domenica 25 gennaio 2015
ITALIA ANNO ZERO: Alfango Unchained
18 novembre 2013
Non c’è niente da fare, a dodici
anni dalla sua scomparsa rimane un maestro inarrivabile. La celebre frase di
Indro Montanelli, “Per fortuna che il
ridicolo non uccide perché altrimenti in Italia ci sarebbe una strage” è ancora oggi
l’unica capace di sintetizzare tanti aspetti della vita pubblica e sociale
del nostro paese, ma soprattutto – come sempre – la situazione politica.
Se non ci fosse da piangere per una economia
in stato preagonico a fronte di una politica che continua imperterrita i suoi
giochi con sovrano disprezzo, ci sarebbe da ridere. E infatti il momento più
alto di quest’ultima crisi (continuiamo a chiamarle così, per non offendere le
celebri “operette” che hanno fatto grande la nostra musica ed i suoi autori) lo
ha raggiunto una volta di più un comico. Non Beppe Grillo, ormai prestato
(senza diritto di riscatto) alla politica attiva, ma bensì il buon Maurizio
Crozza, che cantando la “Ballata di
Alfango” sulle note di “Django”
ha spiegato più efficacemente lui cosa sta succedendo di tutti gli editoriali
della stampa italiana messi insieme.
Dunque il PDL si spacca. Come lo schiavo di
Tarantino, Alfango si affranca dal
suo padrone e va a fondare il Nuovo Centrodestra. Vent’anni dopo, Berlusconi
rifonda Forza Italia richiamando a sé i fedelissimi, i Pretoriani, e disponendosi
a combattere l’ultima battaglia, quella che dovrebbe evitargli la decadenza, e
conseguentemente la fine politica. Dall’altra parte, nel PD, tutti d’accordo
sulla linea da seguire e nessuno sul come seguirla. La testa del “nemico
storico” è quasi su un piatto, così come il ministro Cancellieri è da
sfiduciare, la linea è chiara ma peccato che non sia opportuna. Filippo Civati
detto Pippo presenterà una mozione di
sfiducia, ma i “grandi”, gli “adulti”, quelli che stanno con Letta e come lui
non hanno fretta, non vogliono creare imbarazzi ad un governo che con il nuovo
puntello di Alfango & C. promette
di durare – insieme ai loro seggi parlamentari – per tutti e cinque gli anni
previsti. E concordati a suo tempo con il Quirinale, che di fretta – vuoi per
l’età, vuoi per certa attitudine mentale coltivata da una vita nelle “botteghe
oscure” – ne ha meno di tutti.
Enrico Letta va a dire a Bruxelles che ce
l’abbiamo fatta, senza l’aiuto di nessuno, anzi addirittura contribuendo noi al
“fondo salva-altri stati” (bravo, complimenti, e ce le dice anche queste cose!).
Anzi no, contr’ordine compagni, ci dicono da Bruxelles che la manovra non va
bene, è tutta sbagliata, tutta da rifare, come avrebbe detto Bartali (con buona
pace del Quirinale, il cui inquilino ai suoi tempi era per sua ammissione “coppiano”).
E insomma, il canovaccio della farsa ormai
c’è tutto. Non si pagherà l’IMU, ma si pagherà dio-solo-sa-cosa, perché mancano
3 miliardi di euro, anzi otto, anzi chissà. Il Papa ha fatto visita al
Quirinale, speriamo abbia lasciato una benedizione speciale per questo paese,
che forse ce la farà davvero, ma a sprofondare definitivamente e mortalmente in
quel ridicolo che Montanelli ed altri profetizzavano da tanto, tanto tempo.
Tra tanti spunti, alla fine di un periodo
storico come quello che abbiamo vissuto negli ultimi vent’anni vale la pena di
prendere quello che ha visto l’addio delle “colombe” a Silvio Berlusconi.
Comunque vada, il personaggio ha dato nel bene e nel male il suo nome alla sua
epoca. E ha fatto tanto, tanto comodo anche a chi lo avversava, per non parlare
di chi lo sosteneva. Troppo comodo adesso dare la colpa di tutto a lui. Troppo
facile accanirsi su un nemico (o peggio su un ex-amico) che non è ancora
battuto ma che sente su di sé gli inevitabili segni del tempo e di qualche
sconfitta.
