev quattro anni fa. C’è la consapevolezza che quel tempo
maledetto è l’unico avversario che non si può dribblare. C’è anche la
sensazione che il vento soffi al contrario, e quello che in passato filava
dritto e finiva nella porta avversaria adesso finisca fuori o tra le braccia
del portiere. Quel portiere che quattro anni fa si era chinato quattro volte a
raccogliere il pallone in fondo alla rete e che stasera sembrava tornato quello
dei vent’anni.
La gioia dei tifosi italiani a Saint Denis |
Vent’anni. Tanti ne sono passati dall’ultima vittoria italiana in gara
ufficiale contro i cugini spagnoli. In campo c’era un’altra generazione.
Antonio Conte allora giocava, e nemmeno da titolare, era agli esordi. Giocava Roberto
Baggio, quello che portò le notti magiche negli U.S.A., e
che portò la partita dalla parte dell’Italia all’ultimo istante, dopo una fuga
per la vittoria che oggi Darmian e Pellé sono
quasi riusciti ad imitare.
La follia di chi ha sorteggiato i gironi a questo Euro 2016 ha
fatto sì che si incontrassero negli ottavi due squadre che avevano disputato
l’ultima finale. Due squadre che oggi hanno dimostrato di essere – ci sia
consentito dirlo –una spanna sopra tutte le altre, con l’unica possibile
eccezione della Germania. E se così è, lo vedremo subito, perché al prossimo turno
si rinnova un altro scontro epocale. Nei quarti sarà Italia-Germania.
Non c’è bisogno di aggiungere altro.
Italia-Spagna, avevamo scritto presentandola, è la storia del
calcio. Italia-Spagna a Saint Denis, stadio dove gli azzurri non
hanno mai vinto e gli spagnoli sì, una volta, sembra una partita di un altro
Europeo. Uno di quelli del passato dove si giocava ancora gran calcio. Partita
da dentro o fuori. Partita che prevedeva comunque un addio, alla fine. Quello
di Antonio Conte, se avesse perso. Quello della Roja, almeno a
questo torneo in cui era imbattuta dal 2004.
Conte non ha voglia di vedere ancora la fine di questa avventura
azzurra. Per il Chelsea c’è tempo. Conte ha il fiuto dell’uomo
di campo di razza. Sente che il vento stavolta soffia lievemente dalla parte
degli azzurri. Che di sicuro hanno più fame e meno acido lattico nelle gambe di
questa Spagna, carica di gloria ma anche di ferite. Sente che può ritagliarsi
un posto nella storia battendo chi ha fatto la storia recente.
Il primo gol di Chiellini |
Vicente Del Bosque, nominato marchese da Re Juan Carlos dopo
la vittoria mondiale del 2010, ha invece il problema di tutti i grandi conducadores,
non soltanto spagnoli. Il problema di Bearzot, di Lippi,
noi lo conosciamo bene. Gestire il crepuscolo dei suoi campioni, e trovar loro
dei sostituti all’altezza. Adesso nessuno in patria gli perdonerà di aver
tenuto fuori gente come Isco, Saul Niguez. La verità è
che Iniesta, Xavi, Fabregas, Piqué, Sergio
Ramos non li sostituisci. Li tieni in campo finché ce la fanno. E poi
esci dal campo con loro, quando non ce la fanno più. A testa comunque alta, e
con l’onore delle armi.
L’Italia che gli si para davanti ha la fame dei ragazzi che si
affacciano ora al grande calcio e di un tecnico che vuole essere ricordato come
vincente. Unita a ciò, l’esperienza della vecchia guardia dei legionari Buffon,
Chiellini, Bonucci, Barzagli. Gente che aveva quasi
messo sotto il Barcellona, la scorsa Champion’s League, se l’arbitro turco Cakir,
lo stesso di oggi, non avesse arbitrato addirittura peggio di oggi. Gente che
aveva fatto fuori il Bayern quest’anno, se solo il fiato
avesse retto altri cinque minuti.
La gioia di Chiellini |
Antonio Conte deve rinunciare a Candreva. Il destino gli
offre un De Sciglio finalmente all’altezza delle sue promesse.
