11 febbraio 2013
Alzi la mano chi non è corso col
pensiero alle profezie di Nostradamus, stamattina quando Papa Benedetto XVI ha
annunciato la sua intenzione di rinunciare al Soglio Pontificio. L’astrologo
francese nelle sue Centurie aveva preconizzato che i tempi che stiamo
vivendo sarebbero stati estremamente difficili, soprattutto perché la Chiesa
cattolica romana, la più antica istituzione in assoluto tutt’ora operante sul
suolo di questo pianeta, avrebbe attraversato un momento estremamente critico,
culminato con l’elezione dell’ultimo erede di Pietro (Petrus Romanus) e poi
con la sua stessa fine dopo oltre duemila anni. Prima di lui il profeta
Malachia aveva predetto più o meno le stesse cose, il 112° Papa sarebbe stato
l’ultimo. Benedetto XVI, che stamattina ha scelto di porre fine al suo pontificato,
era il 111°.
Profezie a parte (anche se dopo
l’attentato del 1981 di Ali Agca a Papa Woytila le profezie hanno ripreso
vigore e riguadagnato attenzione), è certo che le dimissioni del Papa sono un
fatto storico capace non solo di surclassare qualsiasi altra notizia di cronaca
anche in un momento che ne offre moltissime e tutte di grande importanza e
criticità, ma anche di creare uno sconvolgimento sociale come solo pochi eventi
storici epocali sono in grado di fare. Nella storia della Chiesa, la rinuncia
di un Papa ha solo cinque precedenti, tutti avvenuti in epoche in cui
l’accuratezza della documentazione storica era quantomeno problematica.
L’ultimo dei predecessori in questo senso di Papa Ratzinger fu il famigerato
Celestino V, che ebbe un testimonial di eccezione nientemeno che in Dante
Alighieri.
Pietro da Morrone fu colui che,
secondo l’autore della Divina Commedia, fece per viltade il gran rifiuto.
L’asceta molisano, poi beatificato dai suoi successori, rinunciò alla tiara papale
perché il suo temperamento da monaco eremita mal si conciliava con l’ambiente
della Curia romana e con l’immenso potere che essa esercitava. Dante lo mise
tra i dannati dell’Inferno con la motivazione che secondo la dottrina cattolica
non era ammesso rinunciare alla chiamata di Dio. In realtà, al poeta fiorentino
le dimissioni di Celestino V erano particolarmente invise perché avevano aperto
la strada all’ascesa al soglio di Benedetto Caetani, passato poi alla storia
come l’ancor più famigerato Papa Bonifacio VIII, tra le cui malefatte ci fu
appunto quella di aver causato, direttamente o indirettamente, la rovina e
l’esilio di Dante Alighieri.
Dopo di allora, nessuno aveva più
scelto volontariamente di porre fine al proprio servizio come Vicario di Cristo
in terra. Tutti hanno ancora negli occhi l’epica lotta di Giovanni Paolo II con
il male che ha reso un supplizio straziante i suoi ultimi anni di vita. Nel
gesto con cui in uno dei suoi ultimi discorsi reagiva quasi con rabbia alla
menomazione che gli rendeva difficili le parole di fronte ai fedeli c’era tutto
il carattere dell’uomo messo a dura prova nella lotta allo spasimo per adempiere
al suo ministero fino in fondo. Di quell’uomo, Ratzinger era stato molto più
che un fedele collaboratore, era stato il teologo, il teorico di tutta la sua
azione concreta. Uomo di chiesa per la maggior parte della sua vita, uomo
intelligente che vedeva e vede la necessità di adeguare la sua Chiesa ai tempi
moderni (a pena di perdere la battaglia per l’eternità), Joseph Ratzinger Papa
Benedetto XVI sorprende il mondo con questa sua fragilità, con questo
improvviso (ma forse neanche tanto) desiderio di “mollare tutto”.
Tornano alla mente più che le
profezie medioevali quelle emerse un anno fa da fatti di cronaca mai
completamente accertati e chiariti, il mordkomplot, il complotto di
morte che fu in sostanza l’interpretazione data a quanto scritto negli appunti
di un cardinale vicino al Sacro Soglio, Mons. Castrillon, che aveva detto senza
mezzi termini che il Pontefice aveva non più di dodici mesi di vita. O la
vicenda delle carte del Papa trafugate da uno dei prelati addetti alla sua
persona, nelle quali non si mai saputo esattamente cosa fosse contenuto.
Difficile penetrare la spessa cortina che da tempo immemorabile ammanta il centro
di potere più antico e più influente del mondo, e tutto ciò che gli occorre e
lo riguarda. Forse le vere motivazioni del gesto di Ratzinger saranno note al
mondo tra una generazione, più o meno il tempo che c’è voluto per sapere cosa successe
veramente a Papa Luciani, per fare un esempio.
Il fulmine caduto su San Pietro la sera delle dimissioni del Papa |
Per chi crede, è tutto più
facile, senza voler mancare di rispetto. Ci penserà la Divina Provvidenza a
illuminare coscienze e a indirizzare eventi. Per gli altri, per chi nutre dubbi
e cerca risposte già in questa vita, ci penserà la Storia con i suoi tempi. Sia
che la Chiesa di Roma continui a farne parte come da duemila anni a questa
parte, sia che si avveri qualcosa che un veggente ed un astrologo di diversi
secoli fa hanno immaginato di intravedere nelle nebbie del tempo. Nel
frattempo, una netta divisione sta già emergendo anche tra chi ritiene che ad
un Papa non è permessa la “rinuncia” proprio in ossequio all’ortodossia
codificata fin da molto prima dei tempi di Dante, e chi invece ritiene che la
dottrina debba non solo adeguarsi alla modernità ma anche recuperare un po’
dello spirito originario, quando il vescovo di Roma altro non era che uno dei
rappresentanti di Dio in una delle sue tante Ecclesiae, e nel suo status
nulla ostava anche alla rinuncia alla carica, per motivi personali. Tra chi
insomma vede nel gesto del Papa un segno di debolezza e chi invece ci legge un
segno di coraggio al passo con i tempi.
Per la cronaca, Joseph Ratzinger
cesserà di essere il Vicario di Cristo sulla terra alle ore 20:00 del 28
febbraio prossimo. Da quel momento sarà eleggibile il suo successore ad opera
di un nuovo Conclave appositamente convocato. Il 112° successore dell’apostolo Pietro.
E’ arrivato il tempo di Petrus Romanus, l’Ultimo Papa?
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