Troppo comodo, troppo facile, e molto
italiano. Sempre Montanelli raccontava nelle sue storie d’Italia il disgusto
provato per l’esposizione del cadavere di Mussolini e della Petacci a Piazzale
Loreto, con la folla che si accaniva su quelli che ormai erano solo miseri
resti senza più vita. Folla che magari fino a poco prima aveva osannato e
inneggiato al dittatore. C’è qualcosa di altrettanto disgustoso, comunque la si
pensi, nell’operazione di Alfano, Cicchitto & C. Di italianamente
inevitabile forse, ma indubbiamente disgustoso. Certo, l’on. Cicchitto è già
saltato giù da altri carri ugualmente ingombranti per il suo futuro personale.
Il P.S.I. di Bettino Craxi era un’altra nave che affondava e Cicchitto non ha
mai avuto nulla da invidiare al Comandante Schettino: inchino, salto
sull’ultima scialuppa e via, verso nuove avventure. Come lui tanti altri, che
adesso possono orgogliosamente affermare: noi siamo il futuro.
Non si sa quanto futuro avrà davvero questo
Nuovo Centrodestra. Non si sa nemmeno se avrà di fronte un Nuovo
Centrosinistra, oppure il solito. Il PD nel frattempo sta facendo di tutto per
suicidarsi, le prossime primarie con la battaglia tra l’anima neodemocristiana
di Renzi e quella veterocomunista incarnata da Cuperlo (e soprattutto da chi lo
ha candidato) potrebbero sparigliare le carte del governo Letta e dei suoi
sponsor (istituzionali e non) più di quanto sia dato di prevedere adesso.
Chi vivrà vedrà, avrebbe detto il compianto
Rino Gaetano. Che forse da tutto questo indegno spettacolo che sta andando in
scena dalle nostre “aule sorde e grigie” avrebbe tratto almeno una bella
canzone.
Non c’è niente da fare, a dodici
anni dalla sua scomparsa rimane un maestro inarrivabile. La celebre frase di
Indro Montanelli, “Per fortuna che il
ridicolo non uccide perché altrimenti in Italia ci sarebbe una strage” è ancora oggi
l’unica capace di sintetizzare tanti aspetti della vita pubblica e sociale
del nostro paese, ma soprattutto – come sempre – la situazione politica.
Se non ci fosse da piangere per una economia
in stato preagonico a fronte di una politica che continua imperterrita i suoi
giochi con sovrano disprezzo, ci sarebbe da ridere. E infatti il momento più
alto di quest’ultima crisi (continuiamo a chiamarle così, per non offendere le
celebri “operette” che hanno fatto grande la nostra musica ed i suoi autori) lo
ha raggiunto una volta di più un comico. Non Beppe Grillo, ormai prestato
(senza diritto di riscatto) alla politica attiva, ma bensì il buon Maurizio
Crozza, che cantando la “Ballata di
Alfango” sulle note di “Django”
ha spiegato più efficacemente lui cosa sta succedendo di tutti gli editoriali
della stampa italiana messi insieme.
Dunque il PDL si spacca. Come lo schiavo di
Tarantino, Alfango si affranca dal
suo padrone e va a fondare il Nuovo Centrodestra. Vent’anni dopo, Berlusconi
rifonda Forza Italia richiamando a sé i fedelissimi, i Pretoriani, e disponendosi
a combattere l’ultima battaglia, quella che dovrebbe evitargli la decadenza, e
conseguentemente la fine politica. Dall’altra parte, nel PD, tutti d’accordo
sulla linea da seguire e nessuno sul come seguirla. La testa del “nemico
storico” è quasi su un piatto, così come il ministro Cancellieri è da
sfiduciare, la linea è chiara ma peccato che non sia opportuna. Filippo Civati
detto Pippo presenterà una mozione di
sfiducia, ma i “grandi”, gli “adulti”, quelli che stanno con Letta e come lui
non hanno fretta, non vogliono creare imbarazzi ad un governo che con il nuovo
puntello di Alfango & C. promette
di durare – insieme ai loro seggi parlamentari – per tutti e cinque gli anni
previsti. E concordati a suo tempo con il Quirinale, che di fretta – vuoi per
l’età, vuoi per certa attitudine mentale coltivata da una vita nelle “botteghe
oscure” – ne ha meno di tutti.