Gli mantiene un Giaccherini in formato spaziale, un De
Rossi in formato Berlino, un Parolo e un Florenzi che
non si pongono più limiti, un Eder in formato Sampdoria e un
Pellé che si carica sulle spalle da solo l’attacco e ne tira fuori un reparto.
Prende botte, si rialza, ne dà, prende il cartellino a sproposito di Cakir,
prende un valium e si dispone ad una partitaccia di sacrificio e di pazienza.
Col Belgio arrivò alla fine il suo momento. Anche oggi sarà così.
Primo tempo da stropicciarsi gli occhi. Gli spagnoli vorrebbero
riprodurre il proverbiale tiki taka, ma gli italiani si avventano
su tutti i portatori palla e li travolgono in velocità. Sono almeno due le
occasioni clamorose azzurre per passare, compresa una rovesciata alla Pelé di
Giaccherini ingiustamente annullata dall’arbitro per gioco pericoloso.
Dall’altra parte, de Sciglio salva su Fabregas, e per la Spagna è tutto.
Quando al ’31 Pellé viene atterrato appena fuori l’area spagnola, il
pensiero corre ad Andrea Pirlo. Lungo conciliabolo azzurro, le gerarchie non
sono stabilite. Alla fine la spunta Eder, e gli dei mostrano di non avere
l’Italia in dispetto quest’oggi. Il tiro del brasiliano naturalizzato è un
missile su cui de Gea non trattiene. Sulla palla Giaccherini, e soprattutto
Chiellini. 1-0, e non solo i tifosi azzurri cominciano a stropicciarsi gli
occhi.
A fine tempo Florenzi e Giaccherini potrebbero addirittura
raddoppiare, ma l’erede di Casillas fa miracoli. Nella ripresa, Del Bosque
cambia Nolito con Aduriz. Ma è la musica a non
cambiare, anche se la Spagna comincia a prevalere nel possesso palla, che a
fine primo tempo era sorprendentemente in parità. Combina poco Morata,
mentre De Rossi accusa la fatica e obbliga Conte ad inserire Thiago
Motta.
Al ’55 fuga di Eder, ma il miracolo riuscitogli contro la Svezia non
si ripete. Si resta sul filo dell’1-0, mentre la Spagna lentamente chiude gli
azzurri nella loro metà campo. Due percussioni italiane al ’60 però potrebbero
chiudere il discorso. Manca un po’ di cinismo in area, e Giaccherini comincia a
mostrarsi in debito di ossigeno. Ma Conte sorprendentemente non cambia fino ai
minuti finali.
Esce Morata per Vazquez. Al ’71 Iniesta costringe Buffon
alla prodezza salva-patria con un tiro dal limite. Poi Piqué, murato ancora dal
portiere azzurro. Gli azzurri sono costretti indietro, Conte toglie Eder per Insigne e
Florenzi per Darmian. I minuti non passano, anche se è Insigne il più
pericoloso all’85 con una fuga in perfetto stile Eder. De Gea risponde
alla Buffon.
La gioia di Pellé al raddoppio |
Al ’90, Cakir concede quattro minuti di recupero, e sembrano
un’enormità per gli italiani stremati dalla fatica. Ci vorrebbe una prodezza
come quella nella prima partita. Oppure come quella che – proprio al ’90 – ci
dette l’ultima vittoria contro la Spagna più di vent’anni fa. Roberto Baggio
ormai è un signore brizzolato che guarda le partite della Nazionale alla TV.
Tocca ad uno dei suoi eredi. Tocca a Darmian trovarsi in area sulla ripartenza
dopo l’ennesimo calcio d’angolo spagnolo. La difesa iberica è scoperta, anche
se mura il tiro dell’ex torinista. Ma la palla rimbalza a centro area e lì c’è
Graziano Pellé. Che ricorderà questo gol, in tutto simile a quello segnato al
Belgio, finché campa.
La gioia finale del clan italiano è quella travolgente delle grandi
imprese. Stavolta Conte riesce a scatenarsi senza farsi male. A ringraziare
Xavi, la storia del calcio spagnolo, per i complimenti appena ricevuti. E a far
capire alla Germania che quella che l’aspetta adesso è la peggiore delle
partite possibili, per lei. Come sempre, da sempre.
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