Enrico Letta va a dire a Bruxelles che ce
l’abbiamo fatta, senza l’aiuto di nessuno, anzi addirittura contribuendo noi al
“fondo salva-altri stati” (bravo, complimenti, e ce le dice anche queste cose!).
Anzi no, contr’ordine compagni, ci dicono da Bruxelles che la manovra non va
bene, è tutta sbagliata, tutta da rifare, come avrebbe detto Bartali (con buona
pace del Quirinale, il cui inquilino ai suoi tempi era per sua ammissione “coppiano”).
E insomma, il canovaccio della farsa ormai
c’è tutto. Non si pagherà l’IMU, ma si pagherà dio-solo-sa-cosa, perché mancano
3 miliardi di euro, anzi otto, anzi chissà. Il Papa ha fatto visita al
Quirinale, speriamo abbia lasciato una benedizione speciale per questo paese,
che forse ce la farà davvero, ma a sprofondare definitivamente e mortalmente in
quel ridicolo che Montanelli ed altri profetizzavano da tanto, tanto tempo.
Tra tanti spunti, alla fine di un periodo
storico come quello che abbiamo vissuto negli ultimi vent’anni vale la pena di
prendere quello che ha visto l’addio delle “colombe” a Silvio Berlusconi.
Comunque vada, il personaggio ha dato nel bene e nel male il suo nome alla sua
epoca. E ha fatto tanto, tanto comodo anche a chi lo avversava, per non parlare
di chi lo sosteneva. Troppo comodo adesso dare la colpa di tutto a lui. Troppo
facile accanirsi su un nemico (o peggio su un ex-amico) che non è ancora
battuto ma che sente su di sé gli inevitabili segni del tempo e di qualche
sconfitta.
Troppo comodo, troppo facile, e molto
italiano. Sempre Montanelli raccontava nelle sue storie d’Italia il disgusto
provato per l’esposizione del cadavere di Mussolini e della Petacci a Piazzale
Loreto, con la folla che si accaniva su quelli che ormai erano solo miseri
resti senza più vita. Folla che magari fino a poco prima aveva osannato e
inneggiato al dittatore. C’è qualcosa di altrettanto disgustoso, comunque la si
pensi, nell’operazione di Alfano, Cicchitto & C. Di italianamente
inevitabile forse, ma indubbiamente disgustoso. Certo, l’on. Cicchitto è già
saltato giù da altri carri ugualmente ingombranti per il suo futuro personale.
Il P.S.I. di Bettino Craxi era un’altra nave che affondava e Cicchitto non ha
mai avuto nulla da invidiare al Comandante Schettino: inchino, salto
sull’ultima scialuppa e via, verso nuove avventure. Come lui tanti altri, che
adesso possono orgogliosamente affermare: noi siamo il futuro.
Non si sa quanto futuro avrà davvero questo
Nuovo Centrodestra. Non si sa nemmeno se avrà di fronte un Nuovo
Centrosinistra, oppure il solito. Il PD nel frattempo sta facendo di tutto per
suicidarsi, le prossime primarie con la battaglia tra l’anima neodemocristiana
di Renzi e quella veterocomunista incarnata da Cuperlo (e soprattutto da chi lo
ha candidato) potrebbero sparigliare le carte del governo Letta e dei suoi
sponsor (istituzionali e non) più di quanto sia dato di prevedere adesso.
Chi vivrà vedrà, avrebbe detto il compianto
Rino Gaetano. Che forse da tutto questo indegno spettacolo che sta andando in
scena dalle nostre “aule sorde e grigie” avrebbe tratto almeno una bella
canzone.
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